mercoledì 20 luglio 2011

Libero arbitrio

Libero arbitrio


Sempre più spesso, solo con me stesso, ho voglia di scrivere le sensazioni che nascono nella mia mente. Non è per solitudine, neppure per protagonismo. E’ un bisogno impellente, che nasce dal mio intimo. Ho pensato potesse essere una sorta di “troppo pieno”, che tracima dalla mia movimentata esistenza. Oppure per lasciare ai posteri, cosa più probabile, le considerazioni su ciò che è stata la mia vita, direttamente, ed inesorabilmente, da parte dell’attore protagonista. Vorrei poter trovare, come è logico per lo svolgimento di un tema così ampio, un inizio, una continuazione, una fine. Ma non è semplice. La mia vita è fatta di tanti inizi, tante continuazioni, tante fini. Almeno per ora. Quella definitiva, probabilmente, non la scriverò io, almeno credo. Ho sempre avuto la convinzione di essere il vero artefice delle mie scelte, ma sino a pochi anni fa. Ero convinto che esistesse il libero arbitrio. Ognuno, in poche parole, era artefice della sua vita. Ho basato su questo concetto la maggior parte della mia esistenza, certe volte con scrupolo, sino all’ossessione, altre volte con un pizzico di fatalismo, quasi sempre rinnegato. Ho immaginato che tutta l’umanità rispondesse a questo principio, e per questo, sono stato critico, certe volte con cinismo, perché, in definitiva, ognuno aveva ciò che si meritava. Senza eccezioni. E così, attraverso considerazioni, molto spesso errate, rispondendo ad una logica sociale malata e di grande attualità, ho considerato bravo e meritevole chi ha, e incapace e indegno chi non ha. Sono caduto in questa trappola, aprioristicamente. L’ho capito solo quando la mia vita, malgrado avessi fatto tutte le mie scelte in modo ragionato, con scrupolo, è andata, in definitiva, come la sorte ha voluto. Certo, poteva andare peggio. Il fatto stesso che sia qui a scrivere testimonia che, tutto sommato, non è andata tanto male. Almeno per me. La mia esperienza, personale e professionale di medico, ha cambiato il mio modo di vedere il mondo circostante. E’ cambiato il mio metro di valutazione. Ci sono voluti 57 anni di esperienze, trent’anni di professione, per farmi capire che non sempre, anzi, quasi mai, siamo artefici del nostro destino. Il concetto della “tegola sulla testa”, è diventato più reale, crudelmente più reale.
Ad iniziare dal concepimento, siamo oggetto di scelte non nostre, le subiamo per tutta la prima infanzia e per gran parte dell’adolescenza. Raggiungiamo una fase intermedia, in cui proviamo a cimentarci, se ne abbiamo l’opportunità, con la nostra vita, sino alla maturità, e precipitiamo nella terza e quarta età, in cui, come nella prima infanzia, siamo in balia di fatti indipendenti dalla nostra volontà. Dall’attività lavorativa alla pensione. Anche la nostra morte, non è un problema che ci riguarda. Altri sceglieranno per noi. Anche quando ciò sarà in netto contrasto col nostro volere.

Fabio Barbarossa
Cagliari, 16 luglio 2011

pubblicato Unione Sarda

mercoledì 22 giugno 2011

piscine che affondano


Non credo ai miei occhi! Anche l'Esperia, grande Società sportiva, alle prese con Abbanoa. All'inizio dell'anno in corso, la stessa Rari Nantes ha avuto gli stessi problemi. Acqua non pagata per cifre da capogiro, piscine chiuse. Sembra che ad Abbanoa non vadano proprio a genio le piscine cagliaritane, oppure le società sportive fanno uso smodato dell'acqua. Dico sempre ai miei figli di chiudere il rubinetto quando l'acqua non è necessaria. Evidentemente gli amministratori di Abbanoa stanno adottando lo stesso sistema. Proprio alcune settimane fà, ho iscritto i miei due figli alla società sportiva Esperia, pagando in anticipo quattro settimane, tutto compreso, e già ieri non hanno potuto fare uso della piscina. Oggi non so. Domani chissà. Non riesco a capire di chi siano le responsabilità. Debiti storici? Abbanoa insensibile alle necessità degli amministratori societari? L'unica cosa che vedo sono le faccette tristi e accaldate dei miei figlietti, di cinque e sei anni, ai quali è stato negato il piacere di sguazzare nel prezioso e conteso liquido. Che le società Rari Nantes ed Esperia non navigassero in buone acque, era evidente già ad occhio. Situazioni generali logistiche un pò dismesse, spogliatoi "lievemente" in disarmo, giardini antistanti e strutture murarie "livemente" decrepite. Ma lo stesso stile spartano dell'attività sportiva potrebbe rientrarci. Ne è passata di acqua sotti i ponti, da quando, io stesso, ragazzino di buone speranze, nuotavo spensieratamente nelle buone acque della Rari Nantes. Al massimo l'acqua era un po freddina, ma almeno c'era. Ma non c'era Abbanoa. Io, cittadino e acquanauta Cagliaritano, lancio provocatoriamente una proposta. Ognuno di noi, cagliaritani di vecchia e nuova generazione, ogni giorno, andando a lavoro o passando da quelle parti, porti, da casa sua, un bidoncino d'acqua nelle rispettive piscine in difficoltà, cosi, goccia dopo goccia, litro dopo litro, potremmo fare a meno del mostro idrovorico e potremmo ridare il sorriso ai nostri figli e agli amministratori delle piscine. Alternativa, iscrivere ed iscriversi, per praticare lo sport acquatico, alla prossima società sportiva "Abbanantes" o "Abbesperia".
Fabio Barbarossa

