venerdì 6 maggio 2016

Sa Die De Sa Sardigna

L’Assessora Claudia Firino ci tranquillizza sul fatto che Sa Die De Sa Sardigna sia una giornata in cui da tempo si sceglie un tema da abbinare, ed eventualmente da approfondire, nel corso dell’anno. Per questo nel programma della ricorrenza attuale era normale , per lei, che si parlasse di migrazione, paragonando i migranti attuali con i nostri sardi nel mondo. Niente da dire sulla sofferenza che attanaglia un popolo che fugge dalla sua terra. La sofferenza è uguale per tutti, non ha colore ne sapore. Ma, a mio modesto parere, c’erano altri temi da approfondire, evidentemente inerenti a quella famosa giornata del 28 aprile 1794. Gli stessi problemi che, a parte la data e il tempo, sono rimasti per certi versi invariati e irrisolti. Allora il popolo sardo era sotto la tirannia del governo piemontese e di questo si liberò, ora invece i tiranni sono molteplici e non c’è che l’imbarazzo della scelta ad individuarli. Sia ben chiaro che non ne faccio una questione politica. Sarebbe troppo semplice e troppo comodo. L’assessora Firino che parla al passato remoto di migrazione dei sardi, forse non si è accorta che nello stesso momento in cui la Sardegna accoglie migliaia di extracomunitari, che finiscono perlopiù a fare accattonaggio in strade e semafori delle nostre città, gran parte dei giovani sardi migra nel resto del mondo alla ricerca di un lavoro o una collocazione sociale ragionevole e dignitosa. Spesso con laurea in tasca e con nel cuore la propria famiglia e la propria terra, per aspirare al massimo a fare il cameriere o il lavapiatti in città come Londra. Certo, alcuni si contraddistinguono per le loro grandi capacità e competenza, ma ad accorgersene non sono certo i nostri politici, bensì coloro che all’estero hanno la lungimiranza di verificarne le qualità e il ruolo. Se poi, nessuno me ne voglia per il paragone, si dovessero mettere sul piatto della bilancia le sofferenze dei migranti, i sardi di un tempo non starebbero certamente dietro a quelli attuali. Mi viene in mente il dialogo di qualche giorno fa, avuto con un mio paziente al capezzale della sua consorte gravemente malata. Mi parlava della sua emigrazione all’età di vent’anni, quando per puro miracolo non fu tra i 136 italiani che morirono nella miniera di Marcinelle nel Belgio. Lavorava strisciando per terra a millecinquecento metri di profondità in cunicoli di una miniera di carbone con in tasca un topolino che con la sua morte avrebbe segnalato la presenza di grisù. Assessora Firino, il suo compito è molto complesso, la cultura non ha e non può avere limiti. Però, mi creda, lo dico da sardo orgoglioso di esserlo, prima di scegliere argomenti da abbinare e sviluppare, provi ad ascoltare, come faccio io da sempre, i racconti di persone come il Signor Cabboi di San Nicolò Gerrei e il Signor Agus di Escalaplano, che in fatto di cultura sarda avrebbero molto da insegnare.  


Fabio Barbarossa

(Pubblicato su L'Unione Sarda del 3 maggio 2016)

martedì 19 aprile 2016

Una storia come tante





-         Buongiorno signor Giovanni
-         Buongiorno dottor Fabio
-         Come sta?
-         Io bene, grazie. Lei?
-         Non c’è male, grazie
-         Giuseppa?
-         Eccola qui. Sempre serena, lei.

Seduta su una sedia a rotelle, in una stanza grande e confortevole, illuminata da una bellissima giornata di primavera, una povera donna col sorriso sulle labbra,  ma  totalmente assente. L’Alzheimer questo fa. Mi siedo su una sedia e scambio due parole con Giovanni. Giovanni, classe 1936, non dimostra i suoi 80 anni. Uomo di grande integrità morale e lucidità mentale, grande lavoratore, sardo verace, di Escalaplano, manifesta con orgoglio le sue origini. Nel tempo che ha a disposizione, dopo aver accudito amorevolmente sua moglie, si dedica alla campagna, nella quale ha sempre creduto.

