venerdì 11 marzo 2016

su molenti sardu

Autonomia della Sardegna.

I Sindaci sardi chiedono allo stato di non essere abbandonati. Abbandonati da chi? Quale stato? Quale abbandono?
Forse noi sardi non ci siamo ancora accorti che l’abbandono non è avvenuto da parte dello stato, bensì a causa del nostro stesso, volontario, isolamento. Da tutti coloro che, dal  26 febbraio del 1948, anno in cui è stata approvata la legge di Autonomia della Sardegna, si sono avvicendati nel governo regionale con una serie di leggi e provvedimenti anomali, o decisamente sbagliati. Da allora abbiamo assistito, con la proverbiale indolenza e litigiosità che ci contraddistingue come popolo, al deterioramento e allo sfascio di tutte le potenzialità e risorse che avevano fatto della Sardegna una terra meravigliosa, unica, ricca di bellezze naturali e abitate da genti che erano riuscite, malgrado tutto, a preservarle. La politica regionale, non molto tempo fa, sosteneva che il futuro dell’isola si sarebbe fondato su un polo industriale petrolchimico,  su ricerche minerarie simili alla corsa dell’oro del Klondike, sulla produzione e vendita di bombe a mano, sull’assistenzialismo, meglio dire elemosina, della Comunità Europea. Tutto questo oggi si scopre essere la causa del disastro economico ambientale. Devastazioni di ogni genere. Strade statali, come la Carlo Felice 131, che in quanto a ritardi fa impallidire la Salerno Reggio Calabria. Inquinamenti ambientali senza rimedio, come la Miniera d’oro di Furtei. Disoccupazione giovanile al primo posto nella Comunità Europea, sotto di noi solo la Grecia. Instabilità economica e incertezza della sostenibilità del Sistema Sanitario Regionale. Calo demografico come conseguenza della più grande emigrazione  dei sardi dal dopoguerra ad oggi. E quindi, inesorabilmente, ecco il riapparire di una serie di personaggi: i cosiddetti Esperti della domenica. Gli esperti in acqua calda. I grandi scienziati dell’ovvio, esperti in Tuttologia. Cosa fanno? Si riuniscono in Convegni, a spese nostre, per pontificare che bisogna puntare su agro alimentare, turismo, artigianato. Grazie al cavolo. Lo sapeva anche il Signor Piga di Armungia di 102 anni. Che la Sardegna deve investire su piccole e medie aziende. Rigrazie al cavolo. Lo sapeva anche la Signora Simbula di San Nicolò Gerrei di 100 anni. Cosa fanno ora i politici, sempre gli stessi da oltre 30 anni, a mo di grandi luminari della salute? Fanno ricette. “Serve un altra idea di sviluppo. Il cammino sarà lungo” dicono. “Il Mezzogiorno deve ancora puntare sul modello di sviluppo industriale” insistono. Meno male che poi, dopo tutta questa scorpacciata indigesta di elucubrazioni,  gli esperti isolani e di tutto il mondo si confronteranno a Cagliari, in un Convegno Internazionale, per stabilire se noi, diffidenti e ignoranti isolani, ci fidiamo ancora dell’Autonomia Speciale che la Costituzione ci concede. E c’è bisogno di fare un convegno? Lo dico io. No! E come disse il signor Cubeddu di Ballao in simili circostanze, senza particolari studi di economia industriale ma con grande senso pratico, “Su molenti sardu du incosciasa un’otta scetti“ che in termini di economia ed alta finanza significa che non si devono rifare gli errori del passato. Concordo pienamente con lui.