sabato 21 maggio 2011





La protesta dei minatori di Silius


Una vita da eroi nelle viscere della terra


Unione Sarda Sabato 23 giugno 2007


S ono nato nel 1954 in un paese minerario, Ingurtosu, e, a partire dai miei nonni, tutti i maschi della mia famiglia hanno lavorato in miniera, l´unico che l´ha scampata è stato mio padre. Ho vissuto l´infanzia con l´odore del carburo delle lampade ad acetilene. I nostri giochi avvenivano necessariamente in vicinanza dei pozzi ed era facile vedere il cambio turno dei minatori: tristi e puliti all´entrata, sporchi e felici in uscita. Non era raro sentire le sirene di allarme e la corsa della gente all´imbocco della miniera, bimbi compresi, quando qualcosa giù andava male. L´angoscia delle donne era tangibile e la solidarietà umana faceva parte del loro codice genetico. In ogni caso, il sogno di noi ragazzini era entrare nelle gallerie per vedere ciò che non era possibile immaginare, se non attraverso i racconti di chi in miniera scendeva tutti i giorni.
Negli anni Sessanta, la chiusura delle miniere ha determinato la fine del mio paese, e a 11 anni sono arrivato a Cagliari. Da vent´anni lavoro come medico di famiglia nel Gerrei e i giorni scorsi, a seguito della vertenza sindacale dei minatori di Silius, culminata nell´occupazione della miniera, ho avuto l´inesorabile necessità di correre in loro aiuto, soprattutto dal punto di vista sanitario. Il mio posto era giù con loro, e, con le necessarie autorizzazioni, sono sceso più volte a 500 metri sotto terra. La mia angoscia era annullata dalla loro serenità. Operai a volte giovanissimi, altre volte provati, nel carattere e nelle rughe, dagli anni passati sotto terra. Erano lì per difendere il loro lavoro, per se stessi e per le famiglie, affinché i loro figli non dovessero affrontare la pena e i rischi di vivere nelle viscere della terra. Se da piccolo li ritenevo eroi, attraverso l´immaginario di un bambino, ora, da grande, ne ho la certezza. Eroi senza tempo e senza paura, che sereni misurano il loro coraggio con le insidie della terra. Ho vissuto con loro pochi giorni, sufficienti ad apprezzare chi, incondizionatamente, difende, con caparbietà, il posto di lavoro, anche quando altri sarebbero fuggiti. Attraverso i loro volti ho rivisto i miei antenati e ho capito quanto i loro sacrifici siano stati importanti per permettermi una vita agiata.
Questi uomini meritano il rispetto e l´attenzione di tutti, ma in particolare dei politici che governano la nostra terra. Il 28 maggio scorso, poco prima di uscire dalla miniera occupata, un giovane minatore mi si è avvicinato e, prima di rivedere la sua famiglia, dopo quattro giorni, mi ha chiesto se era disdicevole commuoversi davanti a tutti. La mia risposta è stata che solo un vero uomo ha il coraggio di manifestare, anche con il pianto, i propri sentimenti, e due lacrime hanno allagato i miei occhi.
Le mie parole vogliono testimoniare ciò che, al di là della conquista sindacale, non sarà mai scritto sui giornali, ma sarà patrimonio esclusivo di chi, in prima persona, ha vissuto quei momenti, belli o brutti che fossero.
FABIO BARBAROSSA

