lunedì 13 agosto 2012

Morte apparente...mai fidarsi delle apparenze!

Una vita fà, giovane medico di buone speranze, in una delle tante Guardie Mediche della regione, vengo chiamato a domicilio:
- Dottore, nonno è morto.
Una ragazzina, con un filo di voce, annunciava così la tragedia appena consumata.
- Ok, dico, prendo la borsa e vengo!
Al domicilio del defunto amici e parenti avevano già raggiunto le proprie posizioni. L'abbigliamento era consono alle circostanze, quasi che la cosa fosse giunta non senza larga previsione. Poche parole sotto voce. Si apre un corridoio di folla e io vengo condotto verso la salma. La camera ardente era allestita con grade accuratezza. Ceri, fiori, donne devote con velo nero e lacrime regolamentari. Entro. Un cenno di saluto a cui tutti rispondono, ovviamente ad eccezione della salma. Farfuglio le condoglianze ai primi che incontro, ritenendoli i parenti stretti. Mi accingo ad esercitare con arte il motivo per cui sono li, la Constatazione di Decesso! Apro con grande professionalità la borsa e ne estraggo gli strumenti di lavoro: fonendoscopio e specchietto. Con mossa ineccepibile inserisco il fonendoscopio al di sotto degli abiti della salma. Il cuore, se fosse vivo, dovrebbe battere quì. Poi passo alla palpazione, e con delicatezza provo a tastare l'addome del povero defunto. Improvvisamente, sotto lo sguardo allibito degli astanti, il cadavere apre gli occhi. Guarda me! Si, proprio me! Io, in odore di santità, già pensavo alla beatificazione. Altri due miracoli e sarei stato Santo. Lo sguardo della fu salma si accese e il vecchietto cercò di comunicarmi qualcosa! Ormai nel pieno del delirio di onnipotenza, avvicinai l'orecchio alla sua bocca, e riusci a percepire le sue parole, poche, ma inesorabili:
- DE UN'ORA SESI SEGHENDI SA MAZZA... (Traduzione: è da circa un'ora che mi stai frantumando le interiora)
E così, tra gli applausi e i consensi della folla, lasciai quella casa, non senza  soddisfazione ma, forse, con un minimo di contrarietà.
Arrivederci alla prossima!
Vita vissuta. Fabio Barbarossa

mercoledì 1 agosto 2012

la sanità del disimpegno...


Caldo insopportabile, aria umida e irrespirabile, sala d’attesa colma di gente. Stress come comune denominatore.

– Avanti - dico - prego signora. Si accomodi, come sta?

Una gentile signora, vestita in modo sobrio, con una casacca di lino celeste, dopo una fila estenuante, indicandomi con la sua mano la parete addominale poco sotto l’arcata costale, in concomitanza di una vistosa tasca, risponde:

- Mah… Dottore, così. Mi scusi, ma cosa abbiamo qui? -

Senza nessuna esitazione, con illuminazione e occhio clinico, conseguenti ad anni di professione medica, rispondo senza indugio:

- La tasca! -

La signora , pienamente soddisfatta dalla mia risposta, gentilmente ringrazia e se ne va, dando al sottoscritto il tempo di riflettere, non senza perplessità, a quanto moderna e poco dispendiosa potrebbe essere la sanità del disimpegno, così come la vorrebbe la spending review del ministro Monti.

- avanti un altro! ....

Fabio Dr. Barbarossa


martedì 31 luglio 2012

...sogno o realtà?

Qualche giorno fà un onesto cittadino sassarese, si è auto denunciato alla polizia per aver ucciso a fucilate la moglie. Era talmente convinto di ciò che ha avuto anche il tempo di pentirsi, chiedere scusa alla suocera e consegnare il fucile alle forze dell’ordine. Tutto ciò senza nessuna conseguenza penale.

Fortunatamente era solo un sogno, legato ad un delirio alcolico. Come medico, ancora una volta, ho la convinzione che molte tensioni sociali potrebbero essere risolte con preparati controllati a base di sostanze etiliche, calibrate ad hoc. Prescrizione tipo:
- 200 cc di cannonau di Ierzu, presi tre volte al giorno, a stomaco pieno, per tre giorni,
 potrai sognare di terminare tua moglie, magari con ricovero in D-H (Day-Hostaria);
- 300 cc di Carignano del Sulcis, presi a digiuno, due volte al di, per sette giorni,
potrai sognare di far fuori, con arma a tua scelta, il tuo politico di sfiducia.

