martedì 20 dicembre 2016

Cagliari quando ero ragazzo

Quando ero ragazzo la mia Cagliari era una città vivibile, tranquilla e serena e al massimo correvi il rischio di incontrare un "rivoluzionario" con l'eschimo oppure uno dei tanti sbertiroris, oggi chiamati bulli, che ti chiedevano una sigaretta e che avevano comunque una loro morale e, a modo loro, un senso e un rispetto della giustizia. Mai si sarebbero sognati di scipparti, rapinarti, o passare alla violenza sessuale. Oggi le cronache della nostra Cagliari si sovrappongono a quelle del Bronx di New York o di qualunque altra città di confine. Non si può, e non si deve, lasciare la nostra terra in queste condizioni. Abbiamo l'obbligo morale e materiare di intervenire per ridare alla nostra città la dignità e la bellezza che l'hanno sempre contraddistinta, e quando le autorità politiche latitano in questo senso e le povere e coraggiose forze dell'ordine non ce la fanno più, il nostro dovere di cittadini e' quello di contribuire in tutti i modi affinché i nostri figli, le nostre madri, le nostre donne possano ancora circolare liberamente e senza correre il rischio di subire violenza o, come minimo, mancanza di rispetto.

Fabio Barbarossa

Pubblicato su L'Unione Sarda del 18 dicembre 2016

giovedì 15 dicembre 2016

Bleve stolia di un dlamma Italo - Cinese a lieto fine


Qualche giorno fa, in visita domiciliare, mi sfugge il cellulare di mano e, secondo la legge di Murphy  "se qualcosa potrà andar male, lo farà", si è frantumato con la fatidica ragnatela sul display. Intervengo subito con un tentativo di rianimazione. Niente da fare.

LO STIAMO PERDENDO, LO STIAMO PERDENDO! 

Sotto gli occhi atterriti dei presenti il cellulare lampeggia i suoi ultimi istanti di vita e poi si spegne definitivamente. Sono momenti brutti, che non si augurano a nessuno. La rabbia lascia spazio alla commozione. Ringrazio per la solidarietà e lascio in silenzio quella casa. 
La sera stessa cerco la migliore clinica per telefoni. Se lo merita. Ha sempre fatto egregiamente il suo lavoro.

- Buongiorno, si può riparare?

Mostro la salma telefonica al Supertecnico, il quale, dopo aver fatto tutta la sua sfilata di smorfie facciali, risponde:

- E molto difficile. Ci vorrà molto tempo, forse un mese e il costo e' elevato. Oltre cento euro. Le conviene comprarlo nuovo. Con quel tanto ne compra uno migliore.

Cialtrone, penso. C'ero affezionato, ma tu non puoi capire.
Mentre rientravo a casa con la tristezza nel cuore e nel display, l'incontro con la sorte.

- Ciao zio! Perché sei triste?

Abbozzo  un sorriso e mostro il cadavere, ormai freddo.

- Tranquillo zio. C'è un Cinese che ripara i cellulari. Si trova a Cagliari in via Taldeitali.

- Grazie Marco. Domani ci provo. Grazie. Ho poche speranze. Comunque grazie.

Il giorno dopo, seguendo le istruzioni di mio nipote, varco la porta del Cinese. Davanti a me un ragazzino con regolamentari capelli a spazzola e, come disse un mio paziente, occhi alla mandorla.

- Buon     giorno

- Buon giolno

- Si può rianimare? Sono un  medico, mi serve per lavoro e ci tengo molto.

Senza nessun segno di reazione emotiva, guarda il cadavere, lo rigira e sentenzia.
- Aspettale. Gualdo se c'è  licambio.

Dopo qualche minuto, che per me sono stati momenti interminabili, ecco che ricompare.

- Tornalle tla un'oletta!

- Scusa. Non ho capito.

Un po' seccato e con stizza ripete.

- Tu tolna tla un'ola.

Incredulo, ma fiducioso, saluto ed esco.
Dopo un ola, scusate un ora, all'accettazione una giovane cinese che addentava un panino più grande di lei mi guarda e chiede:

- Plego...

- Scusa, devo ritirare un telefono.

Mi aspettavo una risposta tipo: "il suo cellulale e' molto. Lo abbiamo clemato!".

Invece:

- E' questo?


- Siiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!

- sessantacinque euli. Aspetta. Ecco fattula.

