
Bene. Ciò premesso, veniamo al problema. Fertility Day.
Questo sconosciuto. Intanto, essendo noi italiani d’Italia, mi sarei aspettato
l’utilizzo della nostra lingua per definire qualcosa che ci riguarda. Giorno
della fertilità, potrebbe essere la traduzione in italiano, almeno fino a
quando l’Accademia della Crusca non riesca a trovare un termine più
appropriato.
L’unico “giorno della fertilità” che conosco, chiedo scusa
per la deformazione professionale, è quello dell’ovulazione che avviene in una
donna in età fertile e in condizioni normali intorno al 14° giorno del ciclo
mestruale.
Bisogna stare attenti ai termini, perché si sa, anche una
piccola possibilità di interpretazione potrebbe provocare gravi equivoci, più o
meno come le leggi italiane.
Quindi, giusto per mettere i puntini sulle i:
Giorno della fertilità o giorno dell’ovulazione?
Apparentemente non ci sarebbero differenze, ma così non è.
Tanti anni fa, da giovane studente di buone speranze, il
termine ovulazione suscitava un certo timore reverenziale che in casi
eccezionali poteva portare sino al panico.
Alla parola ovulazione poteva essere associata la gravidanza
con possibilità di drammi plurifamiliari, che innescavano una
serie di reazioni a catena, non ultima quella dell’acquisizione forzosa di due
suoceri.
Allora restare incinta comportava una serie di fatti che
andavano dal lieto al tragico.
Voleva dire interrompere un corso di
studi o rinunciare ad un lavoro acquisito con difficoltà e sacrifici.
Voleva dire tornare alla casa paterna per l’impossibilità di
sostenere il grave carico economico da ciò derivante.
Voleva dire non sapere a chi affidare i piccoli a causa
della mancanza di asili o ancor peggio per il costo insostenibile di questi.
Voleva dire non essere in grado di sostenere i costi di una
gravidanza in termini di assistenza sanitaria.
Voleva dire accollarsi in gran parte i costi se il nascituro
avesse avuto malattie di qualche genere.
Voleva dire essere discriminate, come madri,
nell’inserimento e nella prosecuzione nel mondo del lavoro.
Insomma, voleva dire, a parte poche eccezioni, un vero e
proprio incubo.
Un momento. Ad essere obbiettivi non mi sembra che le cose oggi siano poi tanto cambiate. A
pensarci bene forse è per questo che le giovani coppie continuano a guardare
con diffidenza e timore alla fertilità e all’ovulazione? E magari sarà per
questo che la Ministra Lorenzin ci vuole tranquillizzare sulla procreazione con
una giornata specifica, effetti speciali, tarallucci e vino? Ma in definitiva
le parole illuminanti del premier non lasciano spazi ad interpretazione:
“Per
fare figli non servono Cartelloni”.
Strano, non ce n’eravamo accorti.
Fabio Barbarossa
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