Sono sicuro che in questo modo si risolverebbero contemporaneamente diversi problemi sociali:

a) sovraffollamento delle carceri

b) incremento delle vendite del vino sardo DOC

c) rilancio e riqualificazione degli esercizi commerciali (Paraosterie)

d) pentimenti preventivi per rinsaldare i rapporti interumani (famiglia e politica, per esempio)

meditate gente



Fabio hic! Barbarossa

lunedì 23 luglio 2012

Libera, ma ora sia prudente




Come tutti, sono contento per la liberazione di Rossella. Salvare una vita è sempre un fatto straordinario: tutte le risorse umane, e spesso economiche, devono essere messe a disposizione, e bene hanno fatto i mediatori. Ciò che mi lascia perplesso è che non ci sia un'analisi dei fatti comprensibile anche da persone comuni come me, che, a torto o a ragione, si ritengono il terzo pagante. E’ giusto che delle persone facciano cooperazione anche in zone ad alto rischio, spesso in contraddizione con le norme dettate dalla Farnesina? È evidente che la comunità debba essere soddisfatta da questa liberazione, ma è altrettanto evidente che essa stessa, come un buon padre di famiglia, deve guidare e accrescere la responsabilizzazione dei propri figli, affinché non si ripresentino le stesse situazioni di rischio, e danno, anche economico. Non capisco e non condivido l'enfasi con la quale ci viene detto da Rossella di un suo prossimo ritorno nella stessa area a rischio, senza le normali norme di garanzia. In un clima di economia disastrata, 10 milioni di euro possono essere utilizzati per dare sollievo a migliaia di famiglie che, pur non essendo in giro a cooperare, rischiano la vita loro e delle loro famiglie.

Fabio Barbarossa

Cagliari



(pubblicato Unione Sarda sabato 21 luglio 2012)

giovedì 19 luglio 2012

Aeromobile Italia



Supponiamo, per ipotesi, di essere nel volo di linea X, del giorno Y. Passeggeri a bordo. Altitudine 25.000 piedi. Cielo sereno, e, improvvisamente, il comandante dovesse annunciare:


- Si informano i signori passeggeri che, in conseguenza dei dati provenienti dagli alettoni e sulla base della proiezione del consumo di carburante, l’aereo sta precipitando! - .

Chiaramente solo chi è sordo o chi sta ascoltando la musica con le cuffie, non si allarma. Gli altri andrebbero nel panico totale. Supponiamo, sempre per ipotesi, che il comandante faccia un secondo annuncio:

- Stiamo cercando di riparare l’alettone e se calerà il prezzo del carburante rispetto a quello tedesco, contiamo di avere più autonomia. Potremmo salvarci - .

In un terzo annuncio, sempre il comandante:

- Il joystick (il volante dell’aeromobile), essendo di qualità inferiore a quello tedesco, ha cessato di funzionare, per cui stiamo nuovamente precipitando. Potremmo salvarci soltanto, se in futuro, la qualità del materiale sarà almeno simile a quella tedesca -. Insomma, visto dall’esterno, questo aereo procederebbe a zig-zag, salendo di quota per poi scendere in picchiata, con terrore inimmaginabile dei passeggeri. Credo che le stesse emozioni le stia provando, in questi mesi, il Popolo Italiano, sulla base dell’aero- bond tedesco, e che Monti sia il Comandante:

- Precipitiamo! No, ci salviamo. Ora precipitiamo veramente. No! Forse ci salviamo -. Alla stessa stregua di una doccia, ora calda, ora gelida. Data l’incertezza in cui stiamo procedendo, e data la possibilità di precipitare, comunque, da un momento all’altro, proporrei, a tutti gli Italiani, di mettersi un documento d’ identità tra i denti, per evitare il solito caos nel riconoscimento delle salme.