- Grazie. Grazie. Grazie.

Abbraccio il mio vecchio telefono e insieme a lui facciamo un giro dei  contatti
Ci sono tutti.
Saluto ed esco.

Dio esiste. La Cina pure. Grazie a tutt'e due.

Fabio Barba lossa.

lunedì 28 novembre 2016

Buddusò. I migranti e gli attentati

Non voglio e non posso entrare nella logica di chi usa la violenza per dimostrare il suo dissenso verso un fatto o una cosa. Però, onestamente, per entrare in merito all’attentato dei giorni scorsi nell’Agriturismo di Buddusò , occorre conoscere la realtà dei fatti, la psicologia di chi li ha commessi e il contesto in cui questi sono avvenuti. Non tener conto di queste circostanze vuol dire solo vedere il fatto da una angolatura parziale e insufficiente. La Sardegna, la nostra terra, sta vivendo un dramma esistenziale, antico e ricorrente, che la sta portando verso un baratro da dove sarà difficile sfuggire senza danni diretti e collaterali. Nessuno si erga a giudice senza prima essersi fatto umilmente un esame di coscienza e senza aver trovato soluzioni alternative e condivisibili,  soprattutto se si trova alla guida politica della Regione.

Fabio Barbarossa 

Pubblicato ne L'Unione Sarda del 25 Novembre 2016

lunedì 14 novembre 2016

Erano 300

Si racconta di trecento Sindaci della Sardegna che in un dì di novembre 2016, si riunirono per tenere a bada il Re di Sardegna, Pigliaru I, che da anni ostacolava il loro cammino verso la libertà e l'indipendenza. Si racconta di trecento illusi che a Cagliari, attraverso lo stretto di via Roma, cercarono di contrastare l'avanzata dell'esercito renziano e dei suoi sgherri. Ma davanti a loro non trovarono un governante, bensì un inserviente che a loro poté contrapporre solo chiacchiere e distintivo. Mancò, in quel frangente, un eroe che potesse sacrificare la sua vita e quella del suo esercito per il Popolo ormai allo stremo. Mancò un Leonida di cui la nostra terra e' priva ormai da tanto, troppo tempo.


Fabio Barbarossa

Pubblicato Unione Sarda 18 novembre 2016


Stelle e Strisce

Ci risiamo. La politica italiana, in particolare quella estera, risente di antichi e inadeguati pregiudizi, dove le considerazioni in certi casi dilettantistiche e  basate molto sulla forma e poco sulla sostanza, ci portano a  fare errori di valutazione e a puntare ingenuamente sul cavallo sbagliato. Ecco quindi che mentre quasi tutto il mondo politico italiano di sinistra e gran parte di quello europeo, con il sostegno della maggioranza dei mezzi di informazione asserviti al potere, sostengono la verginità acquisita di Hillary Clinton e demonizzano la figura di Donald Trump quale nuovo mostro del firmamento terrestre, anche in barba alle ormai presuntuose quanto inutili proiezioni demoscopiche internazionali, quest’ultimo vince le elezioni a larga maggioranza e con  il consenso di gran parte del popolo americano.  Come al solito i governanti italiani vedono le Stelle negli occhi degli altri e non si accorgono delle Strisce in cui si trova il nostro didietro.

Viva l’Italia


Fabio Barbarossa

Pubblicata su L'Unione Sarda del 12 novembre 2016


giovedì 29 settembre 2016

Una professione...comoda

La professione di medico di famiglia, come in tante altre professioni, può esporre ad incerti del mestiere che in casi estremi possono arrivare a dei veri e propri infortuni sul lavoro. Nella mia lunga e complessa carriera posso pertanto annoverare fatti che mi hanno scosso profondamente, qualche volta lasciando sulla mia pelle vere e proprie ferite lacero contuse, ad esempio in occasione di tragicomiche cadute dalle scale in visita domiciliare, morsi di cani che a torto o a ragione mi consideravano alla stessa stregua del postino come un nemico da abbattere, morsi di oche o tacchini, prevalentemente in periodi natalizi in quanto si sentivano minacciati dalla mia figura imponente e quasi sempre affamata. Ma l’infortunio più insidioso, e quello che maggiormente lascia cicatrici indelebili, è quello psicologico.  Può succedere infatti, come avvenuto poco fa, di recarsi a casa di una paziente anziana e gravemente inabile e di trovarla seduta nel mezzo di una stanza comodamente in quello che a ragione viene chiamata comoda, cioè una sedia water pieghevole regolabile in altezza per i bisogni corporali. Li per li non ci ho fatto caso, poi, vuoi per l’odore propiziatorio che per gli avvertimenti delle persone presenti, dopo aver salutato velocemente l’ammalata, mi sono spostato in una stanza, diciamo, più luminosa. In questa sono stato raggiunto da una figlia della signora alla quale ho domandato alcune informazioni di salute.
La domanda più opportuna mi è sembrata:

-         Sua madre va bene di corpo? (domanda superflua).
-        Certo Dottore! Da quando le ho inserito la zucchina, la carota e l’olio…

Come sta succedendo a voi in questo preciso istante, le mie perplessità hanno superato tutti i limiti imposti da una sana e decente professionalità.
Cercando di non precipitare nella facile ironia, ma mantenendo un contegno che si richiede ad un professionista serio come me, ho risposto:

-         Dove?
-         Nell’alimentazione…
-         Ahhh….bene, meno male.

Dopo essermi ripreso, cercando di mantenere un contegno degno della mia figura, ho continuato la mia costruttiva conversazione.
Dall’altra stanza, con voce ferma e determinata, la paziente mi rendeva edotto del fatto che presentava un prurito e un bruciore nelle parti in funzione.
Sul momento mi è venuto in mente di chiedere alla figlia se alla zucchina avesse tolto la parte spinosa, ma poi, con grande professionalità, ho terminato la visita senza proferir parola e mi sono accomiatato da quella casa.

Dottor Fabio Barbarossa

Storie di vita vissuta

mercoledì 28 settembre 2016

Un aiutino

PROLOGO

- Permesso?
- Avanti!
- Buongiorno Dottor Barbarossa
- Buongiorno Dottoressa. Come sta?
- Bene, grazie, Dottore.
- Si metta comoda.
- Grazie. Con piacere. Sono venuta a presentarle un nuovo farmaco. Si chiama Duragra. Ne ha sentito parlare? Un farmaco rivoluzionario.
- Bene. Ne avevamo bisogno. Di cosa si tratta?
- Dottore, un farmaco che rivoluzionerà la vita di relazione della coppia. Un farmaco che ridarà fiducia agli uomini sulle loro capacità sessuali assopite, o morte e sepolte (lo dice con un sorriso sfoderando, una dentatura impeccabile), e alle donne che ritroveranno, attraverso questo, quella piccola parte ormai estinta del loro partner.
- Eccezionale. Insomma, mi sta dicendo che anche gli uomini avviati verso il tramonto inoltrato della loro vita sessuale rivivranno una nuova alba ricca di luce e soddisfazioni?
- Si, Dottor Barbarossa. Ho il piacere, mio e del Capo Area dell’Azienda che rappresento, di confermarglielo.
- Ci sono già studi e sperimentazioni al riguardo?
- Certo. C’è stata una lunga sperimentazione sugli animali e pare che sul mulo abbia sortito un effetto degno di nota. Non sto qui a dirle il tempo di durata dell’erezione e la dimensione raggiunta.
- Capisco. Anche se ritengo che sui muli l’Azienda Farmaceutica giocava facile.
- Si Dottore. Ha avuto ottimi risultati anche sui maiali.
- Ritengo che questi ultimi siano più attendibili in quanto più vicini alla razza umana.
- Ha ragione Dottore. A parte qualche piccola eccezione.
- Bene. La ringrazio. Mi illustri il funzionamento del farmaco.


Un anno dopo.

