mercoledì 14 marzo 2018

Cara Mamma. Un giorno qualunque...



Una giornata uggiosa, il cielo coperto e gonfio di pioggia, il vento che urla la sua prepotenza su ogni cosa gli si pari davanti, un sole capriccioso che scompare e ricompare, quasi facesse un dispetto alla Terra. Una giornata strana. Una come tante. Poi passerà e tornerà il sereno. Mi adagio al momento e mi lascio cullare dalla tristezza. La mia tristezza, quella che parte dal mio cuore e non mi vuol lasciare. Una tristezza interiore che sa che non tutto tornerà come prima. Non splenderà il sole come prima. Non ci sarà più quel sorriso illuminante come il sole, che riscaldava e rischiarava la mia vita. Non ci saranno più quelle parole leggere e potenti allo stesso tempo, come una brezza o un soffio di vento. Non ci saranno più quelle mani che mi hanno accarezzato e stretto nella gioia e nel dolore.  Non ci sarà quella parola buona o quel consiglio o quel ammonimento che hanno guidato la mia esistenza. Non ci sarà più la mia adorata Mamma se non nel ricordo e nel pensiero. Tutto si ferma e si ridimensiona. Tutto ciò che è futile scompare e lascia spazio all'Onnipotenza dell’Universo e dell’Infinito. Solo li puoi cercare, e forse trovare, una ragione per cui vivere la tua vita. Conoscere la vita vuol dire accettare la morte. La Morte. Di per sé una parola che incute terrore, ma che porta a riflettere su tutto ciò che ci appartiene e che porterà via ciò che abbiamo di terreno per lasciare spazio ad un ricordo. Oggi sarei dovuto stare davanti a te, madre mia, come ho fatto ieri, in una stanza fredda e banale, piena di fiori e di dolore. Ma tu, non avresti voluto! Mi avresti detto che prima ancora di essere figlio, dovevo essere un uomo, e come tale avrei dovuto assolvere ai compiti che ogni uomo deve avere. Così sono qui. Nel mio ambulatorio ad assolvere il mio dovere. A dare una parola buona a chi ne ha bisogno. A ricevere l’amore e la comprensione di chi mi sta davanti, anche quando non riesco a trattenere le lacrime. Mi hai insegnato ad essere uomo, madre mia. Mi hai insegnato ad essere forte e coraggioso. Mi hai insegnato cos’è il senso del dovere ed il rispetto. Mi hai insegnato a vivere e a dare tutto me stesso con la ragione, ma soprattutto col cuore. Grazie di esserci stata e sono sicuro che il tuo sorriso brillerà di nuovo nella mia vita, non solo nei miei ricordi, ma in tutto ciò che vivrò sino alla fine dei miei giorni. Non piangerò perché tu non ci sei più, ma ringrazierò il Signore per avermi concesso il privilegio e l’onore di esserci stata e soprattutto di essere tuo figlio.

Ti voglio bene Madre mia.
Tuo per sempre

Fabio 

Scritta da me il 12 marzo, alle ore 10, a distanza di un giorno dalla morte di mia madre Silvia 

mercoledì 21 febbraio 2018

Una vita con i Carabinieri.