lunedì 16 maggio 2011


carissimi,
prima di tutto mi presento: Fabio Barbarossa, 56 anni, medico di famiglia in provincia di Cagliari, appassionato da sempre di moto e di tutto ciò che ci gira intorno. Vengo al dunque: qualche giorno fà, vicino al centro in cui lavoro, San Nicolò Gerrei, purtroppo, l'ennesimo incidente motociclistico con l'ennesimo morto. Questa volta un motociclista tedesco, in vacanza, che attraversava la Sardegna come altre migliaia in questo periodo, in cui il clima è mite, poco piovoso, e sopratutto, non c'è l'affollamento turistico dei prossimi mesi estivi. Ottima moto, ottima attrezzatura, guida al seguito, ma, purtroppo, guard rail in agguato. Una curva falsa, più lunga del previsto, scivolone e urto terribile contro i paletti del guard rail. Morte sul colpo. 46 anni, moglie e tre figli. Qualche decina di metri più avanti, stessa curva, altro ricordo, qualche anno fà, segnalato da una croce con pochi fiori, altro motociclista, molto giovane, stesse condizioni, stessa dinamica, stessa sorte. Non molto lontano, altro incidente motociclistico, altro morto, stessa dinamica, altro guard rail. Parlo col giornalista della stampa regionale e sottolineo la pericolosità della strada con i suoi guard rail, lui recepisce e pubblica la mia considerazione. Parlo col Comandante dei Carabinieri della stazione locale, e anche lui condivide e si ripromette di fare una segnalazione. Anni fà, io stesso, percorrendo la stessa strada, a causa di un'auto che mi tagliava la strada, uscii di strada in moto, e la mia più grande fortuna fu che caddi in una zona protetta da un vecchio muro, piuttosto che da un "moderno" guard rail. Mi viene voglia di capire meglio, di conoscere le norme, e per questo cerco su internet tutto ciò che concerne il problema. Scopro che le circostanze sono comuni a tutta Italia, che il numero di vittime è altissimo, che il sangue è stato versato inutilmente, che le barriere dei guard rail sono pericolose per tutti, non solo per i motociclisti, che le norme nazionali non sono adeguate e che malgrado le proteste e le considereazioni di gran parte degli utenti della strada, non si cambi una virgola in materia di sicurezza. Recentemente ho collaborato alla stesura del Piano di Prevenzione Regionale, in cui si è trattata anche l'infortunistica stradale con un proggetto denominato SICURVIA. Leggo che esistono tanti movimenti a favore di una revisione delle norme di sicurezza, in particolare sui guard rail. Gli stessi organi di stampa affrontano spesso e volentieri tali problematiche, ma purtroppo solo in concomitanza di eventi drammatici. Le riviste specializzate e autorevoli come la Vostra, hanno canali aperti e fanno pressioni in tutte le direzioni, ma purtroppo i risultati sono di una vergognosa incuranza. Nella mia professione, e, disgraziatamente, nella mia personale esperienza, ho vissuto la morte di giovani ragazzi ed ho la consapevolezza che poche azioni decise e decisive, avrebbero potuto salvargli la vita. Ma purtroppo, le esperienze di pochi, lontane anni luce da chi dovrebbe risolvere i problemi, sono solo patrimonio di pietà umana che mai potranno essere comprese se non da chi ha vissuto questi drammi in prima persona. Mi voglio fare testimone di questo dramma versando anche io la mia piccola goccia nel deserto dell'incuranza. E questo è solo il primo passo...
Fabio Barbarossa (mail inviata a "Motociclismo")

lunedì 9 maggio 2011

E venne il giorno

E venne il giorno in cui si diventa critici con se stessi, e non ci si perdona facilmente. Tutto torna alla mente. L’età lo consente. C‘è materiale sufficiente per le considerazioni. Un giorno inizia, un giorno finisce. Nel mezzo l’oblio. Intorno la vita nel suo insieme, complesso, di persone e fatti. Vorresti iniziare, ma non sai da dove. Oggi? ieri? non da domani. Tutto si ferma, ma quando cerchi di capire, fugge via lontano. Le immagini si confondono, i volti si sovrappongono, i fatti si intrecciano, la mente si oscura e fai fatica a pensare. La tua vita inizia in un giorno chiaro alla memoria, imprecisato, senza tempo, senza colori, senza rumori. Sei tu. Piccolo solo nella statura, grande nella consapevolezza. La vita inizia e non sai perché, non sai fin dove. Ma non ti interessa. Tutto và nella stessa direzione. Non si può scegliere. Non si può cambiare. A malapena sai chi sei, ma non perché. Immagini qualcosa che traspare dal contesto. E pensi che la vita sia così. Immagini. Immagini che la vita sia eterna. Non capisci la felicità, non capisci il dolore, non conosci la morte. Crescendo, un giorno dopo l’altro, la vita si delinea e si rafforza l’esperienza. Conosci la gioia, la tristezza, il dolore, la delusione, la forza, il coraggio, la speranza. Speri, ma non sai cosa. Cosa ti riserva il futuro. Ti abitui alla vita. Senza troppe domande. Senza troppi perché. Ne hai la forza. Non hai sensi di colpa. Non hai colpe. Tutto è dovuto, la vita ti deve. La sfidi. Sei invulnerabile, sei immortale. Non capisci, ne giustifichi, chi ti sta intorno. Hai solo una spinta interiore che non ammette alternative. E così, col tempo, cresci. Ti rafforzi. Spazzi via tutto ciò che ti sta davanti. Devi raggiungere l’obbiettivo, a qualunque costo. L’amore passa in secondo piano. Il desiderio non ha direzione. Sai che puoi raggiungere tutto. Sei stato educato per questo. Non ha importanza chi ti sta intorno. Tutto viene consumato o gettato via. Sei refrattario. La vita comunque ti prova e la tua corazza comincia a sgretolarsi. Incontri l’ingiustizia. Conosci la delusione. Ti scontri con la disperazione. Scopri la passione, l’amore, la tenerezza. Si delinea la realtà. Cerchi il senso della vita. E lo trovi nelle cose che avevi davanti ma che non avevi visto. Cambia la dimensione del tempo. Tutto si contrae. Cerchi di rivivere il passato. Di vivere nell’armonia, nell’amore. Ami la vita. Ami le persone. Ami l’amore. Vorresti amare ed essere amato. Dentro di te cresce la voglia di vivere e capisci il valore della vita. Ami un sorriso, un gesto. Ami l’amore. Fabio Barbarossa