-         Signor Giovanni, dove ha vissuto?
-         Caro dottore, la mia vita mi ha riservato tante sorprese. Quando la nostra terra non mi ha dato la possibilità di vivere dignitosamente, sono partito per il Belgio alla ricerca di lavoro.
-         Cosa faceva in Belgio?
-         Il minatore, in una miniera di carbone. Ci facevano fare una visita attitudinale a Verona e poi, se ti davano l’idoneità, potevi entrare in miniera a lavorare.
-         Com’era il suo lavoro? Glielo chiedo perché io sono nato in un paese di miniera, nel Sulcis Iglesiente, e molti miei parenti, come ad esempio mio nonno, erano minatori.
-         Ho lavorato in una miniera di carbone, tristemente famosa. La miniera di Marcinelle.  Lavoravamo coricati per terra, strisciando sul fondo, anche a millequattrocento metri di profondità.  Ero presente quando avvenne la tragedia. Morirono 262 minatori di  cui 136 Italiani. Ci fu un incidente tecnico che fece esplodere il grisù, drammaticamente presente in quel tipo di miniera. Tanti morti e pochissimi superstiti.
-         Come funzionava sotto? C’erano misure di sicurezza?
-         Le misure di sicurezza - risponde con un sorriso – erano i topi che vivevano in miniera. Quando loro scappavano, era segnale rosso. Raccontavano di un padre e un figlio, ritrovati sotto terra, abbracciati nella morte.

Si rattrista, e così succede anche a me. Penso ai miei avi e a tutti coloro che partirono dalla Sardegna, con la valigia di cartone legata a spago, alla ricerca di un lavoro onesto.
L’8 agosto del 1956, alle ore 8,10,  a Marcinelle, zona mineraria del Belgio, si consumò una delle più grandi tragedie che hanno mai colpito lavoratori italiani nel mondo.
Per una fortunata circostanza non morì neanche un sardo perché il loro turno era quello pomeridiano.
140 mila emigranti italiani, attraverso un accordo Italia Belgio, vennero attratti da manifesti che comparivano in tutte le città italiane.
Dicevano “Solo 18 ore per arrivare in Belgio”, erano indicati i salari, certamente superiori a quelli italiani. Promettevano “Assenze giustificate per motivi di famiglia, carbone gratuito, biglietti ferroviari gratuiti, premio di natalità, ferie, vito e alloggio presso la cantina della miniera, contratto annuale” e poi, per accelerare la decisione, “compiute le semplici formalità, la vostra famiglia potrà raggiungervi in Belgio”. Ma non era vero niente. Nei manifesti non si parlava di silicosi, non si parlava di grisù, gas che inesorabilmente si sprigionava dalle pareti e facilmente si incendiava. Non si parlava dei topolini che i minatori tenevano in tasca e dei tanti canarini in gabbia che con la loro morte avrebbero segnalato la presenza del gas micidiale, alcune volte quando ormai era già troppo tardi.
Questo erano i nostri conterranei, e questa era la loro vita. Quando qualcuno, tendenzialmente ignorante, dice che anche noi sardi siamo stati emigranti e abbiamo avuto tutti i confort, accettati e integrati in tutti gli ambienti esteri, dovrebbe farsi un esame di coscienza ed ascoltare, magari per pochi minuti, ciò che uno dei tanti Giovanni Agus o Mario Cabboi, possono ancora raccontare. Chiaramente avendone il coraggio e senza che le lacrime allaghino i suoi occhi.


Fabio Barbarossa 

martedì 12 aprile 2016

Per chi conosce la Sardegna,
il Sarrabus Gerrei non passa inosservato.