- Buongiorno Dottor Barbarossa.
- Buongiorno a Lei, Dottoressa. 
- Allora, cosa mi dice del farmaco Duragra?
- Forse qualcuno l’ho prescritto. Ma non ho avuto riscontro.
- Infatti Dottore. Volevo proprio dirle che in questa zona la vendita del Duragra non ha avuto grande successo. Non riusciamo a capire il perché.
- Se mi permette, Dottoressa,  lavorando in questa zona da tantissimi anni, provo a darle qualche plausibile spiegazione. Qui, dal tempo dei nuraghi, si usano rimedi naturali e di facile reperibilità. In genere sono prodotti di origine vegetale o di derivazione casearia.
- Dottore, mi può fare un esempio?
- Certo. Il sedano, per esempio. I ravanelli, ma solo quelli piccanti. Su casumarzu, di derivazione casearia.
- Mi scusi Dottore. Su Casu…cosa?
- Ha ragione. Le chiedo scusa. Si tratta di formaggio adulterato e con la presenza di piccoli vermetti che saltellano in tutte le direzioni.
- Mamma mia! Dottore. Lei l’ha mangiato?
- Certo Dottoressa. Tutti i sabati mattina, prima di intraprendere un sano e gratificante rapporto sessuale. 
- E, mi scusi, Il Duragra l’ha utilizzato?
- No, ma il campione in oggetto mi ha riferito di averlo usato come sedativo.
- Grazie Dottore. Credo che passerò a trovarla più raramente.
- Certo Dottoressa. Capisco.
- Arrivederla Dottore.
- Arrivederla Dottoressa. 


Caso Clinico N° 1

- Buongiorno Dottore 
- Buongiorno Signor Puliga.
- Scusi se mi permetto. Sono estremamente imbarazzato. Dovrei chiederle una cosa.
- Non si preoccupi. Capita a tutti. Spero non sia un fatto grave.
- No… Si… Insomma forse. Non lo so.
- Signor Puliga, si rilassi e me ne parli con calma. Abbiamo tutto il tempo che vuole.
- Grazie Dottore. Lei è una persona che capisce.
- Benissimo. Vada avanti.
- Dottore, ho sentito parlare di un nuovo farmaco. Un farmaco che si usa in certe occasioni…
- Non capisco. Che farmaco? Quali occasioni?
- Dottore, una pillola che si prende quando non si può…insomma…quando non si ha…
- Mi scusi. Non si può…non si ha…che cosa?
- Non so come spiegarlo. Non si  può andare con una donna…
- Andare dove?

Quando mi rendo conto che il Signor Puliga comincia ad innervosirsi, vado in suo soccorso.

- Signor Puliga. Si fermi. Forse ho capito. Ha problemi di erezione. 
- No, Dottore. Non so cosa sia questa riezione. E’ che con mia moglie non funziona più. Ho provato col sedano, con i ravanelli, con le lumache. Persino con 300 grammi di casumarzu. Niente.
- Aspetti, Signor Puliga. Forse ho la soluzione al suo problema. Eccole qua. Sono delle pillole azzurre. Si chiamano Duragra. Basta prenderne una un ora prima del rapporto e sia lei che sua moglie sarete di nuovo una coppia felice.
- Grazie Dottore. Speriamo. Ci conto. Grazie di nuovo. Le farò sapere.

Dopo circa una settimana, la Signora Fais Puliga, dopo regolamentare fila in sala d’attesa, è davanti a me.
E’ imbarazzatissima ed allo stesso tempo denota un certo fastidio e contrarietà.
- Buongiorno Signora Fais. Cosa posso fare per Lei?
- Non so Dottore se mi può aiutare. Mio marito in quest’ultima settimana è cambiato. Mi assale continuamente e cerca di congiungersi carnalmente con me. Come fosse indemoniato. A tutte le ore. Inoltre, non so come spiegarglielo, ha uno strano colore viola della faccia e gode di ottima salute. Intendo quella del suo coso che non aveva neanche quando eravamo ragazzini. 
- Capisco…
- Volevo solo chiederle se recentemente, per caso, gli ha dato qualche medicina…
- Beh si. Su sua richiesta stiamo sperimentando un nuovo farmaco. Si chiama Duragra. Pensavo gliene avesse parlato.
- Ecco, l’avevo capito. Ne ha il comodino pieno. Ne prende tante. Mi ha detto che sono per il cuore.
- Capisco…
- Dottore. Me la fa una cortesia? Una grande cortesia.
- Certo Signora Fais. Mi dica.
- Non gli dia più questo Duragra. Io ormai sono anziana e, come lei sa, ho l’artrosi dello scheletro e l’osteoporosi delle ossa e ho paura che mio marito mi fratturi.
- Va bene Signora. Farò come dice lei.
- Grazie Dottore. Buona sera.
- Arrivederla, Signora Fais.

- Avanti un altro….