sabato 12 giugno 2010

ANALISI SEMISERIA DI UN SISTEMA POLITICO


E’ sotto gli occhi di tutti il grave astensionismo del popolo Italiano da ogni confronto elettorale.
Il partito più numeroso è diventato ormai quello dell’astensionismo e del voto di protesta.
Le divergenze sui programmi elettorali o le considerazioni ideologiche, sembrerebbero, in prima analisi, la causa di questo evento.
In realtà, ad una analisi più accurata, ciò nasce da una totale assenza di progettualità e programmazione contestualizzate e con studi di fattibilità.
Ecco perché, a fronte di disponibilità economiche, in certi casi addirittura esuberanti, si investe poco, in modo schizofrenico e a macchia di leopardo.
La gente comune ha capito questo meccanismo e, come unica arma di difesa, lo rinnega.
La politica, intesa come sistema atto a risolvere i problemi comuni alla società, è in grave crisi.
Soprattutto per mancanza di trasparenza e coerenza.
La scarsa visibilità confonde la gente e il panorama politico, rendendo irriconoscibili i colori e avvolgendoli in una cappa grigia di disperazione e degrado.
Prevale un senso di fatalismo che inibisce l’iniziativa e limita le speranze di una rinascita, particolarmente nella forza giovane della società.
I criteri di scelta di una rappresentanza politica diventano, purtroppo, quelli temporali: “il voto me lo ha chiesto prima Tizio”, oppure di parola data: “ho già dato la parola a Caio”, o quelli basati su promesse insostenibili, fatte da presone improbabili, lontane anni luce dalle necessità impellenti, oppure ancora attraverso compromessi e ricatti spesso al limite della legalità, e non attraverso un confronto leale, su programmi e capacità di attuarli, con verifiche a breve, a medio e a lungo termine.
Chi si propone come rappresentante politico delle necessità popolari,oltre che per un dovere civico, lo deve fare per soddisfare un bisogno collettivo, oltre che personale, e, se riesce a comunicare agli altri questo concetto, avrebbe raggiunto quasi per intero il proprio obiettivo.
Ma quali devono essere le caratteristiche, o il modello standard del candidato ideale?
Deve rappresentare le esigenze locali? Generali? Di categoria? Di sesso? Di colore? Di razza? Deve essere ricco? Povero? Intelligente? Stupido? Onesto? Disonesto? Furbo? Presuntuoso? Strafottente? Spavaldo? Umile? Imbecille? Colto? Ignorante? Bello? Brutto? Intraprendente? Curioso?
Forse, per essere un buon rappresentante, dovrebbe avere un misto di tutte queste caratteristiche.
Il segreto del successo è il giusto dosaggio.
Ma non necessariamente in modo equilibrato!
Ecco perché non saremo mai in grado di capire come mai, tra tutti coloro che si danno alla politica, in campo locale, nazionale ed oltre, alcune volte prevalgono gli imbecilli, altre volte i ricchi, i furbi e i disonesti, i presuntuosi ignoranti e strafottenti, altre volte ancora gli onesti, i colti, umili e intraprendenti.
Sarà per questo che la gente non va più a votare?
Meditate gente, meditate…


Fabio Barbarossa

sabato 20 febbraio 2010

...la vera felicità non è avere tutto ciò che si desidera, ma desiderare ciò che si ha...