Località ricche di storia e di archeologia industriale, adagiate nella parte sud orientale della Sardegna. Dal neolitico dei Menhir di Goni, all'era nuragica, 2000 anni a.C. di Armungia. Dalle meravigliose colline del Gerrei, ricche di prodotti genuini e ricercati, alle incantevoli spiagge del Sarrabus, meta ogni anno di decine di migliaia di turisti. Integrate nel contesto da millenni, popolazioni che hanno contribuito alla nascita e crescita della Gens Sarda e del Popolo Italiano. Emilio Lussu, nato ad Armungia nel 1890, fondatore del Partito Sardo d'Azione, nonché uno dei Padri costituenti della Repubblica Italiana, ne è una onorevole testimonianza. Sarà pure un fatto genetico, ma queste popolazioni stanno contendendo al Giappone il primato mondiale della longevità.  Al fatto genetico si aggiunge poi quello ambientale, anzi, proprio questo se ne prende gran parte del merito. Ci si aspetterebbe dall'Amministrazione Regionale un grande riconoscimento per tutto questo. Mentre invece, in questi ultimi anni, il Sarrabus Gerrei sta subendo uno dei più grandi isolamenti geo politici dell'ultimo secolo. Come se  l'essere isolani non fosse già più che sufficiente.
1.          Isolamento sanitario.
Ridimensionare l'Ospedale San Marcellino di Muravera, purtroppo ne è  una tragica testimonianza. Certo, ci viene detto che le riduzioni lo renderanno più appropriato, ma noi sardi sappiamo quanto spesso questo aggettivo venga usato a sproposito e contro la nostra pelle. Ci vengono prospettati elicotteri e navi spaziali, ma noi, diffidenti e testardi, non ci crediamo.
2.          Isolamento stradale.
Siamo vincolati a due vie d'accesso: la nuova SS 125, che collega il Sarrabus a Cagliari e che ha, per la sua pericolosità, più morti sulla coscienza che curve. Nata inadeguata e mai finita, probabile fonte di intrallazzi  politici e di malaffare, come la cronaca giudiziaria  di questi giorni evidenzia per altre strade della Sardegna. Altra via d'accesso la SS 387,    poco più che una mulattiera, che collega il Gerrei con il capoluogo. Oggetto in tempi recenti di opere da parte di comuni che fino ad oggi non si erano mai sentiti e che evidentemente tengono a cuore la nostra sicurezza. Selargius, con l'impianto di un semaforo “intelligente” al km 7.500, che e'  stato spento il giorno stesso in cui e' stato attivato, a causa di file chilometriche di ore, senza nessuna necessità  e contro il parere stesso dell'Anas. Mi auguro che gli amministratori che l'hanno previsto siano più intelligenti del semaforo. E’ stata presentata una interpellanza in Consiglio Regionale per lo smantellamento immediato del semaforo. Chi pagherà per questa incapacità organizzativa? Monserrato invece ci vuole più bene ed impianta un Autovelox al km 6, in un punto che a detta di tutti, parlo anche di incidentistica stradale, non necessitava di tanto. Limite di 50 km orari che non solo rallentano e allontanano il Gerrei dal capoluogo, ma che impoveriscono sempre di più le già povere tasche di chi ogni giorno, a costo di grandi disagi e sacrifici, la percorre. Chissà perché mi vengono in mente i briganti che  tanti anni fa infestavano le strade della Sardegna, derubando e razziando chi aveva la necessità di passarci sopra. Qualcuno dice che sia un tributo per la nostra sicurezza. Se fosse vero, il 90% delle strade sarde si dovrebbero percorrere a 40 km orari. A pensar male si fa peccato, ma... Dubito che gli amministratori di Selargius e Monserrato abbiano veramente a cuore le nostre sorti.
3.          Isolamento informatico (non ultimo). Linee obsolete ed inadeguate che allontanano l'evoluzione futura della zona e di gran parte della Sardegna. Il futuro in ambito di lavoro si chiama Smart Working, o più semplicemente telelavoro o lavoro in casa propria, e sarà il sistema che aumenterà la produttività delle Aziende riducendone i costi e rilanciando sul mercato lavorativo zone e lavoratori, e perché no, anche il Sarrabus Gerrei. Ma per fare questo è necessaria la digitalizzazione e il potenziamento informatico del nostro territorio. Per la zona, anni luce.
In definitiva oggi la nostra sensazione è quella di sentirci emarginati ed isolati dal resto del mondo. Ma sono del parere che se saremo in grado, a breve termine, di determinare giuste  scelte, tecniche e politiche, per il nostro futuro, ad essere emarginati e isolati non saremo certamente noi.
Fabio Barbarossa.                                                                    