In quasi quarant'anni di professione di medico di famiglia ho lavorato a stretto contatto con tutte quelle figure che, a torto o a ragione, si considerano importanti per tutta la comunità: il Sindaco, il Prete, il Maestro, il Medico, i Carabinieri. Insieme abbiamo sempre svolto un ruolo portante per la nostra società inserendoci, e spesso interfacciandoci, su tutte le problematiche che di volta in volta interessavano la nostra comunità, grande o piccola che fosse. Insieme abbiamo cercato di collaborare, ognuno per la sua parte, per il bene di tutti e per garantire alla comunità quella dignità necessaria per una convivenza sana e pacifica. Con i Carabinieri, come Medici di Famiglia, ci siamo addirittura contesi il primato nel gradimento degli italiani. In tutto questo tempo ho conosciuto tantissimi carabinieri di cui custodisco gelosamente l'amicizia. Insieme ci siamo curati dei bisogni della gente con grande spirito di collaborazione e con quel tanto di abnegazione che ci ha sempre contraddistinto. In questi ultimi anni stiamo purtroppo assistendo ad un degrado della nostra società che spesso culmina in fatti di assurda stupidità e ingratitudine, in cui vengono coinvolte tutte le figure di base della comunità. Stiamo assistendo ad una persecuzione dei Sindaci, che spesso culmina in veri e propri attentati alla loro incolumità e a quella dei loro familiari. Stiamo assistendo a fatti delittuosi, che sempre più coinvolgono la scuola ad opera di studenti e genitori non degni del loro ruolo. Stiamo assistendo ad un degrado del Sistema Sanitario, sempre più in bilico sui bisogni di salute della gente. Stiamo infine assistendo ad una persecuzione di tutte quelle figure fondamentali nella sicurezza del territorio, in cui Carabinieri e Poliziotti, nell’ambito del loro ruolo di garanti della democrazia nazionale, vengono massacrati di botte da imbecilli di ogni genere. Per questo, al di la dei proclami e delle promesse elettorali, chi governerà avrà l’obbligo di ragionare su che tipo di società vogliamo, magari rivalutando, come colonne portanti, tutte quelle figure professionali e di educazione che hanno fatto della nostra Italia un modello di democrazia liberale invidiatoci da tutto il mondo. Non ci vogliono formule particolari o strategie fantascientifiche. È sufficiente impartire ai nostri figli dei concetti di base, semplici e impregnanti, che rispondano a due semplici parole: umiltà e rispetto. Solo così ci sarà la possibilità di riprendere quel discorso che si era momentaneamente interrotto e che c’era stato tramandato con tanti sacrifici e tanto impegno dai nostri Avi.

Fabio Barbarossa

venerdì 26 gennaio 2018

Tutti partimmo, e morimmo, a stento

Partimmo dall'essere abitanti di questa Galassia,  poi, col crescere del nostro piccolo cervello primordiale, diventammo umani. La stazione eretta e qualche neurone in più ci fecero diventare homo sapiens e con grande presunzione ci arrogammo il diritto di governare questo globo terracqueo che chiamammo Terra. Per questo ci definimmo terrestri. Da allora, utilizzando la nostra intelligenza emotiva e genetica, ci siamo differenziati per razza,  colore e appartenenza spirituale. Utilizzando poi la più comune caratteristica della razza umana, la stupidità, ci siamo uniti, poi divisi, poi uniti e poi divisi ancora. Ci siamo combattuti in guerre fratricide e ci siamo  poi uniti in appartenenze di comodo sino ai nostri giorni, convinti di esserci evoluti solo perché possiamo comunicare con le stelle e con l'universo. In effetti stiamo regredendo e l'umanità è in piena crisi confusionale. Tra poco l'Intelligenza Artificiale avrà il sopravento su di noi e ci caccerà via da questa terra con un bel calcio meccanico nel nostro di dietro, come parassiti indesiderati, e la politica internazionale ne sarà la catalizzatrice.

Fabio Barbarossa 

giovedì 16 novembre 2017

Ritorno a casa


Sono le 20.00. Arrivo solo ora casa. Da quando esercito la professione di medico, più o meno 35 anni, è una delle tante giornate. Partenza all'alba e il solito viaggio di circa un'ora tra valli e colline della mia terra. Spesso il viaggio è un momento di relax. Penso al lavoro, cerco di risolvere qualche problema dei miei clienti, ricevo e faccio telefonate, chiaramente col vivavoce della mia auto. Ascolto la radio e qualche volta intervengo in diretta quando gli argomenti suscitano il mio interesse. Quando poi inizia il mio lavoro, che sia in ambulatorio o in visita domiciliare, è come entrare in un teatro dove sei coattore in innumerevoli scene, alcune volte drammatiche, altre comiche, altre ancora tragicomiche. Non sai mai quale sarà il tuo copione, a meno che questo non sia stato già scritto nel tempo. Diversamente dal teatro, in queste scene non ci sono gli spettatori. È una recita a due, qualche volta a tre, che avviene tra quattro mura e che può concludersi in quella o in altre sedi, magari a puntate come negli sceneggiati televisivi. Come in tutte le pièces teatrali può capitare di commuoversi, di piangere o di ridere, a seconda delle scene o del contesto. Ma tutto deve avvenire nel rispetto reciproco e di tutto ciò che è umanamente accettabile. Si deve parlare, ma è più importante saper ascoltare. Devi essere umile e rispettoso. Devi saper aprire il tuo cuore e spesso le tue braccia, affinché chi si rivolge a te si senta al sicuro, capito e protetto. Prima ancora che medico devi essere uomo. Padre, figlio, fratello, amico non ha importanza. Ciò che conta e' concludere la giornata con la coscienza a posto e con quel minimo di serenità che ti faccia sentire importante e partecipe della vita e del tempo che fugge. Tutto questo da la carica per poter affrontare un altro giorno con orgoglio, grinta, forza, ma soprattutto amore. 


