Prima
fu l’Oscurantismo Clericale, che nel Medio Evo occidentale determinò un
decadimento liberale, culturale e di libero pensiero, anteponendo i limiti
della teologia del tempo alla cultura illuministica e positivistica degli
intellettuali e del pensiero umano. Tutto questo attraverso l’inquisizione e
la negazione del pensiero innovativo, in
netto contrasto con l’integralismo religioso. Ci vollero secoli e tantissime
battaglie umane e culturali per affrancarsi dall’arretratezza e approdare
nell’età moderna e in quella che dovremmo definire contemporanea. Ci vollero
tanti secoli e tanti sacrifici, spesso a costo della vita dei liberi pensatori,
per riaffermare concetti e pensieri che hanno portato l’occidente
all’esaltazione della scienza, della tecnica e di tutto ciò che hanno fatto
della nostra Società una società libera, liberale e moderna. Ben lungi
dall’essere scomparso, l’oscurantismo si ripresenta in forma larvale in altre
facce della nostra epoca. Recentemente la stessa politica italiana, quella becera
e illiberale, persegue logiche oscurantiste e di potere per poter affermare condotte
centraliste che hanno come obbiettivo il contrasto alla divulgazione di idee
liberali, moderne, o semplicemente in contrasto con le norme imposte dallo Stato.
Altri esempi non mancano, anche in epoca contemporanea. Dalla Cina alla Corea
del Nord, dalla Siria a gran parte dei paesi arabi, dalla Libia a tutto il
resto del Nord Africa. In questi frangenti, forse in una sorta di delirante
auto castrazione e di eloquente sottomissione, la politica italiana, attraverso
il suo governo, ridicolizza e polverizza secoli di evoluzione culturale e, in occasione
di una visita di stato del Presidente iraniano Rohani, maschera alcune statue
di nudi di inestimabile fattura per non farlo arrossire ed eventualmente
indispettire. Una cosa è certa. Anche in questa circostanza il governo italiano
non perde occasione per far ridere il mondo, incrementando le dicerie che ci
fanno apparire universalmente come un popolo di pavidi idioti. Grazie Renzi.
Fabio
Barbarossa
(Pubblicato su L'Unione Sarda del 29 gennaio 2016)
(Pubblicato su L'Unione Sarda del 29 gennaio 2016)