   San Nicolò Gerrei, 11.04.2016

venerdì 25 marzo 2016

Le colpe

I Benpensanti e i Santi continuano a dare le colpe della strage degli Innocenti di Bruxelles, e meno recentemente di Parigi e di tante aree della Siria, che si stavano sicuramente preparando a festeggiare la Santa Pasqua, al nostro comportamento di civiltà moderna. Ci accusano, Papa compreso, di non aver integrato a sufficienza belve sanguinarie che si sentivano escluse dal consumismo occidentale o, nella migliore delle ipotesi, per non aver giustificato il loro credo che ammetteva il sacrificio umano di vittime innocenti. Il Pontefice stesso, in atto di sottomessa fratellanza, e forse a perdono dei peccati, sicuramente i suoi o forse quelli della chiesa, lava e bacia i piedi a 12 persone, tra cristiani, musulmani e indù. Sia chiaro. Io non mi sento in colpa per la loro mancata integrazione. Non mi sento in colpa perché i miei avi, e mi spingo nella storia dell’umanità sino ai Santi Martiri che affollano i nostri calendari, sono stati macellati forse proprio perché avevano cercato di integrare le stesse belve dei nostri giorni. Non mi sento in colpa perché credo nella vita, nella tolleranza, nell’amore. Perché vivo la mia vita nel rispetto reciproco e in osservanza delle leggi, spirituali e terrene. Perché sono sempre stato a disposizione dei deboli come lo sono sempre stato con i miei familiari. Perché credo nella fratellanza tra i popoli, a prescindere dal colore della loro pelle o del loro credo religioso. Però non tollero che in nome di un dio, o un credo, o in nome di una qualunque coercizione, si possa togliere la vita a chiunque sia ospite di questa disgraziatissima terra.  Per questo non mi sento in colpa e per questo non ho bisogno di lavare i piedi a nessuno a dimostrazione della mia sottomissione. Ognuno si lavi i suoi. A me basta che chi vuol vivere a fianco a me e ai miei fratelli lo faccia nel rispetto delle leggi e di quel buon vivere che non ha bisogno di essere scritto o manifestato con vetrine, sacre o profane che siano.


Fabio Barbarossa

giovedì 24 marzo 2016

Il terrorismo spiegato a mio figlio di 10 anni


:( Papà, cosa sta succedendo nel mondo? Perché la televisione sta facendo vedere tanta gente che piange, tanto sangue, tanto fumo?

:'( Perché ci sono persone molto cattive ed egoiste.

:[ Perché sono diventate cattive? Cosa vuol dire egoiste?

:( Forse cattive lo sono sempre state. Egoista vuol dire che pensa solo ai fatti suoi e non ai suoi simili.

:[ Papà, queste persone egoiste ci sono anche da noi?

:( Figlio mio. Purtroppo si. Ci sono.

:( E sono anche cattive?

:( Si, certe sono anche cattive. Tanto cattive che non avrebbero difficoltà a far del male anche a chi non gli ha fatto niente.

:[ Come noi?

:( Si, come noi.

): Papà, e noi cosa possiamo fare? Possiamo difendere mamma, Cecilia, e tutti gli altri amici nostri? Possiamo continuare ad andare a l cinema? Al market? A scuola?

:)  Certo, piccolo mio. Possiamo continuare a fare ciò che abbiamo sempre fatto.

:D Allora possiamo andare ancora alle Vele?

:) Certo, amore mio.

:( E se qualcuno volesse farmi del male, tu mi difenderesti?

): Certo Matteo. A costo della mia stessa vita.

:) Grazie papà. Ti voglio bene.

:') Anch'io Matteo. Tantissimo. Ora facciamo i compiti e spegniamo questa brutta televisione . Poi dopo andiamo alle Vele.

:D Grazie papà.



Fabio Barbarossa.

mercoledì 16 marzo 2016

basta poco per dare dignità...

un giorno qualunque...

- Ciao Fabio
- Ciao Franco
- Fabio, devo portarti una cassa di arance da parte di una       famiglia di San Vito.
- Grazie. Perché?
- Perché alcuni mesi fa hai dato al loro padre la possibilità di morire dignitosamente.
- Ricordo. Mi chiamasti l'estate scorsa per chiedermi cosa si potesse fare per lenire il dolore al tuo vicino di casa.
- Si. Tu non solo mi desti consigli, ma parlasti con la figlia e nel giro di poche ore andasti a trovarlo a casa sua.
- Ricordo. Una situazione disperata. Un carcinoma se lo stava portando via tra atroci sofferenze.
Attivai urgentemente una visita oncologica domiciliare e una terapia antalgica. So che morì dopo qualche giorno.
- Si, morì, ma con
dignità. La figlia mi ha detto di darti le arance perché se il padre ci fosse ancora, avrebbe voluto così.
- Grazie Franco. Grazie anche alla signora. Non ho fatto altro che il mio dovere e ciò che la mia coscienza mi impone. Queste arance sono per me un riconoscimento meraviglioso. Uno stimolo a continuare in questa direzione. L'unica che mi hanno insegnato e l'unica che conosco. Grazie. Di cuore. Ci vediamo questa sera.
Le lacrime stanno allagando i miei occhi.
Fabio Barbarossa

venerdì 11 marzo 2016

su molenti sardu

Autonomia della Sardegna.

