venerdì 6 maggio 2016

Sa Die De Sa Sardigna

L’Assessora Claudia Firino ci tranquillizza sul fatto che Sa Die De Sa Sardigna sia una giornata in cui da tempo si sceglie un tema da abbinare, ed eventualmente da approfondire, nel corso dell’anno. Per questo nel programma della ricorrenza attuale era normale , per lei, che si parlasse di migrazione, paragonando i migranti attuali con i nostri sardi nel mondo. Niente da dire sulla sofferenza che attanaglia un popolo che fugge dalla sua terra. La sofferenza è uguale per tutti, non ha colore ne sapore. Ma, a mio modesto parere, c’erano altri temi da approfondire, evidentemente inerenti a quella famosa giornata del 28 aprile 1794. Gli stessi problemi che, a parte la data e il tempo, sono rimasti per certi versi invariati e irrisolti. Allora il popolo sardo era sotto la tirannia del governo piemontese e di questo si liberò, ora invece i tiranni sono molteplici e non c’è che l’imbarazzo della scelta ad individuarli. Sia ben chiaro che non ne faccio una questione politica. Sarebbe troppo semplice e troppo comodo. L’assessora Firino che parla al passato remoto di migrazione dei sardi, forse non si è accorta che nello stesso momento in cui la Sardegna accoglie migliaia di extracomunitari, che finiscono perlopiù a fare accattonaggio in strade e semafori delle nostre città, gran parte dei giovani sardi migra nel resto del mondo alla ricerca di un lavoro o una collocazione sociale ragionevole e dignitosa. Spesso con laurea in tasca e con nel cuore la propria famiglia e la propria terra, per aspirare al massimo a fare il cameriere o il lavapiatti in città come Londra. Certo, alcuni si contraddistinguono per le loro grandi capacità e competenza, ma ad accorgersene non sono certo i nostri politici, bensì coloro che all’estero hanno la lungimiranza di verificarne le qualità e il ruolo. Se poi, nessuno me ne voglia per il paragone, si dovessero mettere sul piatto della bilancia le sofferenze dei migranti, i sardi di un tempo non starebbero certamente dietro a quelli attuali. Mi viene in mente il dialogo di qualche giorno fa, avuto con un mio paziente al capezzale della sua consorte gravemente malata. Mi parlava della sua emigrazione all’età di vent’anni, quando per puro miracolo non fu tra i 136 italiani che morirono nella miniera di Marcinelle nel Belgio. Lavorava strisciando per terra a millecinquecento metri di profondità in cunicoli di una miniera di carbone con in tasca un topolino che con la sua morte avrebbe segnalato la presenza di grisù. Assessora Firino, il suo compito è molto complesso, la cultura non ha e non può avere limiti. Però, mi creda, lo dico da sardo orgoglioso di esserlo, prima di scegliere argomenti da abbinare e sviluppare, provi ad ascoltare, come faccio io da sempre, i racconti di persone come il Signor Cabboi di San Nicolò Gerrei e il Signor Agus di Escalaplano, che in fatto di cultura sarda avrebbero molto da insegnare.  


Fabio Barbarossa

(Pubblicato su L'Unione Sarda del 3 maggio 2016)