Fabio Barbarossa

(Pubblicato su L'Unione Sarda del 20 marzo 2016)

giovedì 3 marzo 2016

magna testicula

Già nel 360 a.C., Platone in un celebre passo del Timeo (dialogo), così scriveva: "Nelle donne la cosiddetta matrice e la vulva somigliano a un animale desideroso di far figli, che, quando non produce frutto per molto tempo dopo la stagione, si affligge e si duole, ed errando qua e là per tutto il corpo e chiudendo i passaggi dell'aria e impedendo il respiro, genera il corpo nelle più grandi angosce e genera altre malattie di ogni specie".
L’Utero (στρα,hystera), nell’immaginario collettivo, era la causa di una psiconevrosi, l’Isteria, malattia appartenente esclusivamente al mondo femminile.
Ben poco sapeva Platone, e forse per nulla immaginava, che nei millenni le sue teorie sarebbero tornate in auge e che l’isteria avrebbe colpito gran parte del corpo politico italiano e di tutti coloro che a questo si affidano.
Ben poco sapeva di contrattazione immobiliare del suo Ystera, e per nulla immaginava che l’utero in affitto sarebbe diventato argomento di discussione e trattativa ben prima dei problemi che attanagliano la società italiana come disoccupazione, crisi economica, crisi sociale. La maternità surrogata sarebbe diventata oggetto di trattativa politica e legislativa. Nella sua scarsa lungimiranza, il Pensatore, riteneva che per la procreazione sarebbe stato sufficiente un hystera cum ovarium et  penis, possibilmente erectus, con annessi magna testicula. E qui si sbagliava. L’utero di proprietà non è più necessario. Nel mondo immobiliare ce ne sono tanti in affitto singoli o plurifamiliari, termoriscaldati, panoramici, ottimamente arredati e rifiniti e, soprattutto, a basso costo. In quanto a magna testicula, non c’è che l’imbarazzo della scelta. 

Fabio Barbarossa

(pubblicato su L'Unione Sarda 9 marzo 2016)

mercoledì 27 gennaio 2016

oscurantismo politico


Prima fu l’Oscurantismo Clericale, che nel Medio Evo occidentale determinò un decadimento liberale, culturale e di libero pensiero, anteponendo i limiti della teologia del tempo alla cultura illuministica e positivistica degli intellettuali e del pensiero umano. Tutto questo attraverso l’inquisizione e la  negazione del pensiero innovativo, in netto contrasto con l’integralismo religioso. Ci vollero secoli e tantissime battaglie umane e culturali per affrancarsi dall’arretratezza e approdare nell’età moderna e in quella che dovremmo definire contemporanea. Ci vollero tanti secoli e tanti sacrifici, spesso a costo della vita dei liberi pensatori, per riaffermare concetti e pensieri che hanno portato l’occidente all’esaltazione della scienza, della tecnica e di tutto ciò che hanno fatto della nostra Società una società libera, liberale e moderna. Ben lungi dall’essere scomparso, l’oscurantismo si ripresenta in forma larvale in altre facce della nostra epoca. Recentemente la stessa politica italiana, quella becera e illiberale, persegue logiche oscurantiste e di potere per poter affermare condotte centraliste che hanno come obbiettivo il contrasto alla divulgazione di idee liberali, moderne, o semplicemente in contrasto con le norme imposte dallo Stato. Altri esempi non mancano, anche in epoca contemporanea. Dalla Cina alla Corea del Nord, dalla Siria a gran parte dei paesi arabi, dalla Libia a tutto il resto del Nord Africa. In questi frangenti, forse in una sorta di delirante auto castrazione e di eloquente sottomissione, la politica italiana, attraverso il suo governo, ridicolizza e polverizza  secoli di evoluzione culturale e, in occasione di una visita di stato del Presidente iraniano Rohani, maschera alcune statue di nudi di inestimabile fattura per non farlo arrossire ed eventualmente indispettire. Una cosa è certa. Anche in questa circostanza il governo italiano non perde occasione per far ridere il mondo, incrementando le dicerie che ci fanno apparire universalmente come un popolo di pavidi idioti. Grazie Renzi.