I Sindaci sardi chiedono allo stato di non essere abbandonati. Abbandonati da chi? Quale stato? Quale abbandono?
Forse noi sardi non ci siamo ancora accorti che l’abbandono non è avvenuto da parte dello stato, bensì a causa del nostro stesso, volontario, isolamento. Da tutti coloro che, dal  26 febbraio del 1948, anno in cui è stata approvata la legge di Autonomia della Sardegna, si sono avvicendati nel governo regionale con una serie di leggi e provvedimenti anomali, o decisamente sbagliati. Da allora abbiamo assistito, con la proverbiale indolenza e litigiosità che ci contraddistingue come popolo, al deterioramento e allo sfascio di tutte le potenzialità e risorse che avevano fatto della Sardegna una terra meravigliosa, unica, ricca di bellezze naturali e abitate da genti che erano riuscite, malgrado tutto, a preservarle. La politica regionale, non molto tempo fa, sosteneva che il futuro dell’isola si sarebbe fondato su un polo industriale petrolchimico,  su ricerche minerarie simili alla corsa dell’oro del Klondike, sulla produzione e vendita di bombe a mano, sull’assistenzialismo, meglio dire elemosina, della Comunità Europea. Tutto questo oggi si scopre essere la causa del disastro economico ambientale. Devastazioni di ogni genere. Strade statali, come la Carlo Felice 131, che in quanto a ritardi fa impallidire la Salerno Reggio Calabria. Inquinamenti ambientali senza rimedio, come la Miniera d’oro di Furtei. Disoccupazione giovanile al primo posto nella Comunità Europea, sotto di noi solo la Grecia. Instabilità economica e incertezza della sostenibilità del Sistema Sanitario Regionale. Calo demografico come conseguenza della più grande emigrazione  dei sardi dal dopoguerra ad oggi. E quindi, inesorabilmente, ecco il riapparire di una serie di personaggi: i cosiddetti Esperti della domenica. Gli esperti in acqua calda. I grandi scienziati dell’ovvio, esperti in Tuttologia. Cosa fanno? Si riuniscono in Convegni, a spese nostre, per pontificare che bisogna puntare su agro alimentare, turismo, artigianato. Grazie al cavolo. Lo sapeva anche il Signor Piga di Armungia di 102 anni. Che la Sardegna deve investire su piccole e medie aziende. Rigrazie al cavolo. Lo sapeva anche la Signora Simbula di San Nicolò Gerrei di 100 anni. Cosa fanno ora i politici, sempre gli stessi da oltre 30 anni, a mo di grandi luminari della salute? Fanno ricette. “Serve un altra idea di sviluppo. Il cammino sarà lungo” dicono. “Il Mezzogiorno deve ancora puntare sul modello di sviluppo industriale” insistono. Meno male che poi, dopo tutta questa scorpacciata indigesta di elucubrazioni,  gli esperti isolani e di tutto il mondo si confronteranno a Cagliari, in un Convegno Internazionale, per stabilire se noi, diffidenti e ignoranti isolani, ci fidiamo ancora dell’Autonomia Speciale che la Costituzione ci concede. E c’è bisogno di fare un convegno? Lo dico io. No! E come disse il signor Cubeddu di Ballao in simili circostanze, senza particolari studi di economia industriale ma con grande senso pratico, “Su molenti sardu du incosciasa un’otta scetti“ che in termini di economia ed alta finanza significa che non si devono rifare gli errori del passato. Concordo pienamente con lui.



Fabio Barbarossa

(Pubblicato su L'Unione Sarda del 20 marzo 2016)

giovedì 3 marzo 2016

magna testicula

Già nel 360 a.C., Platone in un celebre passo del Timeo (dialogo), così scriveva: "Nelle donne la cosiddetta matrice e la vulva somigliano a un animale desideroso di far figli, che, quando non produce frutto per molto tempo dopo la stagione, si affligge e si duole, ed errando qua e là per tutto il corpo e chiudendo i passaggi dell'aria e impedendo il respiro, genera il corpo nelle più grandi angosce e genera altre malattie di ogni specie".
L’Utero (στρα,hystera), nell’immaginario collettivo, era la causa di una psiconevrosi, l’Isteria, malattia appartenente esclusivamente al mondo femminile.
Ben poco sapeva Platone, e forse per nulla immaginava, che nei millenni le sue teorie sarebbero tornate in auge e che l’isteria avrebbe colpito gran parte del corpo politico italiano e di tutti coloro che a questo si affidano.
Ben poco sapeva di contrattazione immobiliare del suo Ystera, e per nulla immaginava che l’utero in affitto sarebbe diventato argomento di discussione e trattativa ben prima dei problemi che attanagliano la società italiana come disoccupazione, crisi economica, crisi sociale. La maternità surrogata sarebbe diventata oggetto di trattativa politica e legislativa. Nella sua scarsa lungimiranza, il Pensatore, riteneva che per la procreazione sarebbe stato sufficiente un hystera cum ovarium et  penis, possibilmente erectus, con annessi magna testicula. E qui si sbagliava. L’utero di proprietà non è più necessario. Nel mondo immobiliare ce ne sono tanti in affitto singoli o plurifamiliari, termoriscaldati, panoramici, ottimamente arredati e rifiniti e, soprattutto, a basso costo. In quanto a magna testicula, non c’è che l’imbarazzo della scelta. 