Fabio Barbarossa

(Pubblicato unione sarda 14.07.12)

mercoledì 4 luglio 2012

...a proposito delle aragoste liberate in un ristorante a Cala di Volpe, dopo averle pagate 500 euro ( L'Unione Sarda 03/07/12 ):



Qualche settimana fà, in tempi non sospetti, nel mercato del pesce di via Quirra, al mio figlio Matteo, 6 anni, sono stati regalati due granchietti vivi, dimensione un pollice, mio, dentro una scatoletta trasparente. Un altro pescivendolo, animato da grande spirito di liberazione, gli ha regalato una piccola anguillina. Dimensione un mignolo, mio. Arrivati a casa, nei pressi del porto di Cagliari, abbiamo provveduto alla liberazione dei reclusi, nella scaletta, lato mare, del porto. I due granchietti, dopo attenta valutazione dell'acqua portuale, hanno cercato di ritornare in via Roma, per prendere il primo pulman per via Quirra. Almeno lì avevano la certezza di una vita breve, ma dignitosa. L'anguillina si è buttata a mare, suppongo per suicidarsi. Infatti, credo sia finita direttamente nelle fameliche fauci di qualche spigola di pochi scrupoli. Morale della favola: siamo sicuri che le aragoste siano state veramente liberate? E sopratutto, con 500 euro, quanti granchietti si sarebbero potuti avviare a nuova e migliore vita?


Fabio Barbarossa



venerdì 3 febbraio 2012

il bastone e la carota...

Mentre la povera Italia affonda, con morti e dispersi, ognuno cerca di salvarsi come può. Le scialuppe non bastano per tutti, le biscagine sono strette e pericolose, l’acqua è fredda e il mare ingrossa e gli schettini sono in agguato. Come in tutte le storie tristi, quando la nave affonda, i primi a scappare sono i topi, e così è successo. Chi poteva è già fuggito, portando con se tutto ciò che poteva arraffare, lasciando solo desolazione e miseria. Altri, pur causando o contribuendo al disastro, continuano beatamente a recriminare diritti immeritati, aiutati da una giustizia lenta e farraginosa, espressione di una società malata e alle corde. Il popolo si indigna, si arrabbia, chiede soluzioni e sollievo ai propri bisogni. Si aggrappa a qualcosa, a qualcuno, a chiunque creda o dica di avere la soluzione in tasca. Si entusiasma e si deprime. Impara terminologie nuove in tutti i settori dello scibile umano. Economia, psicologia, balistica, nautica, aeronautica, medicina legale, e in queste viene inglobato e distratto. Si avventura e si immerge nei plastici vespiani, coinvolto totalmente nei fatti. Così riesce a digerire la pillola amara che gli viene somministrata, ma solo per il suo bene. I nuovi e vecchi governanti, uniti morbosamente nei fatti, utilizzano il vecchio e intramontabile sistema del Bastone e della carota, come rimedio definitivo. Il bastone lo conosciamo da intere generazioni. Vuoi vedere che per la carota hanno in mente qualche altro utilizzo, visto che gli italiani ne fanno uno scarso uso alimentare?

Meditate gente, meditate

Fabio Barbarossa

mercoledì 9 novembre 2011

il mio lavoro, la mia vita....

Esile, ordinata, pulita, gentile e sorridente. Così si presenta una mia cliente anziana, ogni qualvolta mi reco al suo domicilio per valutare il suo stato di salute. Parliamo di tante cose, del tempo, di politica, della vita in generale. Lei risponde puntuale, con educazione e cortesia. Con una sensibilità rara e antica. Il suo discorso finisce sempre con un sorriso. Parla, ma sa ascoltare. Non mi interrompe mai, aspetta che io abbia finito e mi ascolta con tanto interesse. Mi fa sentire a mio agio, come ci si sente davanti ad una nonna, dolce e paziente. La mia visita le è gradita, e me lo dimostra. Parlare col dottore, in certe realtà, specialmente se c’è disponibilità reciproca, è un grande evento. Scambio due chiacchiere con i familiari, mi viene sempre offerto un caffè. Il tempo si ferma, il mondo perde la cruda realtà. Resterei ore ad ascoltare dalla sua voce il tempo che fu. Quasi mi dispiace andar via, ma il lavoro mi reclama. Solo in quel momento vedo nel suo volto un velo di tristezza. Chiede ancora un momento. Vuole ancora parlare. Vuole ancora ascoltare, come se non ci fosse più il tempo. Certe volte mi riconosce, altre volte mi chiede chi sono. Ma sa sempre come ci si comporta, con cortesia e rispetto. La mia paziente è affetta dalla malattia di Alzheimer. La sua mente è presente, ma alcune volte vola chissà dove. Poi ritorna, puntuale, dove aveva interrotto. Basta aspettare e tutto torna normale.
Ci salutiamo con affetto, con la promessa di rivederci al più presto. Questo è il mio lavoro. Questa è la mia vita.