Fabio Barbarossa

(Pubblicato su L'Unione Sarda del 29 gennaio 2016)

lunedì 4 gennaio 2016

il giuramento di Crapulone

Dopo lunga riflessione, tenuto conto della situazione contingente che mi ha portato a variare, anche se temporaneamente, il mio stile di vita, in considerazione delle variazioni ponderali false e tendenziose, certificate da una bilancia sicuramente di sinistra, malgrado il notevole incremento dell'attività fisica dei muscoli masseteri (per intenderci quelli della masticazione), ho deciso, confortato dal benestare dei miei jeans e delle maglie invernali ormai al limite della capienza, giurando con la mano destra posizionata sull'ultimo panettone Motta sopravvissuto alla strage degli ingredienti, ripromettendomi di liberare, in uno scatto di orgoglio, tutte le noccioline, i fichi secchi, le noci, i datteri, le prugne, l'uvetta passa e tutto ciò ancora rimane nelle ceste natalizie, di iniziare il mio percorso dietetico irto di sacrifici e privazioni, utilizzando il cilicio del pane integrale, del brodino vegetale, del filetto di pollo e della platessa dei Mari del Nord. Consapevole che non si vive di sola sugna e che il maiale può essere considerato anche un animale domestico, oltreché un parente stretto o un amico, lascio temporaneamente questo mondo di piacere per ritirarmi in un eremo di privazione e riflessione. Un dietetico abbraccio a tutti voi. 
Fabio Barbarossa
O quello che ne rimarrà.

lunedì 16 novembre 2015

Viva la Francia

Nato nel 1954, per poco meno di un decennio, mi sono salvato da una guerra mondiale. Questo mi differenzia da miei nonni e da mio padre che hanno partecipato rispettivamente alla prima e alla seconda guerra mondiale. Mi sentivo quasi privilegiato e fortunato per non aver dovuto vivere e soffrire per tutto ciò che comporta una guerra. Carestia, dolore, lutto, perdita della libertà e della dignità, erano solo un triste ricordo nei racconti, spesso incredibili, di chi la guerra l'aveva vissuta in prima persona. Ero convinto che la pace dei popoli, raggiunta e scritta col sangue delle vittime innocenti, fosse solo un brutto ricordo dell'umanità, una macchia della coscienza universale, e che il dolore e il deterrente nucleare, avrebbero relegato ogni velleità di potere, con annessa aggressività, all'ultimo posto nei pensieri degli uomini di buona volontà. Mi ero anche illuso di poter trasmettere ai miei figli ciò che i miei genitori mi avevano consegnato con grandi sacrifici. Oggi, anche a seguito dei drammatici fatti di Parigi, ho la sensazione che la realtà sia ben diversa. Che ormai, da anni, viviamo nel pieno di una guerra mondiale dove le armi sono in prevalenza il potere economico, l'egoismo e la prevaricazione dei diritti essenziali. Il terrorismo non è altro che un detonatore che inesorabilmente farà scoppiare la terza guerra mondiale. Quella convenzionale. Le armi non sono altro che un tramite. Uno strumento di dialogo e il sangue l'inchiostro per scrivere futuri trattati di colpe e discolpe. L'umanità ha un difetto di fabbrica. Un difetto che si ripresenta ciclicamente. Un peccato originale che la conduce inesorabilmente alla periodica distruzione. Il difetto più grande però non e' l'estinzione, ma la rinascita che, facendola risorgere dalle ceneri, la riporta nuovamente nel baratro dell'autodistruzione. 
Fabio Barbarossa.


Pubblicato nel Bollettino dell'Ordine dei Medici della Provincia di Cagliari
Dicembre 2015