Fabio Barbarossa

(pubblicato su L'Unione Sarda 9 marzo 2016)

mercoledì 27 gennaio 2016

oscurantismo politico


Prima fu l’Oscurantismo Clericale, che nel Medio Evo occidentale determinò un decadimento liberale, culturale e di libero pensiero, anteponendo i limiti della teologia del tempo alla cultura illuministica e positivistica degli intellettuali e del pensiero umano. Tutto questo attraverso l’inquisizione e la  negazione del pensiero innovativo, in netto contrasto con l’integralismo religioso. Ci vollero secoli e tantissime battaglie umane e culturali per affrancarsi dall’arretratezza e approdare nell’età moderna e in quella che dovremmo definire contemporanea. Ci vollero tanti secoli e tanti sacrifici, spesso a costo della vita dei liberi pensatori, per riaffermare concetti e pensieri che hanno portato l’occidente all’esaltazione della scienza, della tecnica e di tutto ciò che hanno fatto della nostra Società una società libera, liberale e moderna. Ben lungi dall’essere scomparso, l’oscurantismo si ripresenta in forma larvale in altre facce della nostra epoca. Recentemente la stessa politica italiana, quella becera e illiberale, persegue logiche oscurantiste e di potere per poter affermare condotte centraliste che hanno come obbiettivo il contrasto alla divulgazione di idee liberali, moderne, o semplicemente in contrasto con le norme imposte dallo Stato. Altri esempi non mancano, anche in epoca contemporanea. Dalla Cina alla Corea del Nord, dalla Siria a gran parte dei paesi arabi, dalla Libia a tutto il resto del Nord Africa. In questi frangenti, forse in una sorta di delirante auto castrazione e di eloquente sottomissione, la politica italiana, attraverso il suo governo, ridicolizza e polverizza  secoli di evoluzione culturale e, in occasione di una visita di stato del Presidente iraniano Rohani, maschera alcune statue di nudi di inestimabile fattura per non farlo arrossire ed eventualmente indispettire. Una cosa è certa. Anche in questa circostanza il governo italiano non perde occasione per far ridere il mondo, incrementando le dicerie che ci fanno apparire universalmente come un popolo di pavidi idioti. Grazie Renzi.


Fabio Barbarossa

(Pubblicato su L'Unione Sarda del 29 gennaio 2016)

lunedì 4 gennaio 2016

il giuramento di Crapulone

Dopo lunga riflessione, tenuto conto della situazione contingente che mi ha portato a variare, anche se temporaneamente, il mio stile di vita, in considerazione delle variazioni ponderali false e tendenziose, certificate da una bilancia sicuramente di sinistra, malgrado il notevole incremento dell'attività fisica dei muscoli masseteri (per intenderci quelli della masticazione), ho deciso, confortato dal benestare dei miei jeans e delle maglie invernali ormai al limite della capienza, giurando con la mano destra posizionata sull'ultimo panettone Motta sopravvissuto alla strage degli ingredienti, ripromettendomi di liberare, in uno scatto di orgoglio, tutte le noccioline, i fichi secchi, le noci, i datteri, le prugne, l'uvetta passa e tutto ciò ancora rimane nelle ceste natalizie, di iniziare il mio percorso dietetico irto di sacrifici e privazioni, utilizzando il cilicio del pane integrale, del brodino vegetale, del filetto di pollo e della platessa dei Mari del Nord. Consapevole che non si vive di sola sugna e che il maiale può essere considerato anche un animale domestico, oltreché un parente stretto o un amico, lascio temporaneamente questo mondo di piacere per ritirarmi in un eremo di privazione e riflessione. Un dietetico abbraccio a tutti voi. 
Fabio Barbarossa
O quello che ne rimarrà.