Fabio Barbarossa

pubblicato Unione Sarda dell'11.11.11

lunedì 3 ottobre 2011

glorioso viale Europa...

Fortunatamente San Francesco guarda da un’altra parte, se no si accorgerebbe dello squallore in cui si trova ultimamente il belvedere di viale Europa. Ma se un Santo, per sua natura, è votato alla tolleranza, altrettanto non dovrebbero essere le autorità preposte alla salvaguardia del bene comune, specialmente quando si tratta di una delle più belle immagini di Cagliari, che recentemente si appresta, o pretende, di diventare meta e sede stabile del turismo internazionale. Se ci si reca in viale Europa durante le ore diurne, si ha la possibilità di vedere lo scempio in cui è stato ridotto. Bottiglie di vetro, integre e frantumate, che fanno da cornice. Spazzatura di ogni tipo. Salviette adibite alla conclusione di faccende riservate, segni tangibili di bisogni corporali. Scritte con bombolette spray in ogni dove. Persino il piedistallo del santo, a cui hanno vigliaccamente trafugato la targa di commemorazione, e il Santo stesso, sono oggetto di comunicazioni spray tra scriventi che denotano incuranza, ignoranza, ma prevalentemente imbecillità. Se poi si ha il coraggio di salire sul colle di notte, in bocca al lupo. Ci si deve augurare di uscirne sani e salvi. La strada è diventata meta, e ostaggio, di centinaia di auto, condotte da pazzi scatenati, che la usano come una pista da formula uno. Parcheggio selvaggio, alcolici e quant’altro. Ciliegina sulla torta, una sorta di camper, prevalentemente una baracca con le ruote, che troneggia nel punto più panoramico del monte, testimone di uno sfacelo con abbandono totale delle pur minime norme di decenza. Vedere per credere!


Fabio Barbarossa

pubblicato Unione Sarda 11 ottobre 2011

venerdì 23 settembre 2011

Sardegna autentica

Sfogliando le pagine di un depliant di una “qualunque” località turistica della Sardegna, sono stato illuminato da alcune considerazioni: “SARDEGNA AUTENTICA…TERRA ANTICA E FIERA…MERAVIGLIE DI UNA NATURA SELVAGGIA E INCONTAMINATA…CARATTERE FORTE DEL POPOLO SARDO…
A completamento del documento, le solite fotografie di scogli alternate a volti di gente sarda, entrambe scavate dal vento e dalle intemperie del tempo.
Ma noi sardi, siamo veramente come ci dipingono i depliant turistici?
E la Sardegna è ancora una terra antica, fiera e incontaminata?
Analizzando le cose superficialmente, forse si, ma se ci addentrassimo nella realtà ci accorgeremmo, purtroppo, che non è proprio così.
Iniziamo dalla terra: antica? Indubbiamente si; fiera? Ho i miei dubbi; incontaminata? Basta leggere la cronaca di tutti i giorni…forse un tempo.
Violentata da tutti i punti di vista, dall’uomo, dalla natura con la complicità dell’uomo, da scelte sbagliate, politiche e non, da cementificazioni selvagge, inquinamenti, incendi.
Altro che selvaggia e incontaminata…
E noi, Popolo Sardo? Siamo veramente determinanti per le sorti della nostra terra, per i nostri figli? O siamo semplicemente le comparse per le innumerevoli guide turistiche e per le tante migliaia di turisti che credono ancora che i sardi siano bassi, vestiti in costume, strani parassiti locali che infestano le meravigliose terre baciate dalla natura?
C’è da augurarsi che, leggendo i depliant turistici, ci ritorni nella mente e nel cuore, la voglia di essere SARDI, di amare la nostra terra e di difenderla da tutto ciò che possa danneggiarla e offenderla. Ad iniziare da noi stessi.
Fabio Barbarossa
pubblicato Unione Sarda 3 novembre 2011

sabato 30 luglio 2011

mi chiamo Birillo...