martedì 3 novembre 2015

Anche questa giornata, faticosamente, volge al termine


Tante vite, tante storie che si accavallano in un vortice di emozioni. Storie di ogni genere raccontate o vissute in prima persona. Storie interessanti, felici o tragiche, che riempiono la vita di chi le ha vissute, o anche semplicemente di chi, come me, le ha ascoltate. Fare il medico  vuol dire anche questo. Vuol dire avere il privilegio, e spesso il peso, di vivere insieme alla gente comune, quella di tutti i giorni per intenderci. Vuol dire sorridere o piangere, senza vergognarsi. Vuol dire aiutare chi ne ha bisogno, ma soprattutto chi non te lo chiede. Vuol dire amare senza condizioni, anche quando il peso delle tue responsabilità o il dolore e le emozioni ti porterebbero a fuggire lontano. Vuol dire sentirsi ancora gratificati e felici nel ricevere un ringraziamento con un sorriso o una bottiglia di olio buono. Vuol dire capire, per poter spiegare a chi ne ha bisogno, quali sono le strade della vita. Vuol dire sapersi emozionare per le cose che per altri sono insignificanti, ma che provengono dal profondo del cuore della gente. Vuol dire soffrire per gli altri come soffriresti per un proprio caro. Vuol dire donare quello che si possiede anche quando ti rimane poco o niente. Vuol dire credere in un futuro migliore, e qualche volta consolare chi ha perso ormai ogni speranza. Vuol dire vivere con sentimento e determinazione la propria vita per essere consapevoli di lasciare un ricordo, una traccia da seguire, per chi verrà dopo. Vuol dire stare attenti a dove metti i piedi perché le nostre orme saranno seguite dai nostri figli. Vuol dire, in definitiva, vivere ed amare la vita con tutto quello che ci riserva e per questo comunque ringraziare per aver avuto il privilegio e l’onore di esserci stati.
Sempre vostro. Umilmente.
Fabio Barbarossa


2 novembre 2015

lunedì 2 novembre 2015

la sanità demedicalizzata

Tra poco scomparirà la vecchia cara ricetta rosa, sostituita da un anonimo foglio bianco. La chiamano ricetta dematerializzata e chi non si adegua sarà oggetto di pesanti multe e addirittura la revoca della convenzione. Per 209 prestazioni sanitarie sarà particolarmente difficoltosa la prescrizione, pena sanzioni e ammende al medico che prescriverà ancora per scienza e coscienza. I medici non potranno avere una opinione personale, sempre per scienza e coscienza, per ciò che concerne le vaccinazioni, pena la radiazione dall'ordine professionale. L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha posto l'allarme sul consumo delle carni rosse, quali causa indiscussa del cancro dell'intestino, e i medici sono già subissati di domande da parte della gente in piena crisi di panico. Probabilmente verrà proposto un piano di disintossicazione con introduzione graduale di
scarafaggi e insetti vari. I medici consiglieranno la carne rossa a porte chiuse e saranno perseguitati gli obbiettori di bresaola. L' Associazione Nazionale per la difesa del Pollo e del bestiame a carne bianca entreranno in agitazione per la grave azione persecutoria nei confronti dei loro associati, accusando l'OMS di discriminazione bestiale. La malavita organizzata si dedicherà al traffico e spaccio di salsiccia e prosciutella. Insomma, ho l'impressione che più che di dematerializzazione delle ricette rosa si potrebbe parlare di decerebrazione di certa classe politica e demedicalizzazione della sanità italiana. 
Sempre vostro. 
Fabio Barbarossa

martedì 27 ottobre 2015

Mani

Quelle mani di donna che stringevano le mie, con tenerezza, che diventava forza se mi allontanavo, sono ancora nella mia mente e nel mio cuore. Mani piccole, vissute, segnate dal tempo e dalla vita. Una vita vissuta nel lavoro e per la famiglia. Mani che hanno accarezzato il volto dei figli e dei nipoti, protese verso l'amore. Mani ossute, sempre pronte a lenire il bisogno del suo prossimo attraverso una carezza. Qualche giorno fa quelle mani cercavano di trasmettermi delle parole quando ormai la sua voce non riusciva più a trovare la strada naturale. Quelle mani parlavano, direttamente col mio cuore. Insieme ad un sorriso mi dicevano che la sua vita sarebbe finita tra poco, che il suo cuore era troppo stanco. Mi ringraziava per ciò che facevo e mi consolava sapendo che non avrei mai potuto ridarle la vita. Chiedeva solo amore e dignità. Oggi ho stretto nuovamente quelle mani. Erano fredde, senza un sorriso. Avevano appena lasciato questa terra e probabilmente si tenevano per mano con l'Angelo della Morte. Quante volte ho vissuto questi momenti. Quante volte dovrò ancora viverli. 