Dottor Fabio Barbarossa
Medico di Campagna

Storie parzialmente reali di vita vissuta.
Prossimamente nuovi casi clinici di insufficienza erettile.

giovedì 15 settembre 2016

LA SCORTA


Molti anni fa chi si accingeva a far carriera politica, magari per passione o animato da spirito altruistico e capacità innovativa, lo faceva a contatto con il popolo. 
Gli incontri con la gente avvenivano semplicemente recandosi dove la gente dimorava, lavorava o meno, gioiva o piangeva, o dove più semplicemente invecchiava e moriva.
In caso poi di coronamento della elezione, o con un incarico anche piccolo di governo, il contatto poteva essere fonte di grande soddisfazione e riconoscimento di una strategia vincente per il territorio stesso. 
Il tanto agognato bagno di folla con gente festante era per il politico un riconoscimento popolare alle sue tante fatiche, privazioni, abnegazioni.
Spesso il tutto si concludeva con un confronto, propositivo o meno, ed il sempre gradito pranzo, o cena a seconda dell’ora, in cui il popolo ed il suo rappresentante socializzavano, magari davanti ad un buon bicchiere di vino e quattro battute allegre a questo conseguenti. L’unico accompagnatore del politico poteva essere il suo autista, necessariamente astemio, e qualche familiare orgoglioso di accompagnare il suo congiunto.
Ma, come succede sempre più spesso in questi ultimi anni,  tutto cambia e non necessariamente in meglio.
Il popolo fa paura e quel bagno di folla che prima allietava e gratificava il politico è diventato motivo di panico e da cui proteggersi. Sarà per questo che sempre più spesso la visita di un politico sul suo territorio, a qualunque livello, viene preceduta dalle forze dell’ordine di ogni qualità e grado che si organizzano con divise e atteggiamento antisommossa, militarizzando per il tempo necessario il territorio, mantenendo sempre più le distanze tra il popolo e i suoi bisogni, qualche volta con l’intermezzo di qualche benefica e provvidenziale randellata sulla testa.
È sempre più evidente il trasporto del politico su auto blindata con scorta da fare invidia ad Obama, e tragitti sempre più segreti in entrata e ancor di più in uscita da qualche sede, chiaramente insonorizzata per non far sentire alla guida politica  il rumore di ossa rotte del popolo.
Ho sempre pensato che in qualunque incarico, o ruolo sociale, fosse la coscienza a determinare le reazioni di chi è destinatario di quel ruolo. 
Se il popolo è soddisfatto il bagno di folla è proverbiale e il vino in allegria scorre a fiumi. 
Se invece il popolo è insoddisfatto è giusto che protesti e la protesta, chiaramente civile, non può essere zittita con fughe dal luogo a sirena spiegata ne tanto meno a colpi di randello sulla testa o sulla faccia.


Fabio Barbarossa

Pubblicato su L'Unione Sarda del 18 settembre 2016

Il dubbio

Spesso nella vita di ognuno di noi  si manifestano dubbi e perplessità che poi col crescere e con l'esperienza si affievoliscono sino a diventare fatti di routine.  Così, nel mio lavoro, i dubbi e le perplessità hanno lo spazio di pochi secondi. Il tempo necessario a collocare nella giusta posizione il fatto e trarne di conseguenza la soluzione. Ma oggi no. La mia consapevolezza professionale e' stata messa in crisi in modo diretto e inequivocabile da un semplice cartoncino di  9 cm x 4,5, di colore blu, messomi davanti da un paziente anziano in cui era raffigurato il logo Barilla e la scritta in bianco 
"MEZZE PENNE RIGATE" cottura 11 minuti 

Sono momenti terribili. 
Momenti in cui tutta la vita ti passa davanti in un baleno. 
Momenti in cui pensi che ormai la demenza senile si rivolge su di te. 
Momenti in cui pensi che il fatto di essere un dottore e' solo nella tua mente malata e che non ti sei mai laureato in medicina e chirurgia, ma sei sempre stato commesso in un negozio alimentari e che quel cartellino e' la tua vera, triste, realtà. 
Già.
Istintivamente penso in che scaffale siano le mezze penne. Sicuramente vicino ai fusilli e alle orecchiette. 
Poi, dopo aver guardato per 10 secondi dritto negli occhi il signore  davanti a me, come un vecchio e incallito giocatore di poker, prendo il cartoncino e lentamente, molto lentamente, lo giro.