Fabio Barbarossa

mercoledì 8 novembre 2017

Viva l'Italia

Nel discorso inaugurale del suo insediamento, il Presidente degli USA, John F. Kennedy, il 20 gennaio 1961, tra le altre cose disse: “non chiedete cosa il Vostro Paese può fare per Voi, chiedete cosa Voi potete fare per il Vostro Paese”. Dopo tanti anni queste parole sono ancora scolpite nella pietra a imperitura memoria per tutta l'Umanità. Continuiamo a chiederci cosa l'Italia, cosa la politica possano fare per noi e, in una sorta di delega in bianco, affidiamo casualmente ad altri ciò che ci riguarda e spesso ci compete. L'Italia siamo noi. La politica, dal greco Politike, è l'arte che attiene alla Città-Stato. Per intenderci, è la Tecnica di Governo della Società. Deleghiamo altri a decidere della nostra vita e di quella dei nostri figli, dimenticando che spesso siamo noi gli artefici del nostro destino e che nella scelta di chi ci governa, e di chi ci governerà, sta il segreto del nostro benessere. Pertanto, nel prossimo futuro, quello politico e patriottico, non chiediamoci più cosa l'Italia e la politica possano fare per noi. Chiediamoci piuttosto cosa noi possiamo fare affinché dalla nostra partecipazione possa scaturire tutto ciò che potrà ridare, alla nostra Patria e alle nostre Genti, quell'orgoglio di appartenenza che ci è stato tramandato sino ad oggi dai nostri Magnifici Avi.

Fabio Barbarossa

lunedì 6 novembre 2017

Il Destino

In definitiva: 
- Cosa siamo?
- Qual è il nostro ruolo?
- Qual è il nostro contributo alla società, alla famiglia, alla nostra stessa vita?
- Cosa rimarrà di noi? 
- Quali tracce lasceremo e soprattutto chi le seguirà?
Siamo stati buoni figli? Buoni genitori? Buoni cittadini?



A queste domande potrebbero esserci innumerevoli risposte e tutte quante legate alla nostra cultura, alla nostra esperienza, alla nostra vita.
Ma spesso la risposta e' solo una: la casualità.
La definizione di casualità e' tutto ciò che avviene non voluto o programmato e che non è controllabile dalla nostra volontà in quanto imprevedibile.
Si sono scritti fiumi d'inchiostro sul concetto di caso e i migliori filosofi, recenti e passati, si sono arenati nella sua stessa definizione.
Il caso e' un avvenimento che si verifica senza una causa definita o identificabile, oppure ad ogni accadimento corrisponde una precisa causa.
Per questo l'uomo moderno ha inventato una scienza, solo in apparenza esatta: La Statistica.
La definizione di statistica e' che questa sia una disciplina che ha come fine lo studio quantitativo e qualitativo di un fenomeno, in caso di non conoscenza di questo o di parte di esso.
Quindi tutto ciò che succede nella nostra vita, data la condizione in cui questa spesso avviene, si può riferire ad un fatto casuale? E che l'unico riferimento accettabile sia quello statistico?
Tante volte mi viene da pensare che sia proprio così. E non solo nella mia vita privata. 
Nella mia esperienza personale di medico il concetto di casualità e' insito nella stessa medicina e nella sua stessa definizione di scienza non esatta, dove la casualità viene sempre più spesso rappresentata dalla statistica sanitaria.
Se si chiama “arte medica” ci sarà pure un motivo. Il medico infatti e' un semplice artista con tutti i suoi limiti e difetti.
Che un infarto del miocardio od un ictus cerebrale si presentino con una percentuale ( x ) ci può anche andar bene su base statistica, altrettanto non ci va bene se la stessa si vede su base individuale dove spesso chi contrae la malattia aveva un regime ed uno stile di vita decisamente migliore di chi invece aveva tutti i fattori di rischio.
La stessa cosa vale per l'infortunistica stradale e per tantissimi altri fatti.
In definitiva, alle domande iniziali non c'è una risposta univoca, ma una serie di risposte che sono il risultato di fatti casuali più o meno fortuiti.
Ciò comunque non vuol dire che la nostra vita non debba avere un senso.
Al contrario, attaccarsi e partecipare alla propria vita e’ il miglior modo per combattere una sorte nemica e ancor più spesso maligna.