sembra ovvio, ma provalo a dire a chi non ha neanche l'indispensabile. Quale felicità? L'altra sera mentre attraversavo la piazza del Carmine, freddo siderale, ore 18 circa, vicino alla farmacia, per caso scorgo, inginocchiata per terra tra una macchina e l'altra, una splendida giovanissima madre con in braccio un piccolo bambino, di due anni, bianco come la neve. Dorme un sonno profondo, sicuramente senza sogni e forse senza speranze. Chiede la carità a chi non sa cos'è. Mi fermo immediatamente. La mia formazione umana e professionale mi impongono di aiutare quella che a mio parere è la vera "pietà", altro che Michelangelo. Capelli lunghi e scuri la madre, occhi grandi, grigi come la tristezza, un'accenno di sorriso. Minuto, pallido, una cuffietta sulla testolina, un giubbotto, avvolto da una copertina, un piccolo angelo, abbracciato alla madre, unica speranza in un mondo cattivo, distratto, egoista. Il piccolo è malato, una grave malattia congenita che probabilmente lo renderà inabile per tutta la vita. Una piccola bottiglia d'acqua, poche cose da mangiare. Il primo pensiero è stato di mettere mano al portafogli per soddisfare un bisogno immediato, economico. Ma forse più un bisogno di coscienza mio personale. Utile anche questo, ma non sufficiente. Chiedo le condizioni di salute del bambino: è seguito da un centro di riabilitazione. Chiedo alla madre se ha bisogno, almeno in quel frangente, di una sedia. Mi risponde di si. Mi avvicino ad un bar, con un chiosco sulla strada, tanti tavolini e sedie, totalmente disabitato. Chiedo a due giovani commesse, pagando il disturbo, l'utilizzo di una sedia. Solo dopo aver capito chi era la destinataria dell'utilizzo, mi è stata vergognosamente negata, senza neanche una minima motivazione. Che tristezza. Mi vergogno per non essere stato in grado di procurare una miserabile sedia, Lei capisce e comunque ringrazia con un sorriso. Cerco un negozio di alimentari e compro tutto quello che immagino possa servire: pane, latte, succhi di frutta, acqua e non ricordo cos'altro. La madre mi ringrazia con una dignità antica, un sorriso, una speranza. Vado via commosso, triste, alla ricerca di una soluzione che forse non si troverà mai. Poi ci ripenso, torno indietro per poter far accomodare con me la signora e il bambino nel mio tavolo, in quel bar inutile, per far servire da quelle due bariste distratte chi nella vita ha avuto la sfortuna incolpevole di nascere nella parte sbagliata...o è il contrario? Ma al mio ritorno la piccola famiglia era scomparsa nel nulla, lasciandomi sempre più la consapevolezza di appartenere ad una razza, quella umana, che sarà anche in grado di fare grandi cose, ma che sempre più spesso è incapace di conoscere la misericordia, è incapace di amare.

martedì 6 ottobre 2009

INFLUENZA A, H1N1


Come fare. Barbarossa (Fimmg): «Ogni dottore comunicherà ai propri pazienti date e orari delle vaccinazioni. Ma niente allarmismi»
I medici di famiglia: «Siamo pronti»
L'UNIONE SARDA Venerdì 02 ottobre 2009 Saranno i medici di famiglia a individuare quali dei loro pazienti devono essere vaccinati contro il virus dell'influenza A/H1N1 ed a stabilire giorni e orari in cui saranno somministrati i vaccini. Fabio Barbarossa, consigliere nazionale della Fimmg, Federazione italiana dei medici di medicina generale, ha un quadro abbastanza chiaro della situazione a un mese e mezzo dall'inizio della campagna antinfluenzale. «Ci muoveremo sulla scia dell'accordo siglato la settimana scorsa dalla Federazione nazionale con il governo e delle direttive dell'assessorato regionale alla sanità», spiega.
«SIAMO ATTREZZATI» Come i servizi di igiene pubblica dei Comuni (per sapere quali sono è sufficiente consultare l'elenco telefonico negli spazi delle Asl), anche i medici di famiglia sono pronti. «Pronti e perfettamente attrezzati anche a prevenire gli effetti - in primis lo shock anafilattico - che non si possono escludere in queste circostanze», garantisce Barbarossa. Rischi non sottovalutati dall'assessorato regionale alla Sanità che consiglia di fare i vaccini solo ai medici in possesso della cosiddetta catena del freddo e del kit di rianimazione. Cioè «la fialetta di adrenalina da tenere i frigorifero, il Pallone di Ambu (lo strumento utilizzato dai soccorritori per il supporto dell'attività respiratoria e come manovra nella rianimazione), le cannule oro-faringee ed i farmaci antiallergici», spiega Tonino Dessì, medico e capo di Gabinetto dell'assessorato.
I PERCHÉ DELLA SCELTA La scelta di coinvolgere i medici di famiglia nella campagna da 660 mila vaccini (440 mila dosi tra novembre e dicembre e 220 a gennaio) è stata suggerita da una serie di ragioni: la prima è la capillarità garantita da circa mille ambulatori in tutta l'Isola (circa 450 nel territorio della Asl 8), la seconda è la conoscenza dei pazienti, che consente al “dottore” di casa di consigliare o meno la vaccinazione (non obbligatoria ma suggerita), la terza è quella che Barbarossa definisce «la gestione del panico, che si può manifestare nei centri di igiene pubblica».
«PANICO INGIUSTIFICATO» Panico che a giudizio dell'ex leader regionale dei medici di base, non è giustificato. «Al momento, gli effetti del virus sono sovrapponibili a quelli dell'influenza normale tanto che sino a qualche settimana fa si parlava di una vaccinazione di richiamo ed ora si ritiene che ne basterà una». Tanto sovrapponibile, dice Barbarossa, «che oggi quando ci troviamo davanti un paziente che ha una sintomatologia influenzale non siamo in grado di dirgli se è un virus stagionale o l'A/H1N1. L'unica possibilità è fare un esame del sangue che va effettuato in un laboratorio e il cui esito viene consegnato dopo tre giorni. Per questo in alcune circostanze, se la patologia è particolarmente aggressiva è obbligatoria l'ospedalizzazione. Ma solo in questi casi», sottolinea il rappresentante dei medici di famiglia, che raccomanda di non affollare i pronto soccorso ma di «telefonare sempre al proprio dottore che valuterà, sulla base delle indicazioni date dal paziente, se è il caso di fare una visita domiciliare o è consigliabile un ricovero».
ORARI EXTRA Certo è che la tensione nella popolazione è massima, «e l'allarmismo va gestito». Proprio per governare la prevedibile ressa negli ambulatori a partire dal 15 novembre (data prevista per l'inizio delle vaccinazioni per il virus A/H1N1, mentre per l'influenza stagionale la campagna è iniziata ieri), i medici hanno deciso di stabilire orari extra ambulatoriali che ognuno comunicherà ai propri assistiti. «Dedicheremo orari specifici della giornata alla vaccinazione e quando arriverà il momento comunicheremo orari e giorni», informa Barbarossa. Certo, non tutti sono impazienti di vaccinarsi: «Molti mi chiedono: dottore, lo devo fare per forza? Ecco, siamo noi a dover dare una risposta. E non è sempre facile visto che le controindicazioni, al momento, non sono chiare nemmeno per noi». (Fabio Manca)