"Spiriva e Striverdi per Antonia. Le strisce sono scadute. Registrare nel computer"

Nella parte posteriore del cartellino Barilla era celata una richiesta di farmaci. Strisce per la misurazione della glicemia e registrazione del Piano Terapeutico. 
Grazie a Dio. Sono un medico. E credo di non essere affetto da demenza, anche se per pochi istanti mi sono visto dietro il banco, con la matita dietro l'orecchio ad affettare mortadella e salame alle erbe. 
Ma a pensarci bene forse oggi non mi sarebbe poi dispiaciuto.

Fabio Barbarossa

Primo giorno di scuola media di mio figlio Matteo


Arriviamo in auto in vicinanza della scuola.  
Siamo circa cento genitori con relative auto per una possibilità di capienza di non più di 10 macchine. 
Intasamento mostruoso perché la strada finisce li. 
Come posso, minacciato da alcune madri li da alcune ore, faccio scendere Matteo e gli indico la strada per la  buona scuola. Dopo tre tentativi di manovra, un linciaggio e tre faide appena aperte con gli insegnanti appena esclusi dalla buona scuola, mi avvio alla ricerca disperata di un parcheggio. 
Dopo alcuni kilometri ne trovo uno e mi ci infilo senza esitazione, tra la rabbia e l'invidia degli altri genitori. Sono davanti ad una scuola confinante con la mia e, come mi dissero un anno fa, c'era tra le due un passaggio interno. Tutto, pur di vedere il primo giorno delle medie di mio figlio. 
Entro nell'androne della scuola e cortesemente chiedo ad una giovane ragazza (studentessa? Insegnante?) se conoscesse il passaggio segreto.

- Si. Certo. Faccia le scale sino alla fine. Esca dalla porta a destra e si troverà in un campo di pallacanestro. Poi faccia una  salitina e si troverà davanti alla sua scuola.

- Grazie. Molto gentile.

La camminata sulle scale era poco meno del Cammino di Santiago di Compostela. Quando sono uscito dalla porta a destra, come da indicazioni, sarà per la vicinanza con la fede religiosa, ho visto Santiago di Compostela seduto sullo stipite del canestro del campo di pallacanestro.
Comunque va bene. Ci siamo. Tutto pur di vedere Matteo al suo primo giorno di scuola media.  
Mi guardo intorno e cerco una "piccola salitina". Sarà questa, immagino. 
Più o meno come raggiungere il campo base per la scalata all'Everest. 
Con in più cocci di vetro e sabbie mobili. O la va o la spacca. Salgo. Un passo avanti e due indietro. Resisto. 
Ambrogio Fogar e il suo cane Armaduk mi sono stati virtualmente vicini. Arrivo al campo base e ahimè tra me e l'agognata scuola c'era una rete metallica a prova di migranti. 
Nooo. Non è possibile. Ma per il primo giorno di scuola media di Matteo, questo ed altro. Vado verso la salitina, che nel frattempo era diventata "discesina", più o meno come una banalissima discesa col bob a quattro. Ho messo a dura prova i miei glutei. Ok. Arrivo davanti alla scuola di partenza. Cerco la porta da cui sono uscito e la trovo disgraziatamente chiusa. Porta antipanico. Si può aprire solo dall'interno. Ormai nel pieno di una crisi confusionale guardo la scuola ancora vuota. Le lezioni iniziano forse domani. Mi guardo intorno. 
La scuola ha una vaga e poco rassicurante somiglianza con Alcatraz. Piccole finestre totalmente disabitate. 
Il cuore mi batte forte, anzi vibra. No, era solo il cellulare che mi ricordava di portare Matteo a scuola. Cellullare??

- Pronto, Scuola Sinotto?

- Siii.

- Senta, so che e' imbarazzante, sono nel campo interno della scuola e non riesco a rientrare per poter uscire.

- e cosa ci fa lei li?

Così risponde una signora acida che al confronto l'acido solforico e' camomilla.

- scusi. Ha ragione. Mi avevano detto che tra questa e l'altra scuola c'era una scorciatoia. Va be. Lasci perdere.

- dove si trova esattamente?

- guardi, qui sul muro c'è una balena disegnata.

- va bene. Resti li. Non si muova.

In attesa del mio carnefice guardo dietro il vetro della porta e scorgo un signore che girava tra le aule.

- scusi...scusi...signore

Mi agito muovendo le braccia a mo di farfalla.
Mi vede.

- mi apre la porta, per carità?

Vedendo la mia disperazione si avvicina subito.

