Molti anni fa chi si accingeva a
far carriera politica, magari per passione o animato da spirito altruistico e
capacità innovativa, lo faceva a contatto con il popolo.
Gli incontri con la
gente avvenivano semplicemente recandosi dove la gente dimorava, lavorava o
meno, gioiva o piangeva, o dove più semplicemente
invecchiava e moriva.
In caso poi di coronamento della
elezione, o con un incarico anche piccolo di governo, il contatto poteva essere
fonte di grande soddisfazione e riconoscimento di una strategia vincente per il
territorio stesso.
Il tanto agognato bagno di folla con gente festante era per
il politico un riconoscimento popolare alle sue tante fatiche, privazioni,
abnegazioni.
Spesso il tutto si concludeva con
un confronto, propositivo o meno, ed il sempre gradito pranzo, o cena a seconda
dell’ora, in cui il popolo ed il suo rappresentante socializzavano, magari davanti
ad un buon bicchiere di vino e quattro battute allegre a questo conseguenti.
L’unico accompagnatore del politico poteva essere il suo autista,
necessariamente astemio, e qualche familiare orgoglioso di accompagnare il suo
congiunto.
Ma, come succede sempre più
spesso in questi ultimi anni, tutto
cambia e non necessariamente in meglio.
Il popolo fa paura e quel bagno
di folla che prima allietava e gratificava il politico è diventato motivo di
panico e da cui proteggersi. Sarà per questo che sempre più spesso la visita di
un politico sul suo territorio, a qualunque livello, viene preceduta dalle
forze dell’ordine di ogni qualità e grado che si organizzano con divise e
atteggiamento antisommossa, militarizzando per il tempo necessario il
territorio, mantenendo sempre più le distanze tra il popolo e i suoi bisogni,
qualche volta con l’intermezzo di qualche benefica e provvidenziale randellata
sulla testa.
È sempre più evidente il
trasporto del politico su auto blindata con scorta da fare invidia ad Obama, e
tragitti sempre più segreti in entrata e ancor di più in uscita da qualche
sede, chiaramente insonorizzata per non far sentire alla guida politica il rumore di ossa rotte del popolo.
Ho sempre pensato che in
qualunque incarico, o ruolo sociale, fosse la coscienza a determinare le
reazioni di chi è destinatario di quel ruolo.
Se il popolo è soddisfatto il
bagno di folla è proverbiale e il vino in allegria scorre a fiumi.
Se invece il
popolo è insoddisfatto è giusto che protesti e la protesta, chiaramente civile,
non può essere zittita con fughe dal luogo a sirena spiegata ne tanto meno a
colpi di randello sulla testa o sulla faccia.
Fabio Barbarossa
Pubblicato su L'Unione Sarda del 18 settembre 2016
Pubblicato su L'Unione Sarda del 18 settembre 2016