Cui prodest? A chi giova?
Cosi diceva Marco Tullio Cicerone oltre 2000 anni fa. Questa
celebre frase, complici i miei studi liceali di tanto tempo fa, mi è venuta in
mente ascoltando questa mattina Radio RAI, in occasione dei drammatici fatti
del terremoto dell’Italia Centrale. Edizioni straordinarie a cornice di altre
edizioni straordinarie. Inviati speciali in ogni dove, spintisi persino in località amene e remote, comuni solo a chi ci è nato e a chi, purtroppo,
in questa circostanza ci è appena morto.
Collegamenti continui con coordinatori che coordinano i coordinatori che
coordinano il nulla assoluto. Ansia di sapere, possibilmente in presa diretta,
le impressioni e i fatti direttamente dalle persone interessate. Giornalisti
d’assalto all’arrembaggio di poveri cristi o dei loro familiari su che
impressione fa stare sotto i crolli o sapere che il proprio genitore, o ancora peggio il proprio figlio, è sotto tonnellate di macerie.
Istintivamente mi verrebbe da rispondere “provare per credere”. Ma sono una persona intellettualmente
pacifica e non mi permetterei mai di mettere in discussione il lavoro degli
altri, specialmente quando è in gioco il diritto/dovere di cronaca. E allora mi
viene in mente un’altra semplice parola. Etica. Etica del diritto/dovere di
cronaca. E’ lecito, mi chiedo, che in nome del diritto di cronaca vengano
affrontati e descritti fatti, non tanto privilegiando la completezza e la
veridicità dell’informazione, ma cavalcando le logiche della
spettacolarizzazione e lo scoop a tutti i costi? Cui prodest documentare con
meticolosità maniacale il dolore e le lacrime di persone fragili e indifese che
in un attimo hanno perso tutto ciò che di caro avevano nella vita? Cui prodest
creare una situazione di panico misto a rabbia e impotenza in tutta una società
che recentemente sta già vivendo momenti di panico e depressione? Ci viene
detto che il pubblico non si accontenta più della notizia. Che vuole qualcosa
in più e che lo stesso fatto deve avvenire attraverso una narrazione e una
ricostruzione di fatti che quasi sempre approdano ad un tragico spettacolo che spesso poi porta ad
eventuali fiction o, ancor peggio, a reality show. Io non
sono tra gli italiani che seguono questo tipo di informazione. Non lo sono
perché per formazione mentale e professionale, sono abituato a vivere i drammi
e le tragedie altrui col massimo rispetto e umiltà, spesso nel dovuto silenzio,
perché al di là di quello che si definisce diritto/dovere di cronaca ci sono
una serie di interpretazioni che non possono prescindere dal rispetto del
dolore di chi in prima persona si trova a vivere, o ha appena vissuto, un
dramma immane.
Fabio Barbarossa
Pubblicato su L'Unione Sarda del 31 agosto 2016
Pubblicato su L'Unione Sarda del 31 agosto 2016