Fabio Barbarossa
26 ottobre 2015

martedì 20 ottobre 2015

Ridi che ti passa

Che l’Italia fosse patria di geni e grandi artisti si è sempre saputo. Che la storia d’Italia, sin dalle origini, sia stata rischiarata da grandi uomini, che con la loro genialità hanno illuminato l’umanità intera, è altrettanto noto. Le capacità artistiche della gens italica si sono evolute sino ai nostri tempi arricchendo il patrimonio nazionale  in campo di pittura, architettura, musica, letteratura, informatica, scienza, cinema e tanto altro ancora. Un esempio tangibile in cui si è manifestata questa grande capacità artistica, prevalentemente circense, è in una parte della politica nazionale ed europea. Giocolieri, saltimbanchi, giullari, trapezisti, equilibristi, pagliacci, si accalcano sempre più negli spalti dei teatri politici, alcune volte con opere drammatiche, altre con commedie esilaranti che impegnano e coinvolgono, volontariamente o meno, tutta la nazione. E si sa, quando la gente comune viene coinvolta direttamente se ne giova per benessere e salute. Viene riportato, nei sancta santorum della psicologia mondiale, che il popolo che ride gode di ottima salute e per questo che i nostri politici si adoperano. Per farci star bene. Pare che alcune apparizioni politiche, seconde solo alle apparizioni mistiche, nelle ormai innumerevoli trasmissioni tv, abbiano sortito effetti colagoghi, coleretici e lassativi, molto più dei farmaci. Si è addirittura gridato al miracolo quando, parlando di una imminente riduzione delle tasse, gran parte del popolo italiano si è sbellicato dalle risa. Tutta salute. Quale vantaggio per i medici, artisti per eccellenza, che nel loro lungo e difficoltoso cammino, trovano la strada spianata da cotanta collaborazione. Meditate gente. Meditate.

Fabio Barba rossa
Medico Artista

giovedì 8 ottobre 2015

Santi in Paradiso. La Sanità italiana ad un bivio.

Santa che ti passa. Il nuovo concetto di Sanità Italiana.

“Non preoccupatevi. Tutto resterà come prima. Nessun taglio lineare, né riduzione dei servizi. Tutti potranno accedere al SSN come si è sempre fatto. Miriamo a razionalizzare le prescrizioni inappropriate. I medici non devono temere rappresaglie. Forse”. Questo è ciò che si sente dire ormai a tutti i livelli dalla politica nazionale, regionale, provinciale, aziendale, distrettuale, condominiale. Non ci saranno tagli. Solo strappi. Per questo, anche sulla base di un accordo con la chiesa, chiunque incapperà in un bisogno di salute, potrà invocare i relativi Santi al semplice costo di una preghiera o al massimo di una offerta volontaria (minimo 20 euro):
-        Santa Lucia per problemi di vista;
-        Sant’Antonio per l’herpes;
-        San Cristoforo per il mal di testa;
-        Sant’Eustachio per l’intestino;
-        Sant’Acario per le malattie nervose;
-        Sant’Agostino tosse e malattie dell’orecchio;
-        San Cirillo per le infezioni microbiche , ma questa è un’altra storia;
Questo per iniziare. Sono allo studio ulteriori accordi per Santi Regionali, in caso di patologie locali, rare ed emergenti. A livello di Regione Sardegna si parla già di Sant’Iffrigau e Sant’Igoddao per patologie inerenti gli organi di senso e della riproduzione e di San Guissuga per le malattie del sangue.
Per alleggerire i costi degli ospedali potranno essere all’uopo usate le sacrestie e altri luoghi di culto a seconda della fede religiosa. Ci sarà un risparmio nella terapia farmacologia e le parafarmacie potranno finalmente vendere rosari e immaginette relative alla patologia, anche senza ricetta medica.
In caso di insuccesso della terapia saranno ammesse le bestemmie, ma solo su diretto controllo del calendario.
La Santità Italiana si appresta così a diventare capofila della salute a livello europeo.