lunedì 16 novembre 2015

Viva la Francia

Nato nel 1954, per poco meno di un decennio, mi sono salvato da una guerra mondiale. Questo mi differenzia da miei nonni e da mio padre che hanno partecipato rispettivamente alla prima e alla seconda guerra mondiale. Mi sentivo quasi privilegiato e fortunato per non aver dovuto vivere e soffrire per tutto ciò che comporta una guerra. Carestia, dolore, lutto, perdita della libertà e della dignità, erano solo un triste ricordo nei racconti, spesso incredibili, di chi la guerra l'aveva vissuta in prima persona. Ero convinto che la pace dei popoli, raggiunta e scritta col sangue delle vittime innocenti, fosse solo un brutto ricordo dell'umanità, una macchia della coscienza universale, e che il dolore e il deterrente nucleare, avrebbero relegato ogni velleità di potere, con annessa aggressività, all'ultimo posto nei pensieri degli uomini di buona volontà. Mi ero anche illuso di poter trasmettere ai miei figli ciò che i miei genitori mi avevano consegnato con grandi sacrifici. Oggi, anche a seguito dei drammatici fatti di Parigi, ho la sensazione che la realtà sia ben diversa. Che ormai, da anni, viviamo nel pieno di una guerra mondiale dove le armi sono in prevalenza il potere economico, l'egoismo e la prevaricazione dei diritti essenziali. Il terrorismo non è altro che un detonatore che inesorabilmente farà scoppiare la terza guerra mondiale. Quella convenzionale. Le armi non sono altro che un tramite. Uno strumento di dialogo e il sangue l'inchiostro per scrivere futuri trattati di colpe e discolpe. L'umanità ha un difetto di fabbrica. Un difetto che si ripresenta ciclicamente. Un peccato originale che la conduce inesorabilmente alla periodica distruzione. Il difetto più grande però non e' l'estinzione, ma la rinascita che, facendola risorgere dalle ceneri, la riporta nuovamente nel baratro dell'autodistruzione. 
Fabio Barbarossa.


Pubblicato nel Bollettino dell'Ordine dei Medici della Provincia di Cagliari
Dicembre 2015

martedì 3 novembre 2015

Anche questa giornata, faticosamente, volge al termine


Tante vite, tante storie che si accavallano in un vortice di emozioni. Storie di ogni genere raccontate o vissute in prima persona. Storie interessanti, felici o tragiche, che riempiono la vita di chi le ha vissute, o anche semplicemente di chi, come me, le ha ascoltate. Fare il medico  vuol dire anche questo. Vuol dire avere il privilegio, e spesso il peso, di vivere insieme alla gente comune, quella di tutti i giorni per intenderci. Vuol dire sorridere o piangere, senza vergognarsi. Vuol dire aiutare chi ne ha bisogno, ma soprattutto chi non te lo chiede. Vuol dire amare senza condizioni, anche quando il peso delle tue responsabilità o il dolore e le emozioni ti porterebbero a fuggire lontano. Vuol dire sentirsi ancora gratificati e felici nel ricevere un ringraziamento con un sorriso o una bottiglia di olio buono. Vuol dire capire, per poter spiegare a chi ne ha bisogno, quali sono le strade della vita. Vuol dire sapersi emozionare per le cose che per altri sono insignificanti, ma che provengono dal profondo del cuore della gente. Vuol dire soffrire per gli altri come soffriresti per un proprio caro. Vuol dire donare quello che si possiede anche quando ti rimane poco o niente. Vuol dire credere in un futuro migliore, e qualche volta consolare chi ha perso ormai ogni speranza. Vuol dire vivere con sentimento e determinazione la propria vita per essere consapevoli di lasciare un ricordo, una traccia da seguire, per chi verrà dopo. Vuol dire stare attenti a dove metti i piedi perché le nostre orme saranno seguite dai nostri figli. Vuol dire, in definitiva, vivere ed amare la vita con tutto quello che ci riserva e per questo comunque ringraziare per aver avuto il privilegio e l’onore di esserci stati.
Sempre vostro. Umilmente.
Fabio Barbarossa


