Dovunque mi
giro, il panorama non cambia. Umanità repressa, persecuzioni etniche, locali,
personali. Un mondo che cambia aspetto. Tutto ciò che era, non è. Tutto ciò che
è, non sarà più. Una corsa contro il tempo per fermare la scomparsa
dell’umanità, così come l’abbiamo sempre conosciuta. Una sfida sul filo del
rasoio per riaffermare concetti in disuso, ineluttabilmente indirizzati alla
fine del tutto. A nulla servono ammonimenti, a nulla valgono manifestazioni di
orrore. Tutto si assimila e si smaltisce. Tutto
trova una collocazione nella mente collettiva, anche quando stride
terribilmente con la coscienza personale. La negazione del passato è motivata
da presunte necessità future. L’ottusità si sostituisce al patrimonio culturale
dei popoli e la legge del più forte prevarica ogni possibilità di dialogo.
Assistiamo ad una guerra totale, giustificabile solo da una demenza generale,
dove il malato è più sano del curante. Il fine della stupidità giustifica i
mezzi dell’idiozia. Un Machiavelli con il morbo di Alzheimer. Non sono un
giornalista, e ne vado fiero, non sono un futurologo, e la cosa mi lusinga, non
sono un politico, nessuno è perfetto. Sono solo un testimone del tempo. Un
astante innocente catapultato a calci nel culo in una dimensione irreale, alla ricerca
di una collocazione temporospaziale che, ahimè, non esiste più. Ho perso la
strada, e a nulla servono le briciole di pane lasciate da Pollicino per tornare
a casa. Gli avvoltoi hanno mangiato anche quelle. E in ogni caso ci sarà sempre
un Orco, che con gli stivali delle sette leghe, cercherà di raggiungerci.
Chiedo scusa a Charles Perrault per l’uso improprio del suo amato Pollicino.
Buona fortuna a tutti.
Fabio Barbarossa
Fabio Barbarossa