Fabio Barbarossa
22 ottobre 2017

domenica 5 novembre 2017

Small part of our heart

Quanto difficile e ingiusta può essere la nostra vita. Malgrado tutto, dentro di noi, in una piccola parte del nostro cuore, c'è un piccolo spazio in cui ci rifugiamo alla ricerca di un ristoro dell’anima e di un equilibrio che spesso perdiamo. In questo piccolo spazio è presente un grande universo di amore e amicizia che ci ridanno la voglia di vivere e di affrontare tutto ciò che la vita ci prospetta. È proprio in quest’ottica che vorrei augurarvi una buona giornata. Vi abbraccio tutti.
Fabio Barbarossa

venerdì 3 novembre 2017

E' successo a Cagliari

È successo ieri sera a Cagliari. Mentre alle 20 circa percorrevo sovrappensiero via Sassari, incrocio un distinto signore con i cappelli bianchi e in compagnia di una signora. Lo guardo passare, poi l'illuminazione:


- Professor Gessa? È lei?

Il distinto signore si gira e mi guarda con un sorriso.

- Si, sono io
- Che piacere incontrarla. Tantissimi anni fa sono stato suo discepolo e di questo sono onorato.

Il Professore mi sorride divertito e dice alla sua signora:

- Sicuramente gli ho dato un bel voto.
- Professore, lo sa che lei è vivo per merito mio?
- Davvero? – risponde stupito.
  Perché?
Lo stesso stupore contagia anche la sua signora.

- Tantissimi anni fa, dopo lunga e sofferta interrogazione in farmacologia, lei mi sconsigliò di accettare il voto perché sarebbe stato molto basso e mi avrebbe abbassato la media. Mi propose di presentarmi il mese successivo per risostenere l'esame preparando solo un argomento a mia scelta. Accettai la sua proposta.

Il professore mi guarda con curiosità e mi invita a continuare.

- Due giorni prima dell'esame, mentre di notte ascoltavo la radio regionale, la tragica notizia: “ancora vane le ricerche del noto farmacologo Gian Luigi Gessa, disperso nel golfo di Cagliari in una escursione col suo Windsurf “. Il sangue mi si gelo’ nelle vene. Come avrei potuto dire al suo vice, Professor Tagliamonte, che lei mi aveva promesso di farmi una domanda a piacere? Non ci avrebbe mai creduto. E allora mi misi a pregare per tutta la notte affinché l'esercito di marinai la ritrovasse. E grazie a Dio, in mattinata arrivò la notizia che lei venne ritrovato, stanco, intirizzito, ma VIVO!

Il Professor Gessa e la sua signora erano sinceramente divertiti.

- Ti ricordi, Gian Luigi? Ti ritrovarono vicino a Pula.
Dopo aver riso insieme e dopo aver manifestato il mio orgoglio per averlo avuto come docente, mi sono presentato con nome e cognome e ci siamo salutati con una calorosa stretta di mano.
Grazie Professore. È un onore averla incontrata.

Fabio Barbarossa 

mercoledì 18 ottobre 2017

L'Italia va a fondo nel mare dell'indifferenza.

Quando tutto sarà finito, molti tireranno un sospiro di sollievo, altri diranno “ io l'avevo detto“, altri ancora saranno talmente annichiliti da non rendersene conto. 
Povera Italia. 
Quanto ci hai voluto bene. Quanto hai sacrificato te stessa per darci una casa e un futuro nobile e dignitoso. Quanto sangue e' stato versato in tuo nome da chi ti ha amata più di ogni altra cosa al mondo. Il mare che ti circonda, che ti diede la vita e che sempre ti aveva protetta, e' diventato il tuo nemico, il tuo calvario, la tua tomba. E tutto questo nell'indifferenza degli uomini, o presunti tali, che nel tempo ti hanno negato persino l'onore e il decoro di piangere con dignità. Che cosa sei diventata, amata terra mia? Chi asciugherà le tue lacrime? Chi allevierà il tuo dolore? Chi tenderà la mano per farti risalire la tragica china? Chi ti vorrà nel cuore, protetta e amata come una vecchia Madre? 
Io ci sarò sempre, Madre Patria mia, 
e finché scorrerà sangue italico nelle mie vene, non ti lascerò mai sola e farò per te quello che i miei avi fecero prima di me: 
quando tu vorrai, consegnerò la mia vita tra le braccia della tua Terra.