I MEDICI DI FAMIGLIA

«Il guaio? Le troppe azioni legali»Mercoledì 30 settembre 2009 L'UNIONE SARDAL e priorità da indicare sulla ricetta? Per Fabio Barbarossa, segretario della Federazione medici di famiglia, a gonfiare le liste d'attesa è piuttosto, fra gli altri fattori, la «medicina difensiva». Cioè il rischio, per il medico, di incorrere, nel suo lavoro, in conseguenze legali. «Si sta manifestando in Italia la stessa tendenza che, negli Stati Uniti, ha distrutto il sistema sanitario nazionale. È facile, per un medico, incappare in un'azione legale da parte di un paziente che si senta, a torto o ragione, danneggiato dal suo operato. Per questo sempre più medici di famiglia scelgono di non correre rischi e rinviare a un secondo livello il paziente: se non sono più che sicuri di poter risolvere il problema, prescrivono esami, ecografie, radiografie. Intasando così le liste d'attesa».
Anche la paura, insomma, ha un suo ruolo: «Certo. Paura di azioni legali che, poi, nella stragrande maggioranza dei casi, finiscono con un'assoluzione. Ma nel frattempo c'è stato un processo, udienze, avvocati... Ora, con il patrocinio gratuito, sempre più pazienti fanno causa: se si vince, il legale viene pagato con una quota del risarcimento. Per questo diverse aziende sanitarie hanno difficoltà a trovare chirurghi e ginecologi: ruoli troppo rischiosi. E sempre più spesso si dotano di un centro per la valutazione del rischio clinico».
Ma le priorità degli esami prescritti, quelle da indicare nelle apposite caselle delle ricette? «Non mi risulta che ci sia ancora una norma, in merito: le ricette hanno tante funzioni, non tutte applicate. L'applicazione dipende da accordi di tipo sindacale. Per decongestionare le liste bisogna ripensare seriamente il funzionamento dei distretti». ( Marco Noce )

mercoledì 16 settembre 2009

...ARRIVA L'EMERGENZA E IL MEDICO DI FAMIGLIA SCENDE IN CAMPO...