Dottor Fabio Barbarossa

    

mercoledì 29 luglio 2015

Pollicino al giorno d'oggi

Dovunque mi giro, il panorama non cambia. Umanità repressa, persecuzioni etniche, locali, personali. Un mondo che cambia aspetto. Tutto ciò che era, non è. Tutto ciò che è, non sarà più. Una corsa contro il tempo per fermare la scomparsa dell’umanità, così come l’abbiamo sempre conosciuta. Una sfida sul filo del rasoio per riaffermare concetti in disuso, ineluttabilmente indirizzati alla fine del tutto. A nulla servono ammonimenti, a nulla valgono manifestazioni di orrore. Tutto si assimila e si smaltisce. Tutto trova una collocazione nella mente collettiva, anche quando stride terribilmente con la coscienza personale. La negazione del passato è motivata da presunte necessità future. L’ottusità si sostituisce al patrimonio culturale dei popoli e la legge del più forte prevarica ogni possibilità di dialogo. Assistiamo ad una guerra totale, giustificabile solo da una demenza generale, dove il malato è più sano del curante. Il fine della stupidità giustifica i mezzi dell’idiozia. Un Machiavelli con il morbo di Alzheimer. Non sono un giornalista, e ne vado fiero, non sono un futurologo, e la cosa mi lusinga, non sono un politico, nessuno è perfetto. Sono solo un testimone del tempo. Un astante innocente catapultato a calci nel culo in una dimensione irreale, alla ricerca di una collocazione temporospaziale che, ahimè, non esiste più. Ho perso la strada, e a nulla servono le briciole di pane lasciate da Pollicino per tornare a casa. Gli avvoltoi hanno mangiato anche quelle. E in ogni caso ci sarà sempre un Orco, che con gli stivali delle sette leghe, cercherà di raggiungerci. Chiedo scusa a Charles Perrault per l’uso improprio del suo amato Pollicino. Buona fortuna a tutti.
Fabio Barbarossa

lunedì 27 luglio 2015


LA GENESI

Secondo Fabio Barbarossa

La nostra presenza su questa terra è solo un fatto occasionale. Un errore della natura. Un incrocio tra biochimica e sfiga galattica, sfuggito di mano al padreterno, o a chi sa a chi, che si è auto alimentato seguendo codici e opportunità biologiche. Balle Spaziali. In effetti, una gallina primordiale, annoiata e insoddisfatta, travolta dal suo delirio di creatrice universale, decise di dedicare il suo tempo alla ricerca di qualcosa di perfetto. La creazione di una SFERA. Solida, vuota e leggera. Qualcosa che potesse ricordarla nel corso del tempo e dello spazio. Qualcosa che mettesse tutti d’accordo , insomma, su chi fosse nato per prima. Creò l’UOVO. Distrazione e inesperienza, ma soprattutto presunzione, trasformarono questa sfera perfetta in un oggetto oblungo. La sua leggerezza inoltre lo rendevano particolarmente instabile. Ci riprovò ancora, e poi ancora. Niente da fare. Oblungo, leggero e instabile. Sulla forma niente da dire, ci aveva fatto l’abitudine. L’instabilità invece la costrinse a inseguire le sue uova, e, con le sue ali inefficienti e il sovrappeso, la cosa diventò particolarmente fastidiosa. Che fare allora? Sicuramente appesantirlo. Ma come? Riempiendolo, come un uovo. Con cosa? Le venne in mente un nome insignificante, il colesterolo. Non sapeva perché ma quel nome, in un prossimo futuro, avrebbe avuto una certa importanza. Andò avanti così. Ogni giorno creava un uovo. Le faceva tanto piacere questa sua arte creativa, che esprimeva col canto la sua soddisfazione. Da allora il tempo passò inesorabile. La demenza senile minò la sua arte creativa. Non riusciva più a ricordare il nome dell’oggetto da lei creato. Lovo? Movo? Iomo? Ahimè, nessuno di questi. Pensa e ripensa. Pensa ancora. Ecco ci sono. Si chiamava UOMO! SI, UOMO. E così, in barba a tutte le teorie che ancora oggi arrovellano le menti di grandi scienziati e grandi filosofi, siamo certi che l’Uomo sia nato dal culo di una gallina demente.
Fabio Barbarossa