Buongiorno…mi chiamo Birillo,
sono un cane di 6 anni, di grossa taglia, snello, forte, di indole pacifica. Vi voglio raccontare ciò che mi è successo qualche giorno fa. Sono addetto alla sorveglianza del porticciolo di Su Siccu, a Cagliari. Svolgo il mio lavoro con tenacia, ma non disdegno la simpatia.
Torniamo ai fatti. Non so perché, né per come, tre giorni fa la serata, calda ma ventilata, tendeva a concludersi senza niente di particolare. Stavo per addormentarmi, quando, una musica chiassosa e una voce orripilante, ha scosso le mie sensibilissime orecchie. Mi è stato detto poi che ci fosse un certo Fibra Fabri. Una sorta di umanoide che ulula, preferibilmente la notte. Non avendo mai sentito niente di simile, sono fuggito, lasciandomi alle spalle tutto questo baccano. Cammina cammina, sono arrivato molto lontano, perdendomi, senza poter chiedere a nessuno informazioni sulla strada. Pare che di notte gli umani scorrazzino all’interno delle loro scatolette, lanciate a folle velocità, dopo aver bevuto qualunque cosa, e odorato qualunque altra. Ho rischiato più volte di essere schiacciato. Insomma a farla breve sono arrivato vicino a un grande negozio. Gieffe, località Bellavista, a Quartu S. Elena. Ho pensato, se proprio non ritrovo la mia casa e il mio padrone, qualcuno mi darà da mangiare. Una volta, facendo un giro in città, ho visto una strana usanza: i miei simili, coricati per ore su un marciapiede, con un padrone un po’ strano e una voce incomprensibile, aspettavano che qualcuno, non si sa perché, buttasse delle piccole rotelline dentro una scatoletta. Pippo, un mio amico di città, mi ha detto che vengono chiamati Panca bestia. Ho pensato, forse se mi trovo anch’io un padrone così strano, posso lavorare e mangiare. Ma non ho fatto il conto con le mie forze. Dopo quella grande camminata, mi è venuta una stanchezza terribile. Mi sono coricato in diversi ingressi del supermercato cercando di racimolare un po’ d’acqua e qualcosa da mangiare. Gli umani hanno strane idee su noi cani. Tutti quelli che passavano, armati di un grande cestello con le ruote, ripetevano la stessa frase. “poverino, se non avessi avuto altri 36 cani, 23 gatti, cinque figli e un topo ammaestrato, l’avrei portato via con me”. Poi se ne andavano scuotendo la testa. Al massimo qualcuno più intraprendente, mi ha portato un bicchiere d’acqua e una scatoletta di 30 grammi di una poltiglia nauseabonda. Forse volevano uccidermi? Fino ad allora nessuno aveva ancora capito che io avevo già una casa, un padrone, strano ma simpatico, degli amici. E poi avevo anche un lavoro. Finalmente, ieri, quando ormai pensavo di diventare uno dei tanti cani gonfiati e puzzolenti che si trovano a bordo strada, alcune persone, con grande spirito pratico, hanno pensato che io sicuramente avevo un padrone, e che sarebbe stato importante ritrovarlo. Una mamma con la sua figlia, simpatiche e molto belle, un signore, un po’ abbondante, che curava gli umani, con una sua amica, hanno pensato di chiamare qualcuno con un strano apparecchietto, che tutti gli umani posseggono, compresi i loro cuccioli. Chiama e richiama, dopo poco tempo, è venuto un altro signore. Lo chiamavano dottore veterinario. Credo di averne visto uno tanti anni fa quando, mi fece salire su un lettino e mi punse con un ago una natica. Eppure sembrava così bravo. Insomma, questo dottore veterinario, ha aperto una strana borsa e ne ha tirato fuori uno strano aggeggio che mi passava e ripassava sul collo. Ho scoperto che ai cani i documenti glieli infilano sotto la pelle. Che strani questi umani. Non so come, ma quando si è sentito uno strano pigolio, tutti sono stati contenti “ha il codice, ha il codice”. Di quale codice parlassero non l’ho mai capito. Ma dopo poche ore, il mio padrone si è fatto vivo e io l’ho abbracciato per tanto tempo. L’ho anche leccato. Poi ho ringraziato tutti i miei nuovi amici, li ho invitati a casa mia, sono salito in macchina col mio padrone, e insieme siamo tornati a Su Siccu.
Mancandomi solo la parola, ho pensato di scrivere per ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato, compresi i signori del supermarket Gieffe che tanto mi hanno voluto bene, e in particolare una bella signora che mi ha dato biscotti a forma di ossicini.
Un abbraccio a tutti
Birillo