- cosa ci fa lei qua?

- lasci perdere. Troppo lunga. La ringrazio. Arrivederla. Saluti la famiglia.

Scendo le scale con passo calibrato e mentalmente penso a come rispondere alla Signora Trinciabue che nel frattempo mi stava cercando.

- Sono il Professor Quattrocchi dell'ispettorato della Buona Scuola Sono qui per verificare se i docenti sono felici.

Fortunatamente per me non l'ho incontrata e ho potuto guadagnare l'uscita senza intoppi.
Per la cronaca, dopo un lungo ma fortunato giro, ho fatto in tempo a vedere Matteo al suo primo giorno di scuola media.

- come va papà? Trovato parcheggio?

- certo amore. Senza problemi.

E qui ho perso conoscenza.


Fabio Barbarossa.

FERTILITY DAY


Ho aspettato sino ad oggi che le acque si rompessero, ma soprattutto ho aspettato che l’Illuminato Primo Ministro Renzi ci erudisse in merito al Fertility Day e, per dirla sempre in termini idrici ostetrico ginecologici, mi sembra che il Premier se ne sia ampiamente lavato le mani.
Bene. Ciò premesso, veniamo al problema. Fertility Day. Questo sconosciuto. Intanto, essendo noi italiani d’Italia, mi sarei aspettato l’utilizzo della nostra lingua per definire qualcosa che ci riguarda. Giorno della fertilità, potrebbe essere la traduzione in italiano, almeno fino a quando l’Accademia della Crusca non riesca a trovare un termine più appropriato.
L’unico “giorno della fertilità” che conosco, chiedo scusa per la deformazione professionale, è quello dell’ovulazione che avviene in una donna in età fertile e in condizioni normali intorno al 14° giorno del ciclo mestruale.
Bisogna stare attenti ai termini, perché si sa, anche una piccola possibilità di interpretazione potrebbe provocare gravi equivoci, più o meno come le leggi italiane.
Quindi, giusto per mettere i puntini sulle i:
Giorno della fertilità o giorno dell’ovulazione?
Apparentemente non ci sarebbero differenze, ma così non è.
Tanti anni fa, da giovane studente di buone speranze, il termine ovulazione suscitava un certo timore reverenziale che in casi eccezionali poteva portare sino al panico.
Alla parola ovulazione poteva essere associata la gravidanza con  possibilità di  drammi plurifamiliari, che innescavano una serie di reazioni a catena, non ultima quella dell’acquisizione forzosa di due suoceri.
Allora restare incinta comportava una serie di fatti che andavano dal lieto al tragico.
Voleva dire interrompere un corso di studi o rinunciare ad un lavoro acquisito con difficoltà e sacrifici.
Voleva dire tornare alla casa paterna per l’impossibilità di sostenere il grave carico economico da ciò derivante.
Voleva dire non sapere a chi affidare i piccoli a causa della mancanza di asili o ancor peggio per il costo insostenibile di questi.
Voleva dire non essere in grado di sostenere i costi di una gravidanza in termini di assistenza sanitaria.
Voleva dire accollarsi in gran parte i costi se il nascituro avesse avuto malattie di qualche genere.
Voleva dire essere discriminate, come madri, nell’inserimento e nella prosecuzione nel mondo del lavoro.
Insomma, voleva dire, a parte poche eccezioni, un vero e proprio incubo.
Un momento. Ad essere obbiettivi  non mi sembra che  le cose oggi siano poi tanto cambiate. A pensarci bene forse è per questo che le giovani coppie continuano a guardare con diffidenza e timore alla fertilità e all’ovulazione? E magari sarà per questo che la Ministra Lorenzin ci vuole tranquillizzare sulla procreazione con una giornata specifica, effetti speciali, tarallucci e vino? Ma in definitiva le parole illuminanti del premier non lasciano spazi ad interpretazione:
“Per fare figli non servono Cartelloni”.
Strano, non ce n’eravamo accorti.


Fabio Barbarossa 

mercoledì 24 agosto 2016

L'Informazione 2 - Cui Prodest?

Cui prodest? A chi giova?


