Nato
nel 1954, per poco meno di un decennio, mi sono salvato da una guerra mondiale.
Questo mi differenzia da miei nonni e da mio padre che hanno partecipato
rispettivamente alla prima e alla seconda guerra mondiale. Mi sentivo quasi
privilegiato e fortunato per non aver dovuto vivere e soffrire per tutto ciò che
comporta una guerra. Carestia, dolore, lutto, perdita della libertà e della
dignità, erano solo un triste ricordo nei racconti, spesso incredibili, di chi
la guerra l'aveva vissuta in prima persona. Ero convinto che la
pace dei popoli, raggiunta e scritta col sangue delle vittime innocenti, fosse
solo un brutto ricordo dell'umanità, una macchia della coscienza universale, e
che il dolore e il deterrente nucleare, avrebbero relegato ogni velleità di
potere, con annessa aggressività, all'ultimo posto nei pensieri degli uomini di
buona volontà. Mi ero anche illuso di poter trasmettere ai miei figli ciò che i
miei genitori mi avevano consegnato con grandi sacrifici. Oggi, anche a seguito
dei drammatici fatti di Parigi, ho la sensazione che la realtà sia ben diversa.
Che ormai, da anni, viviamo nel pieno di una guerra mondiale dove le armi sono
in prevalenza il potere economico, l'egoismo e la prevaricazione dei diritti
essenziali. Il terrorismo non è altro che un detonatore che inesorabilmente farà
scoppiare la terza guerra mondiale. Quella convenzionale. Le armi non sono altro
che un tramite. Uno strumento di dialogo e il sangue l'inchiostro per scrivere
futuri trattati di colpe e discolpe. L'umanità ha un difetto di fabbrica. Un
difetto che si ripresenta ciclicamente. Un peccato originale che la conduce
inesorabilmente alla periodica distruzione. Il difetto più grande però non e'
l'estinzione, ma la rinascita che, facendola risorgere dalle ceneri, la riporta
nuovamente nel baratro dell'autodistruzione.
Fabio
Barbarossa.
Pubblicato nel Bollettino dell'Ordine dei Medici della Provincia di Cagliari
Dicembre 2015
Pubblicato nel Bollettino dell'Ordine dei Medici della Provincia di Cagliari
Dicembre 2015
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