Fatto realmente accaduto tra il 27 e il 29 luglio 2011.

mercoledì 27 luglio 2011

gli imbecilli sono tra noi...


Alcune volte si mascherano, altre volte no. Cambiano aspetto, ma li riconosci comunque dagli atteggiamenti e dai fatti. Si mimetizzano. Non hanno sesso, ne razza. La loro arma vincente è la perseveranza. Chi diventa imbecille, lo sarà per sempre. Come una sorta di medaglia tatuata sul petto. Generalmente la sua caratteristica si manifesta col tempo. Imbecilli non si nasce, lo si diventa. Magari attraverso una predisposizione familiare, genetica, o ambientale. Non è come l’ignorante, che ignora. L’imbecille è proprio imbecille di suo. E se ne compiace. 
   Dovunque si trovi, non lesina il suo prezioso intervento. Lo elargisce come un suo marchio e ne delimita l’ambiente. Non ha paura di confronti. Però non gareggia perché sa che se dovesse partecipare ad una gara di imbecillità, arriverebbe secondo. Perché? Perché è imbecille. Non è influenzato dal grado di cultura. 
  L’imbecille può essere ignorante, e allora può suscitare comprensione, oppure è colto, e in questo caso usa la sua cultura come cassa di risonanza. Non mira alla quantità della sua dote, ma alla qualità. La sua è pura essenza. Malgrado si trovi in luogo ostile, tende comunque ad ambientarsi in breve tempo. 
 Si accoppia preferibilmente con individui della stessa qualità, non necessariamente di sesso opposto, e quando può, esplica una progenie alla quale impartisce, già dalla tenera età, nozioni di imbecillità. Ben lungi dall’essere in estinzione, si riproduce ovunque. Tutti gli habitat gli sono congeniali. Sa che sua madre, o sua moglie, o sua figlia saranno sempre incinta, in attesa di un nuovo imbecille.

  La mia conoscenza della materia nasce dalla frequentazione, costante, di intere generazioni di imbecilli e, fortunatamente, ho manifestato, nel tempo, una sorta di immunizzazione che mi protegge da attacchi di ogni entità. Almeno per ora. 
   Chiedo umilmente scusa a tutti coloro che, leggendo questo scritto, si sono identificati nella suddetta categoria. Forza con i commenti. Giusto per avvalorare la mia tesi.

Fabio Barbarossa

giovedì 21 luglio 2011

SSN "tirare a campare"