...ma il medico di famiglia non è mai uscito dal campo!
L'emergenza sanitaria, specialmente in questi ultimi anni, c'è sempre stata, anzi è cresciuta, in particolare per le persone socialmente fragili.
E' evidente che in corso di epidemie o pandemie (SARS, AVIARIA, INFLUENZA A), la nostra professionalità rientra inevitabilmente tra le linee strategiche portanti, nazionali e internazionali, mirate, prevalentemente, alla cura, alla riduzione del contagio e dello stato di panico, che quasi sempre deriva da una informazione allarmistica oltre ogni ragionevole necessità.
E allora succede che si possa perdere di vista la realtà quotidiana, dove le emergenze sono la norma, dove il bisogno di salute è costante e lascia il segno, sopratutto in coloro che possono affidarsi esclusivamente a ciò che le Istituzioni e la Comunità possono, o dovrebbero, dare.
Pertanto bisogna saper ascoltare, per poter capire, e operare, affinché il bisogno di salute possa concretizzarsi in una domanda e una offerta di servizi necessari ad alleviare, almeno in parte, le pene di chi soffre.
In questi ultimi giorni, con un linguaggio glaciale, si parla di influenza A, di influenza stagionale, di diagnosi differenziale, di costi, di vaccini, di sperimentazione, di effetti collaterali, di priorità nelle vaccinazioni, prima questi poi quelli, creando notevole disorientamento in chi non è avvezzo a tali linguaggi.
La gente comune si rivolge al medico di famiglia anche per avere chiarimenti, perchè fa da interprete a questi grandi problemi, con parole comprensibili, talvolta in dialetto, come vuole Bossi, perchè lo ritiene suo confidente, perchè il più delle volte lo ritiene suo familiare o amico, perchè gli accorda la sua fiducia.
Forse per questo l'Assessore alla Salute della Sardegna, On. Liori, ha voluto, nel gravoso compito di Capo di Gabinetto, proprio un medico di famiglia, di comprovata esperienza, umana e professionale, il Dott. Tonino Dessi. Un interprete, che come tale deve essere la nostra professione, lega l'umiltà di chi lavora a contatto con la sofferenza, alla capacità di operare con delle scelte che nascono, più che dalla logica ragionieristica, dal profondo del nostro del cuore.
Fabio Barbarossa

lunedì 24 agosto 2009

...vedrete che dopo le vacanze estive, la Sardegna cambierà!!!..?


...in peggio!!! ma no, stavo scherzando. Bisogna essere ottimisti e costruttivi.

Non appena Chididovere tornerà al lavoro vedrete! Altro che effetti speciali! Rimarremo tutti allibiti! Tutto riprenderà a funzionare, meglio di prima, le tasse diminuiranno, la disoccupazione giovanile, e non, sarà solo un brutto ricordo, le industrie cambieranno strategia e saranno finalizzate alla produzione, nel bene della nostra terra, i pensionati potranno finalmente permettersi nel menù anche il gelato e il mirto, la Sanità sarà equa e solidale per tutti, il poetto riavrà i suoi ricci,

e la gente avrà, ma solo per legge, più soldi e, sempre per legge, l'obbligo di spenderli!

Come?

Non importa...non è un problema nostro...mettetevi d'accordo con le Finanziarie, che vi sapranno consigliare al meglio (Ogni volta che sento "Finanziaria" mi viene un brivido sulla schiena e mi viene spontaneo mettere una mano dietro...dovrò curarmi... non appena riniziano le trasmisioni di Bruno Vespa con Crepè).
Purtroppo però, la maledizione della Sardegna è proprio il suo bel clima

L'estate inizia presto e dura sino a ottobre-novembre, così pure le vacanze estive, ma solo per pochi "eletti", vanno di conseguenza.
Ecco perchè noi, comune popolo sardo , siamo spesso pessimisti...

non riusciamo ad adeguarci al clima della Sardegna,

non ci rilassiamo perchè non andiamo in vacanza, e se ci andiamo ci restiamo poco, e se ci restiamo poco non ci rilassiamo, e se non ci rilassiamo siamo pessimisti!
Non riusciamo, cioè, a toglierci di dosso l'odore nauseabondo dei problemi di sempre, che, come la merda vecchia, puzzano da morire.

Peccato, proprio adesso che avevamo l'acqua e potevamo lavarci...


giovedì 2 luglio 2009

...in ricordo di un caro amico...

...caro Cenzo,

te ne sei andato così, in punta di piedi, meticoloso come sempre, attento a non creare problemi a nessuno e con la tua meravigliosa filosofia del vivere e lascia vivere.
Ti ho sempre conosciuto col sorriso sulle labbra, ironico quanto basta, anche quando la situazione non era delle migliori, sempre pronto ad accomodare tutto, a mediare e a trovare il lato positivo della vita.
Quando studiavamo insieme, forse fisiologia, una montagna di anni fà, un giorno, arrivando a casa tua, mi dicesti che eri stato miracolato: "mentre riparavi l'antenna TV al 7° piano, cadesti giù e fosti salvato dai fili da stendere dei piani sottostanti, e con molta discrezione bussasti alla finestra dei signori del 5° piano per poter rientrare a casa tua".

Ero più spaventato io di te.

Grande medico di famiglia, amico di tutti, sempre col sorriso sotto i baffi, col tempo diventati bianchi, generoso e altruista, sapevi dare una parola di conforto a tutti, senza chiedere niente in cambio.
Solo una volta ti ho visto perdere le staffe, quando in guardia medica a Guspini, per una ricetta negata a un tossico, ti saltarono sul tetto della Golf Menphis appena comprata, tanto da portare il tetto sul volante.
Un amico comune, forse per sdrammatizzare, ha riportato una frase che avrebbe divertito anche te..."funti mitragliendi accanta...", riferendosi all'età che, pur non essendo particolarmente avanzata, già comincia a farsi sentire...

Mi sarebbe piaciuto rivederti, ma come sempre, saturi di impegni, releghiamo le cose belle in un futuro prossimo, incerto e imprevedibile.