Fabio Barbarossa
  

venerdì 29 settembre 2017

buonanotte












Quando il Sole va a dormire, e la Luna 🌜 è ancora in cielo, 
quando il tempo scorre lento, rallentando il tuo pensiero, 
quando il giorno va a finire, alleviando le tue ire, 
solo allora sei contento che la notte sia in procinto, 
di portarti, piano piano, nel tuo mondo prediletto, 
sul cuscino, sopra il letto. 

                                                      
Fabio Barbarossa 

E' in gioco la nostra salute

Tempo fa nella nostra bella Italia bastava affacciarsi alla finestra, o fare una passeggiata in un parco, per godere dello spettacolo della natura e di questa sentirne aromi e profumi. L'inquinamento era prerogativa eccezionale solo di certe zone ed era legato all'incuria dell'uomo, non certo per colpa della natura. Sempre più spesso l'eccezione sta diventando la regola e può capitare che anche città metropolitane come  Cagliari e dintorni siano quotidianamente sotto assedio ambientale a causa di incendi dolosi reiterati o da parte di industrie confinanti che prediligono il lucro piuttosto che la salute e il benessere popolare. È di questi giorni l'incendio di una discarica a cielo aperto della zona di Molentagius a Quartu Sant'Elena, come sono di questi giorni gli incendi nei vari campi nomadi finalizzati al recupero e vendita di metalli dalla combustione di pneumatici e plastiche varie. Tutto ciò ha comportato persino l’ordinanza di  chiusura di alcune scuole e il consiglio alla popolazione di barricarsi dentro casa per la presenza di elementi tossici nell'aria, soprattutto della famigerata diossina. Per combattere tutto questo ci sono le autorità preposte che anche senza mezzi fanno quello che possono. Ma non basta il loro intervento. Occorre la denuncia pubblica. Occorre la denuncia del singolo, come ho fatto io i giorni scorsi, chiamando i Carabinieri e i Vigili del Fuoco per una colonna di fumo nero e tossico che si elevava da un campo nomadi sulla SS 387, ma soprattutto la denuncia della comunità nel suo insieme. Il singolo cittadino può anche essere neutralizzato con inadempienze politiche e/o burocratiche, il popolo NO! In ogni momento il popolo può fare ricorso ai suoi diritti e pretenderne l'osservanza da parte delle autorità di ogni genere e grado, specialmente quando sono in gioco la salute e la libertà  nostra e dei nostri figli. Pertanto, senza alcuna paura, per i nostri figli, vigiliamo e denunciamo tutto ciò che non va e potremmo di nuovo sperare in una passeggiata all'aria aperta, magari tenuti per mano con i nostri figli o  nipoti e senza dover per questo rischiare la nostra vita e quella dei nostri cari.


Fabio Barbarossa. 

Pubblicato AD MAIORA MEDIA del 28 settembre 2017

mercoledì 13 settembre 2017

La tovaglia

Malgrado tutto, il secolo scorso, sin dal suo esordio, non fu un secolo tranquillo. Ben due guerre mondiali si avvicendarono mettendo a dura prova gran parte della popolazione mondiale e  imponendo a questa ogni tipo di privazione fisica e spesso affettiva. Coloro che sopravvissero rimasero marchiati per sempre da questo dramma e dovettero modificare, loro malgrado, la loro stessa vita. Nei miei ricordi, più o meno a metà degli anni sessanta, era sempre presente una tovaglia. Già. Una bellissima tovaglia a quadri azzurri come il mare,  ricamata e colorata, con un dritto e un rovescio. Questa tovaglia veniva usata da mia nonna nelle grandi festività dove, tra figli e nipoti, ci riunivano per pranzare o cenare insieme. Solo in queste occasioni  questa tovaglia veniva utilizzata, in tutto il suo splendore, dalla parte buona e quindi al dritto. In quell’immediato dopoguerra le risorse erano limitate e anche i più poveri osavano manifestare, con orgoglio e dignità, la loro rivalsa contro un periodo buio della loro vita. Per questo anche una semplice tavola imbandita e con una bella tovaglia colorata poteva ridare fiducia verso un futuro incerto ma luminoso. Nel tempo questa tovaglia invecchiò e poteva succedere che nelle festività successive comparisse sulla stessa, prima un rammendo, poi una pezza, poi tanti frammenti della stessa adibiti a stracci da usare in diverse e meno dignitose occasioni. Quella tovaglia è diventata il filo conduttore della mia vita  e mi ha insegnato tante cose. Mi ha insegnato che la mia vita è come quella tovaglia. Che non ne abbiamo altre a disposizione e che dobbiamo fare conto sulla stessa. Che non bisogna mai aspettare le grandi occasioni per viverla, ma che la quotidianità è il vero senso della vita. Che inesorabilmente,  la si usi al dritto o al rovescio, invecchierà e comunque arriverà alla sua fine e che anche con rammendi o pezze o semplicemente in piccoli frammenti, varrà la pena viverla sempre con orgoglio e dignità.