Nella sanità italiana vige il sistema del
Tirare a campare

Mentre tutto il mondo cerca di dotarsi di un Sistema Sanitario Pubblico, esempio Stati Uniti e Cina, giusto per menzionare i più importanti, per garantire l’assistenza ad oltre un miliardo e mezzo di persone, con stratosferici investimenti economici (150 miliardi di euro in Cina), noi italiani continuiamo a varare leggi e leggine con la politica prevalente del “tirare a campare”.
Continuiamo ad avere un sistema sanitario arcaico, improntato solo su strategie amministrative ed economiche, che non hanno tenuto conto delle grandi rivoluzioni sociali, sanitarie ed etiche.
Nel 1978, Legge 833/78, avviene il varo della Riforma Sanitaria, con la costituzione del SSN, nuova idea per superare il sistema mutualistico. Pochi anni dopo ci si rende conto che la spesa sanitaria cresce in una situazione finanziaria nazionale di non compatibilità, e l’innovazione, assistenza ospedaliera, assistenza specialistica, assistenza farmaceutica, assistenza di base, elementi fondamentali di riorganizzazione sanitaria, continuano a mantenere caratteristiche mutualistiche.
Nel 1992 una legge istituisce le Aziende Sanitarie (ASL). Aziende con autonomia gestionale, amministrativa contabile, che hanno come obiettivo correggere le criticità della riforma del 1978, perseguendo politiche di efficienza, risparmio, appropriatezza, lotta agli sprechi, soprattutto attraverso la separazione della gestione dalla politica.
Criticità: quella economica diventa l’unica razionalità e l’etica perde la sua autonomia. La salute non dipende più dai diritti, ma dai mezzi a disposizione.
Per correggere gli errori dell’aziendalizzazione, nasce la Riforma Ter. Parola d’ordine: Razionalizzare. Troppo potere ai Direttori generali. Liberare risorse dall’interno del sistema e riutilizzarle nel sistema stesso (appropriatezza, economicità). Nascono i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), consentita la libera professione dei medici all’interno degli ospedali (Intramoenia).
Malgrado i LEA crescono tutti i tipi di disuguaglianze tra i cittadini.
Infine: Riforma del Titolo V della Costituzione.
Lo Stato Centrale, i Comuni e le Province, mantengono solo poteri di indirizzo; tutto viene trasferito alle Regioni. Finisce il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e al suo posto nascono 21 Sistemi Sanitari Regionali (SSR). Conseguenze: aumento della spesa, disuguaglianze, malasanità.
Già nel 2008 il Professor Elio Borgonovi, Direttore del corso triennale “Gestione e Organizzazione in Sanità” alla SDA - Bocconi, a cui mi onoro aver partecipato, nonché uno degli ideatori della legge di riforma 833, manifestava il suo pentimento per i risultati ottenuti. Disse allora che il SSN sarebbe imploso da li a 5 anni. Ci siamo quasi. In questi anni si è badato più al contenitore che al contenuto. Si è data poca importanza a pilastri come qualità, rischio, errore, umanizzazione, compliance, responsabilità. I ruoli sanitari sono stati burocratizzati all’esasperazione. Il ruolo dell’Ospedale è ancora definito da norme vecchie ed inadeguate. L’Università è inadeguata alla formazione di Medici appropriati alle necessità. Sono aumentate le conflittualità interprofessionali, è aumentato vertiginosamente il contenzioso legale e così pure la medicina difensiva. Solo dalla risoluzione, o perlomeno, dalla presa di coscienza di queste criticità, e non da ulteriori leggi o accorgimenti finanziari, si potrà di nuovo sperare in un Sistema Sanitario, equo e solidale, fiore all’occhiello e vanto della nazione Italiana.