mercoledì 18 giugno 2014

Alle volte ritornano

Alle volte ritornano.
Ciclicamente, più sulla base di una disfunzione ormonale che per una reale e ragionevole necessità, qualcuno sale in cattedra e pontifica sulla salvezza dell’Umanità. E allora giù con soluzioni dell’ultim’ora, dettate da elucubrazioni che sanno più di borborigmi intestinali che di umili e ponderate razionalità. Improvvisano su tutto. Tutti si intendono di economia, di sanità, di lavoro, di sociale, di agricoltura, di medicina legale e giurisprudenza. Sono i famosi e indispensabili tuttologi, i professori Soiotutto, meglio definiti “Esperti”. Ogni quattro anni diventano persino direttori tecnici della Nazionale di calcio. La loro presunzione è talmente grande che, in prima battuta e sfruttando la sorpresa, riescono persino a convincere i miscredenti e gli atei. Si esercitano davanti allo specchio degli allocchi, mimando e ripetendo le loro elucubrazioni politico intellettuali. La loro forza di impatto sulla comunità è grande almeno quanto la loro scomparsa dalla scena con la coda tra le gambe. Desasparessidos. Alle volte ritornano, mascherati da vergini, traditi soltanto dall’anagrafe e dalla fedina penale lunga e nera come la fame e la disperazione della povera gente. 

Fabio Barbarossa

domenica 8 giugno 2014

ritorno al passato



Sono nato nella seconda metà del secolo scorso, dove neanche la più avveneristica previsione avrebbe potuto immaginare lo stile di vita dei giorni nostri. Il semplice possesso della manopola di una vecchia radio, a onde lunghe e medie dei miei nonni di Buggerru, mi proiettava in un futuro che solo un bambino di sei anni poteva immaginare. Ruotando quella manopola immaginavo che, a parte il mio piccolo mondo, esisteva un altro universo, estremamente più complesso, che parlava un'altra lingua e la cui voce compariva e scompariva e che proveniva sicuramente da molto lontano. Il più delle volte non capivo cosa dicessero, ma non aveva importanza, perchè ciò che contava era poter sognare di conoscere e vivere in quel mondo. Probabilmente provavo lo stesso entusiasmo di Guglielmo Marconi quando riuscì per la prima volta a comunicare con un mondo lontano. Le notti estive del sessanta presentavano un cielo stellato dove veniva quasi spontaneo contare le stelle. Se poi, in quell'oscurità, un puntino luminoso si muoveva in qualche direzione, il cuore mi batteva forte perchè poteva essere un'astronave marziana e non un semplice aereo di linea. In questo senso sono cresciuto. Accettando per buono tutto ciò che il mio mondo mi metteva a disposizione. Cosa c'era di meglio che andare in bicicletta? E in Vespa con mio padre? E, dopo poco tempo, con la Fiat 500 giardinetta? E dopo ancora con la Fiat 1100 familiare? Accettavo per buono, senza protestare, tutto ciò che mi veniva concesso. I giocattoli? Solo a Natale e per il compleanno. Oppure inventati con fildiferro, canne, scatolette di sardine disponibili qui e la. La televisione solo nel bar dopolavoro dei minatori e, dopo qualche tempo, a casa mia, per la tv dei ragazzi, alle cinque della sera, con tanti amici, pane burro e marmellata. All'età di 10 anni l'arrivo a Cagliari. La grande città. Per andare a scuola facevo mezzo km a piedi e nel tragitto salutavo cortesemente chiunque incontrassi per strada. Non riuscivo a capire perchè nelle città non ci si salutava. Da quel momento la mia vita ha preso il volo. Un vortice di esperienze, di gioie, dolori, entusiasmo. La famiglia, la casa, gli amici, il lavoro, non ti davano tregua e annoiarmi era un lusso pressocchè impossibile. Nel frattempo, la tecnologia diventava il filo conduttore della mia vita. Il tramite con il quale, e per il quale, si potevano coltivare i rapporti col mondo esterno. Sono aumentate le possibilità di girovagare nell'universo, ma sono scomparsi, specialmente nelle nuove generazioni nate nell'era dell'informatica, quei macro rapporti fatti di parole, sorrisi, e tutto ciò che ci fa sentire esseri umani. Dopo tanta strada e tanta acqua sotto i ponti, dopo tanto futuro, il mio pensiero va a quella manopola di una radio che a modo suo  mi faceva sentire e sognare un mondo sconosciuto. Oggi il mio desiderio più grande è quello di tornare al passato, non per ringiovanire, ma perchè dopo aver vissuto intensamente questo mondo, vorrei tornare a sedere davanti ad un caminetto, dove con serenità e ingenuità,  aspettavo che mio padre portasse il pane abbrustolito e latte fresco per poter fare insieme alla mia famiglia una sana e meravigliosa colazione.
Fabio Barbarossa
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giovedì 15 maggio 2014