Fabio Barbarossa

In spite of everything, the last century, since its inception, was not a quiet century. Two world wars alternated, putting a great deal of the world population to the test and imposing every type of physical and often emotional deprivation on it. Those who survived were forever marked by this drama and had to change their own lives in spite of themselves. In my memories, more or less in the mid-sixties, there was always a tablecloth. Already. A beautiful blue check tablecloth like the sea, embroidered and colored, with a front and a reverse. This tablecloth was used by my grandmother in the great holidays where, between children and grandchildren, we gathered to have lunch or dinner together. Only on these occasions this tablecloth was used, in all its splendor, on the good side and therefore on the obverse. In the immediate post-war period, resources were limited and even the poorest dared to show their revenge against a dark period of their lives with pride and dignity. For this reason, even a simple table set and with a beautiful colored tablecloth could restore confidence towards an uncertain but bright future. Over time this tablecloth aged and it could happen that in the following holidays it appeared on it, first a mending, then a piece, then many fragments of the same used as rags to be used in different and less dignified occasions. That tablecloth has become the common thread of my life and has taught me so many things. It taught me that my life is like that tablecloth. That we do not have others available and that we must rely on it. That you never have to wait for great opportunities to experience it, but that everyday life is the true meaning of life. Whether inexorably used upside down or backwards, it will age and in any case it will come to its end and that even with mending or patches or simply in small fragments, it will always be worth living it with pride and dignity.



Fabio Barbarossa

martedì 29 agosto 2017

Strana società, la nostra.