Dottor Fabio Barbarossa

mercoledì 20 luglio 2011

Libero arbitrio

Libero arbitrio


Sempre più spesso, solo con me stesso, ho voglia di scrivere le sensazioni che nascono nella mia mente. Non è per solitudine, neppure per protagonismo. E’ un bisogno impellente, che nasce dal mio intimo. Ho pensato potesse essere una sorta di “troppo pieno”, che tracima dalla mia movimentata esistenza. Oppure per lasciare ai posteri, cosa più probabile, le considerazioni su ciò che è stata la mia vita, direttamente, ed inesorabilmente, da parte dell’attore protagonista. Vorrei poter trovare, come è logico per lo svolgimento di un tema così ampio, un inizio, una continuazione, una fine. Ma non è semplice. La mia vita è fatta di tanti inizi, tante continuazioni, tante fini. Almeno per ora. Quella definitiva, probabilmente, non la scriverò io, almeno credo. Ho sempre avuto la convinzione di essere il vero artefice delle mie scelte, ma sino a pochi anni fa. Ero convinto che esistesse il libero arbitrio. Ognuno, in poche parole, era artefice della sua vita. Ho basato su questo concetto la maggior parte della mia esistenza, certe volte con scrupolo, sino all’ossessione, altre volte con un pizzico di fatalismo, quasi sempre rinnegato. Ho immaginato che tutta l’umanità rispondesse a questo principio, e per questo, sono stato critico, certe volte con cinismo, perché, in definitiva, ognuno aveva ciò che si meritava. Senza eccezioni. E così, attraverso considerazioni, molto spesso errate, rispondendo ad una logica sociale malata e di grande attualità, ho considerato bravo e meritevole chi ha, e incapace e indegno chi non ha. Sono caduto in questa trappola, aprioristicamente. L’ho capito solo quando la mia vita, malgrado avessi fatto tutte le mie scelte in modo ragionato, con scrupolo, è andata, in definitiva, come la sorte ha voluto. Certo, poteva andare peggio. Il fatto stesso che sia qui a scrivere testimonia che, tutto sommato, non è andata tanto male. Almeno per me. La mia esperienza, personale e professionale di medico, ha cambiato il mio modo di vedere il mondo circostante. E’ cambiato il mio metro di valutazione. Ci sono voluti 57 anni di esperienze, trent’anni di professione, per farmi capire che non sempre, anzi, quasi mai, siamo artefici del nostro destino. Il concetto della “tegola sulla testa”, è diventato più reale, crudelmente più reale.
Ad iniziare dal concepimento, siamo oggetto di scelte non nostre, le subiamo per tutta la prima infanzia e per gran parte dell’adolescenza. Raggiungiamo una fase intermedia, in cui proviamo a cimentarci, se ne abbiamo l’opportunità, con la nostra vita, sino alla maturità, e precipitiamo nella terza e quarta età, in cui, come nella prima infanzia, siamo in balia di fatti indipendenti dalla nostra volontà. Dall’attività lavorativa alla pensione. Anche la nostra morte, non è un problema che ci riguarda. Altri sceglieranno per noi. Anche quando ciò sarà in netto contrasto col nostro volere.

Fabio Barbarossa
Cagliari, 16 luglio 2011

pubblicato Unione Sarda

mercoledì 22 giugno 2011

piscine che affondano


Non credo ai miei occhi! Anche l'Esperia, grande Società sportiva, alle prese con Abbanoa. All'inizio dell'anno in corso, la stessa Rari Nantes ha avuto gli stessi problemi. Acqua non pagata per cifre da capogiro, piscine chiuse. Sembra che ad Abbanoa non vadano proprio a genio le piscine cagliaritane, oppure le società sportive fanno uso smodato dell'acqua. Dico sempre ai miei figli di chiudere il rubinetto quando l'acqua non è necessaria. Evidentemente gli amministratori di Abbanoa stanno adottando lo stesso sistema. Proprio alcune settimane fà, ho iscritto i miei due figli alla società sportiva Esperia, pagando in anticipo quattro settimane, tutto compreso, e già ieri non hanno potuto fare uso della piscina. Oggi non so. Domani chissà. Non riesco a capire di chi siano le responsabilità. Debiti storici? Abbanoa insensibile alle necessità degli amministratori societari? L'unica cosa che vedo sono le faccette tristi e accaldate dei miei figlietti, di cinque e sei anni, ai quali è stato negato il piacere di sguazzare nel prezioso e conteso liquido. Che le società Rari Nantes ed Esperia non navigassero in buone acque, era evidente già ad occhio. Situazioni generali logistiche un pò dismesse, spogliatoi "lievemente" in disarmo, giardini antistanti e strutture murarie "livemente" decrepite. Ma lo stesso stile spartano dell'attività sportiva potrebbe rientrarci. Ne è passata di acqua sotti i ponti, da quando, io stesso, ragazzino di buone speranze, nuotavo spensieratamente nelle buone acque della Rari Nantes. Al massimo l'acqua era un po freddina, ma almeno c'era. Ma non c'era Abbanoa. Io, cittadino e acquanauta Cagliaritano, lancio provocatoriamente una proposta. Ognuno di noi, cagliaritani di vecchia e nuova generazione, ogni giorno, andando a lavoro o passando da quelle parti, porti, da casa sua, un bidoncino d'acqua nelle rispettive piscine in difficoltà, cosi, goccia dopo goccia, litro dopo litro, potremmo fare a meno del mostro idrovorico e potremmo ridare il sorriso ai nostri figli e agli amministratori delle piscine. Alternativa, iscrivere ed iscriversi, per praticare lo sport acquatico, alla prossima società sportiva "Abbanantes" o "Abbesperia".
Fabio Barbarossa