giovedì 6 settembre 2012

Diventare un medico: dalla vocazione ai quiz



Quarant'anni sono passati da quando mi iscrissi in Medicina e chirurgia a Cagliari. Via Università, all'alba di una giornata estiva, tra l'entusiasmo dell'età e la consapevolezza di fare una scelta cruciale. Unica preoccupazione, se iscriversi al corso pari o a quello dispari. Mi capitò il secondo, dove i docenti erano un po' più severi. Ancora oggi, il loro nome mi provoca un brivido (ma, col senno di poi, grande rispetto): Riva, Rattu, Spanedda, Cioglia, Caggetti, Tagliacozzo, Corda, Orzalesi, Orrù sono quelli che ricordo. Ma ce ne furono altri, non meno importanti. La scelta di Medicina nasceva da una maturazione, dalla volontà di mettersi a disposizione del prossimo. Da una vocazione. Occorrevano sei anni e si era consapevoli che, a Cagliari, ce ne sarebbero voluti di più. Solo i capaci e perseveranti avrebbero concluso il corso. L'unico vincolo all'accesso alla facoltà era un fatto interiore. Mi rattrista vedere oggi migliaia di giovani, motivati e consapevoli, tentare di accedere alla professione medica attraverso un quiz più pertinente a uno spettacolo tv. Nei prossimi 10 anni, il 62 per cento dei medici, tra cui il sottoscritto, andrà in pensione. E si sa che i nuovi laureati non basteranno. Il Sistema sanitario avrà sicuramente più bisogno di giovani medici che di burocrati e politici incapaci. In bocca al lupo, ragazzi. Abbiamo bisogno di voi.
Fabio Barbarossa
pubblicato ne L'Unione Sarda di mercoledì 5 settembre 2012