La
Corte Suprema britannica sentenzia che “il fine vita”, per pazienti in stato
vegetativo permanente, potrà essere
deciso dalla Famiglia e dal Medico di Famiglia o altro medico. Sino ad oggi per
interrompere la somministrazione delle sostanze nutritive e di base, acqua e
cibo liquido, era necessaria una autorizzazione legale da parte della Court
of Protection, che doveva esprimersi sui singoli casi lasciando
passare mesi e talvolta anni prima che si arrivasse a un pronunciamento finale, con pesanti spese legali gravate sulle
famiglie. Il magistrato inglese Lady Black, un nome un destino, ha
sentenziato che non si incorre in nessuna violazione dei diritti umani se si
stacca la spina ad un paziente in condizioni mediche irreversibili e che non ha
nessuna speranza di riprendere coscienza. In poche parole, in Inghilterra, la decisione presa dalla famiglia e dal medico di famiglia sarà
sufficiente a staccare le macchine per tenere in vita un familiare in stato
vegetativo. In Italia, per queste situazioni, è in vigore dal dicembre 2017 la
Legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (DAT) o più semplicemente
Biotestamento. Questa legge da la facoltà ad ogni persona di esprimere le
proprie volontà in materia di
trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto su accertamenti
diagnostici o scelte terapeutiche, compresa l’alimentazione e l’idratazione
artificiale. La legge prevede una scrittura privata autenticata presentata
personalmente allo stato civile del proprio Comune. La stessa scrittura può
essere rinnovata, modificata e revocata in ogni momento. E’ evidente che la
sentenza inglese ha suscitato in tutto il mondo un vespaio, soprattutto tra le
associazioni in favore del fine vita e quelle anti eutanasia. Come medico di
famiglia ho vissuto e vivo a contatto
con situazioni in cui è evidente uno stato clinico vegetativo irreversibile e
ho constatato che chi vive al capezzale di questi esseri umani, familiari o
meno, è dotato di un amore e uno spirito altruistico che non ha pari in nessuna
altra circostanza. Assistere un familiare in stato vegetativo, dovuto ad
esempio ad una demenza terminale, non può essere definito e nemmeno
circostanziato. Non esiste medico, ne tanto meno magistrato, che possa
ritenersi nel giusto nell’attuare un provvedimento quasi innaturale. La scelta,
la difficile scelta, può essere attuata solo dalla persona interessata, e anche
in questo caso viene ben difficile prenderla in considerazione perché nella
vita di ognuno di noi prevale quell’innato istinto di conservazione che agisce
sul corpo, preservandone la stessa esistenza, e sulla mente preservandone
l’equilibrio.
Medico
di Famiglia