Cosi diceva Marco Tullio Cicerone oltre 2000 anni fa. Questa celebre frase, complici i miei studi liceali di tanto tempo fa, mi è venuta in mente ascoltando questa mattina Radio RAI, in occasione dei drammatici fatti del terremoto dell’Italia Centrale. Edizioni straordinarie a cornice di altre edizioni straordinarie. Inviati speciali in ogni dove, spintisi persino  in località amene e remote,  comuni solo a chi ci è nato e a chi, purtroppo, in questa circostanza ci è appena morto.  Collegamenti continui con coordinatori che coordinano i coordinatori che coordinano il nulla assoluto. Ansia di sapere, possibilmente in presa diretta, le impressioni e i fatti direttamente dalle persone interessate. Giornalisti d’assalto all’arrembaggio di poveri cristi o dei loro familiari su che impressione fa stare sotto i crolli o sapere che il proprio genitore, o ancora peggio  il proprio figlio, è sotto tonnellate di macerie. Istintivamente mi verrebbe da rispondere “provare per credere”.  Ma sono una persona intellettualmente pacifica e non mi permetterei mai di mettere in discussione il lavoro degli altri, specialmente quando è in gioco il diritto/dovere di cronaca. E allora mi viene in mente un’altra semplice parola. Etica. Etica del diritto/dovere di cronaca. E’ lecito, mi chiedo, che in nome del diritto di cronaca vengano affrontati e descritti fatti, non tanto privilegiando la completezza e la veridicità dell’informazione, ma cavalcando le logiche della spettacolarizzazione e lo scoop a tutti i costi? Cui prodest documentare con meticolosità maniacale il dolore e le lacrime di persone fragili e indifese che in un attimo hanno perso tutto ciò che di caro avevano nella vita? Cui prodest creare una situazione di panico misto a rabbia e impotenza in tutta una società che recentemente sta già vivendo momenti di panico e depressione? Ci viene detto che il pubblico non si accontenta più della notizia. Che vuole qualcosa in più e che lo stesso fatto deve avvenire attraverso una narrazione e una ricostruzione di fatti che quasi sempre approdano ad un  tragico spettacolo che spesso poi porta ad eventuali fiction o, ancor peggio, a reality show. Io non sono tra gli italiani che seguono questo tipo di informazione. Non lo sono perché per formazione mentale e professionale, sono abituato a vivere i drammi e le tragedie altrui col massimo rispetto e umiltà, spesso nel dovuto silenzio, perché al di là di quello che si definisce diritto/dovere di cronaca ci sono una serie di interpretazioni che non possono prescindere dal rispetto del dolore di chi in prima persona si trova a vivere, o ha appena vissuto, un dramma immane.


Fabio Barbarossa

Pubblicato su L'Unione Sarda del 31 agosto 2016

Bollettino Sanitario del Dottor Fabio Barbarossa

Da ieri ho una fastidiosa laringotracheite con iperpiressia che mi hanno costretto ad una riduzione delle attività fisiche, ma non intellettive. 

La diagnosi è stata fatta dalla totalità dei miei clienti. 

Le cause sono state attribuite all'aria condizionata per un buon 80%, all'inquinamento terrestre e alle scie luminose del cielo per il 15%, ai virus per il 3%, ai batteri per il 2%. 

La terapia consigliatami:

- riposo assoluto a letto (dottore, visto che c'è, me la misura la     pressione?) 
- una cassetta di fichi neri appena colti
- un bicchierino di mirto fatto in casa tre volte al giorno (ich!)
- uno spicchio di pecorino di produzione locale
- una terapia antibiotica
- un antivirale (solo i più esperti)
- la tachipirina 
- un decotto di cipolla, menta, aglio e prezzemolo (dottore, mia nonna era guarita così dalla malaria nel 1937).
Come tutti i medici sono restio a fare terapie farmacologiche in quanto conosciamo a memoria i bugiardini (ci sarà pure un motivo per cui si chiamano così)


Pertanto, seguendo il volere popolare, mi curerò con: 

- 5 fichi neri tre volte al giorno per 6 giorni
- gargarismi e suffumigi di liquore al mirto prima di andare a letto (ich!).
- un cucchiaio di decotto di cipolla, menta, aglio e prezzemolo solo al bisogno in caso di febbre alta. Ottimo anche per allontanare le zanzare tigre.
- una fetta di pecorino tre volte al giorno per reintegrare la flora batterica.

Il riposo a letto solo quando avrò raggiunto l'età pensionabile.
Un abbraccio a tutti.

Dottor Fabio Barbarossa
Medico di Campagna