2 novembre 2015

lunedì 2 novembre 2015

la sanità demedicalizzata

Tra poco scomparirà la vecchia cara ricetta rosa, sostituita da un anonimo foglio bianco. La chiamano ricetta dematerializzata e chi non si adegua sarà oggetto di pesanti multe e addirittura la revoca della convenzione. Per 209 prestazioni sanitarie sarà particolarmente difficoltosa la prescrizione, pena sanzioni e ammende al medico che prescriverà ancora per scienza e coscienza. I medici non potranno avere una opinione personale, sempre per scienza e coscienza, per ciò che concerne le vaccinazioni, pena la radiazione dall'ordine professionale. L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha posto l'allarme sul consumo delle carni rosse, quali causa indiscussa del cancro dell'intestino, e i medici sono già subissati di domande da parte della gente in piena crisi di panico. Probabilmente verrà proposto un piano di disintossicazione con introduzione graduale di
scarafaggi e insetti vari. I medici consiglieranno la carne rossa a porte chiuse e saranno perseguitati gli obbiettori di bresaola. L' Associazione Nazionale per la difesa del Pollo e del bestiame a carne bianca entreranno in agitazione per la grave azione persecutoria nei confronti dei loro associati, accusando l'OMS di discriminazione bestiale. La malavita organizzata si dedicherà al traffico e spaccio di salsiccia e prosciutella. Insomma, ho l'impressione che più che di dematerializzazione delle ricette rosa si potrebbe parlare di decerebrazione di certa classe politica e demedicalizzazione della sanità italiana. 
Sempre vostro. 
Fabio Barbarossa

martedì 27 ottobre 2015

Mani

Quelle mani di donna che stringevano le mie, con tenerezza, che diventava forza se mi allontanavo, sono ancora nella mia mente e nel mio cuore. Mani piccole, vissute, segnate dal tempo e dalla vita. Una vita vissuta nel lavoro e per la famiglia. Mani che hanno accarezzato il volto dei figli e dei nipoti, protese verso l'amore. Mani ossute, sempre pronte a lenire il bisogno del suo prossimo attraverso una carezza. Qualche giorno fa quelle mani cercavano di trasmettermi delle parole quando ormai la sua voce non riusciva più a trovare la strada naturale. Quelle mani parlavano, direttamente col mio cuore. Insieme ad un sorriso mi dicevano che la sua vita sarebbe finita tra poco, che il suo cuore era troppo stanco. Mi ringraziava per ciò che facevo e mi consolava sapendo che non avrei mai potuto ridarle la vita. Chiedeva solo amore e dignità. Oggi ho stretto nuovamente quelle mani. Erano fredde, senza un sorriso. Avevano appena lasciato questa terra e probabilmente si tenevano per mano con l'Angelo della Morte. Quante volte ho vissuto questi momenti. Quante volte dovrò ancora viverli. 

Fabio Barbarossa
26 ottobre 2015

martedì 20 ottobre 2015

Ridi che ti passa

Che l’Italia fosse patria di geni e grandi artisti si è sempre saputo. Che la storia d’Italia, sin dalle origini, sia stata rischiarata da grandi uomini, che con la loro genialità hanno illuminato l’umanità intera, è altrettanto noto. Le capacità artistiche della gens italica si sono evolute sino ai nostri tempi arricchendo il patrimonio nazionale  in campo di pittura, architettura, musica, letteratura, informatica, scienza, cinema e tanto altro ancora. Un esempio tangibile in cui si è manifestata questa grande capacità artistica, prevalentemente circense, è in una parte della politica nazionale ed europea. Giocolieri, saltimbanchi, giullari, trapezisti, equilibristi, pagliacci, si accalcano sempre più negli spalti dei teatri politici, alcune volte con opere drammatiche, altre con commedie esilaranti che impegnano e coinvolgono, volontariamente o meno, tutta la nazione. E si sa, quando la gente comune viene coinvolta direttamente se ne giova per benessere e salute. Viene riportato, nei sancta santorum della psicologia mondiale, che il popolo che ride gode di ottima salute e per questo che i nostri politici si adoperano. Per farci star bene. Pare che alcune apparizioni politiche, seconde solo alle apparizioni mistiche, nelle ormai innumerevoli trasmissioni tv, abbiano sortito effetti colagoghi, coleretici e lassativi, molto più dei farmaci. Si è addirittura gridato al miracolo quando, parlando di una imminente riduzione delle tasse, gran parte del popolo italiano si è sbellicato dalle risa. Tutta salute. Quale vantaggio per i medici, artisti per eccellenza, che nel loro lungo e difficoltoso cammino, trovano la strada spianata da cotanta collaborazione. Meditate gente. Meditate.

Fabio Barba rossa
Medico Artista