Ti ricorderò sempre con quella faccia da amico.
....un abbraccio

venerdì 26 giugno 2009

...rifiuti veramente speciali


non è lontano il giorno in cui anche la cacca verrà recuperata e riciclata. Questa può essere una proposta.
La privacy?
Ma chi se ne frega...
siamo un popolo disinvolto e moderno...
basterebbe fare i water trasparenti così finalmente politici e amministratori locali potrebbero vedere i cittadini nel momento del "bisogno".
Poi, recentemente, la privacy lascia un pò a desiderare.
Mi sorge un dubbio, che rende insonni le mie notti:
ma se la cacca un giorno dovesse avere valore, i poveri nascerebbero col culo o senza? Non lo sò, devo chiedere a qualche luminare, esperto in escrementi. Ultimamente ne sto conoscendo tanti. Sarà che la cacca avanza, si scrivono fiumi di cacca, la gente ormai ha la cacca alla gola e quasi ci potrebbe nuotare dentro.
...prossimamente, per le festività, si potrebbero fare regali mirati:
water nuovo, carta igienica personalizzata, scopino da passeggio, double face, con manico in oro, sciaquone con acqua minerale liscia o gasata, e chi più ne fà più ne metta...
Che bello, che mondo ideale...tutti amici per la cacca...i bambini, esperti in modellamento manuale della cacca potrebbero fare dei corsi di formazione...tutto questo a basso costo.
Però...mi sorge un altro dubbio:
ma se non avremo più i soldi per mangiare...che cacca potremmo fare?
attraverso una riconversione della industria chimica regionale, la cacca sintetica DOC made in Sardinia, così finalmente alcuni politici potranno lavorare nel loro ambiente più congeniale e a contatto con la stragrande maggioranza del popolo sardo che nella cacca c'è ormai da tanti anni...meditate gente...

mercoledì 24 giugno 2009

...un giorno di ordinaria malattia


- buongiorno dottore...
- buongiorno Signor Rossi

- senta, Dottore, mi può dare 20 giorni di malattia? sa, lavoro alla ASL come impiegato, e per lo stress vorrei andare 20 giorni a Cuba, giusto per rilassarmi un pò...

- ...e Brunetta????

- ah, dottore, biondina o brunetta per me fa lo stesso...la conosce mia moglie, vero...

- IN GALERA!!! finiamo col nuovo Decreto.

sono quelle poche volte in cui mi piacerebbe aver realizzato uno dei miei sogni infantili:

"comandare un plotone di esecuzione!!!

- Certo signor Rossi, venga con me in cortile, ecco, si sieda qui su questa sedia...che le dò i 20 giorni di malattia...

...Attenzione! mirate! ....FUOCO!!!!!!!

tanto lo conoscevo bene, alla ASL non l'hanno mai sostituito perchè non hanno mai saputo che mansione avesse. Risparmiamo sulla pensione..

Vuoi vedere che dopo il primo, gli altri imparano subito?

" Buon giorno Dottore, sa mi sono rotto una gamba, ho la varicella, le emorroidi che sanguinano, mia moglie è ricoverata in ospedale e da poco è morta mia nonna.

Vorrei un certificato di idoneità al lavoro...sa...alla ASL sono molto fiscali...e poi...il decreto Brunetta..."

...e se un giorno ci svegliassimo?

ma siamo veramente sicuri che non stiamo dormendo? Qualcuno, per cortesia mi può dare un pizzico? Siamo coscienti o no.
Oppure siamo delle marmotte in letargo?
Ragazzi non scherziamo, ho un sacco di cose da fare.
Sto facendo un sogno non tanto gradevole.
Mi faccio un culo come una capanna, risparmio su tutto, lavoro più di 12 ore al giorno, pago le tasse alla fonte, mantengo dignitosamente i figli, non rubo, non delinquo, cerco di fare del bene a tutti e, a fine mese non riesco a chiudere decentemente i conti.
E me lo ricorda anche la signora, molto gentile, della mia banca:
"Facciamo un mutuo? un prestito agevolato? un fido? o preferisce morire di fame e di sete? Allora, vediamo...possiamo togliere quà e mettere là, mettere quà e togliere là , fare una rata o vendere un rene...o se preferisce una cornea, tanto ne ha due.
Come vede le possibilità sono tante e la "sua" banca è sempre dalla sua parte".
Vorrei svegliarmi ma non ci riesco. E' un incubo...eppure in questo strano sogno sono circondato da gente che non fà come si dice un ca..volo, e vive nell'agio, con auto di lusso, vacanze stratosferiche, case al mare, in città, in montagna, in collina, in casino...
Dai ragazzi, devono essere quei wurstel che ho mangiato ieri notte a cena.
Un pò pesanti...
Adesso mi sveglio, prendo la mia porche cayenne, pensate, nel sogno ho una utilitaria, e vado un pò a cazzeggiare al bar mediterraneo...insieme a un sacco di cazzoni...