Quando pensi di aver visto il peggio, magari attraverso i fatti cronaca recente o la storia del secolo scorso, ti ricredi, perché il peggio deve ancora venire. Dice un proverbio che al peggio non c'è mai fine, ma qui si va decisamente oltre le aspettative. Sorvolando sui disastri del secolo scorso, sono stato testimone a partire dalla metà di tale secolo e avrei tanto da raccontare, questo secondo millennio pare ci voglia sbalordire con effetti speciali e fatti che denotano quanto l'essere umano, salvo rare eccezioni, sia in balia di un delirio di onnipotenza collettiva e di una sindrome di demenza senile, meritevole di trattamento sanitario obbligatorio. Gli esempi si sprecano. Ce ne sono per tutte le taglie e le misure. Provo a citare quelli che maggiormente mi hanno colpito. Kim Jong Un. Vi dice qualcosa? Ve lo presento. E' il sostenitore della terza guerra mondiale, ma solo per questioni di principio. Ormai da diversi anni gioca a bowling con i suoi missili balistici abbattendo i birilli della pazienza e della sopportazione di chi malauguratamente gli sta vicino. Il tragico è che prima o poi, per un calcolo delle probabilità, farà strike. Il suo compagno di gioco è altrettanto conosciuto, si chiama Donald Trump, e se non fosse per la tragicità della cosa, sembrerebbe di trovarsi occasionalmente in un film comico. Lo stadio definitivo dell'evoluzione umana: il Fantozzi. Ma anche noi italiani non siamo da meno. Se dovessi soffermarmi su nomi e cognomi, per esempio dei politici italiani, probabilmente non mi basterebbe una piccola Divina Commedia. Però ci voglio provare lo stesso. Toscano di nascita, giovane anagraficamente, con il pallino della rottamazione, coerente con le sue affermazioni, soprattutto quando tratta di questioni politiche. Due possibili carriere, da una parte il politico dall'altra il comico. Pare che ultimamente prevalga la seconda. Indovinato? Matteo Renzi, famoso per la sua politica e soprattutto per la sua capacità di dialogare nelle sedi internazionali in un impeccabile inglese. In ogni caso, mentre lui distocicamente passava dalla politica alla comicità, in altri lidi avveniva l'esatto contrario. Comico di innegabile valore e acuzie, disinvolto nell'affrontare argomentazioni politiche e pratiche, dopo aver trattato di tutto ciò che non andava in Italia, al grido di "Ve la dò io la politica" si è concesso, cuore e anima, per la sorte del Paese. Vi aiuto. Ha il nome di un un insetto della famiglia degli ortotteri del sottordine Ensifera. Indovinato? Si, è propio lui. Grillo. Solo che ancora oggi non so se apprezzarlo di più come politico o come comico, anche se mi fa ridere in tutt'e due i casi. Dopo aver sorvolato a volo radente la politica internazionale, vorrei soffermarmi su altri fatti che hanno suscitato la mia attenzione. Prevalentemente rabbia. Che il mondo politico e le trasmissioni varie offerteci dai media, pubblici e privati, faccia uso di esperti e psicologi di varia origine e natura, è un dato di fatto. Ma che un imbecille cialtrone, su facebook, rispondente al nome di Abid Jee, di professione Mediatore Culturale per una cooperativa sociale Bolognese, che si occupa di gestione dei migranti e studia giurisprudenza, dal basso della sua stupida ignoranza affermi che, in relazione al terribile e vergognoso stupro di Rimini, "Lo stupro è un atto peggio ma solo all'inizio, una volta si entra il pisello poi la donna diventa calma e si gode come un rapporto sessuale normale". Questo No! No e poi no! E ancora No! Non ci sto. Se questa società in qualche modo non si scrolla di dosso questa feccia, ho paura che ci sia poco da fare, e mi viene in mente che se devo insegnare ad una scimmia come salire sugli alberi e possibile che questa si estingua. Questo è il peggio, e mi viene difficile pensare che questo non sia il limite.

Fabio Barbarossa


sabato 19 agosto 2017

Terrorismo VS Umanità

Bruxelles, San Pietroburgo, Parigi, Berlino, Londra, Barcellona. Il copione e' sempre lo stesso. Attentati alla vita e alla libertà dei popoli che attraverso spargimenti di sangue e di morte, con motivazioni pseudo religiose o politiche, mirano a destabilizzare millenni di evoluzione umana. E lo fanno attraverso la negazione della cultura e della vita stessa, illudendosi che bastino considerazioni deliranti e demenziali  per poter condizionare la sorte dell'intera umanità. Per contro, questa reagisce attraverso diverse fasi che rientrano nell'elaborazione del lutto,  più che in una reazione coordinata e condivisa che sarebbe di per se sufficiente a spazzare via tutti i problemi.
• La prima fase e' una reazione psicotica di negazione o di rifiuto della realtà dei fatti. Non si vuole accettare che dei pazzi fanatici abbiano dato la morte a vittime innocenti senza nessun motivo, se non quello della follia e dell'instabilità mentale.
• La seconda e' la fase della rabbia in cui ci si chiude in se stessi alla ricerca interiore o esteriore delle proprie responsabilità.
• La terza fase e' quella che, attraverso una rivalutazione delle proprie risorse e un riacquisto dell'esame della realtà, porta alla:
• quarta fase, quella della depressione, dove si diventa consapevoli di non essere gli unici ad avere quel dolore e si considera la morte, anche attraverso le stragi, come inevitabile.
• Solo nella quinta e ultima fase, quella dell'accettazione del lutto, si diventa consapevoli della perdita e si accettano le differenti condizioni di vita derivanti.

L'intento del terrorismo, di qualunque matrice esso sia, e' proprio questo, costringere i  popoli ad accettare le condizioni di vita da loro imposte utilizzando la quarta fase, quella depressiva e dei sensi di colpa, come leva per poter scardinare l'orgoglio e l'evoluzione dell'intera umanità. Solo dall'unione dei popoli e delle loro culture si potranno avere le reazioni di difesa e l'immunità necessaria a progredire in pace per il resto della nostra difficile esistenza nell'Universo.

Fabio Barbarossa