quel ragazzo del 22



Era nato in un'epoca in cui, appena finita una guerra se ne preparava un'altra, in una Europa incerta e litigiosa, ne piu' e ne meno come quella attuale, dove i concetti di amore e fratellanza tra i popoli non erano stati ancora affermati.

All'età di vent'anni, Marinaio della Regia Marina Italiana, si trovo' catapultato in una guerra non sua per ben sei anni. A seguire, una vita di lavoro, onesta', rispetto, nell'intento, poi riuscito, di costruire una famiglia, che sarebbe diventata la sua piu' grande soddisfazione.

Una moglie, compagna di vita da oltre 65 anni, 4 figli e tanti nipoti. Una guida stabile, un faro, un porto sicuro nel mare tempestoso della vita per chiunque avesse avuto l'opportunita' di incontrarlo. Nel tempo le intemperie della vita hanno intaccato il suo fisico, ma non la sua mente. 

La sua mente, meraviglioso intreccio di esperienza e amore, si e' adeguata ai tempi, alla ricerca di stimoli e fatti, alla ricerca del senso della vita che ha riconosciuto nel contatto col mondo circostante. 

E' stato e sempre sara' un riferimento indispensabile per i suoi cari, prodigo di consigli e fatti manifestati col buon esempio. Non ha mai chiesto niente per se. Non ha mai presentato il conto alla vita. 
La sua positività e fiducia erano basati sul concetto, oggi sempre piu' remoto, di altruismo. 

Quando, in questi ultimi tempi, la sua salute si e' resa precaria, a causa di un male incurabile, ha accettato la sorte e rispettato la morte. Lo ha fatto pregando il suo Dio, con serenita', senza maledire ne rinnegare. Quando il male ha avuto il sopravvento sui suoi sensi, si e' affidato alle strutture che avevano il dovere di aiutarlo e, senza pretese, ha auspicato una morte serena e dignitosa. 

Cosa porti la nostra societa' a negare il rispetto per la vita, e ancor peggio per la morte, non mi e' dato sapere. So solo che questo ragazzo del 22, se n'e' andato, in una fredda stanza di un ospedale pubblico, nella quale gli e' stata negata, a lui e alla sua famiglia, la misericordia di vivere le sue ultime ore, i sui ultimi minuti, nel silenzio e nel dolore privato.

La sua vita e' terminata nel mezzo di un clamore, nel frastuono di una televisione accesa e a volume sostenuto, nelle risate e nelle urla di una folla in visita occasionale ai suoi compagni di stanza. Mio Padre se n'e' andato senza che io potessi sentire il suo respiro, senza che potessi vedere la sua Anima volare nel cielo dell' Infinito. 

Oggi sono qui, non per accusare ne tanto meno condannare, ma semplicemente per ricordare che se la vita si deve vivere con dignità  ancor più la dignità deve contraddistinguere la morte. E questo si puo' fare senza criteri specifici ne costi aggiuntivi. Lo si puo' fare seguendo i dettami del nostro cuore e la saggezza dei nostri avi, che attraverso il culto e il rispetto della vita, hanno tramandato sino a noi il rispetto e la cultura della morte.

Fabio Barbarossa
Cagliari, 14 maggio 2014