martedì 6 ottobre 2009

INFLUENZA A, H1N1


Come fare. Barbarossa (Fimmg): «Ogni dottore comunicherà ai propri pazienti date e orari delle vaccinazioni. Ma niente allarmismi»
I medici di famiglia: «Siamo pronti»
L'UNIONE SARDA Venerdì 02 ottobre 2009 Saranno i medici di famiglia a individuare quali dei loro pazienti devono essere vaccinati contro il virus dell'influenza A/H1N1 ed a stabilire giorni e orari in cui saranno somministrati i vaccini. Fabio Barbarossa, consigliere nazionale della Fimmg, Federazione italiana dei medici di medicina generale, ha un quadro abbastanza chiaro della situazione a un mese e mezzo dall'inizio della campagna antinfluenzale. «Ci muoveremo sulla scia dell'accordo siglato la settimana scorsa dalla Federazione nazionale con il governo e delle direttive dell'assessorato regionale alla sanità», spiega.
«SIAMO ATTREZZATI» Come i servizi di igiene pubblica dei Comuni (per sapere quali sono è sufficiente consultare l'elenco telefonico negli spazi delle Asl), anche i medici di famiglia sono pronti. «Pronti e perfettamente attrezzati anche a prevenire gli effetti - in primis lo shock anafilattico - che non si possono escludere in queste circostanze», garantisce Barbarossa. Rischi non sottovalutati dall'assessorato regionale alla Sanità che consiglia di fare i vaccini solo ai medici in possesso della cosiddetta catena del freddo e del kit di rianimazione. Cioè «la fialetta di adrenalina da tenere i frigorifero, il Pallone di Ambu (lo strumento utilizzato dai soccorritori per il supporto dell'attività respiratoria e come manovra nella rianimazione), le cannule oro-faringee ed i farmaci antiallergici», spiega Tonino Dessì, medico e capo di Gabinetto dell'assessorato.
I PERCHÉ DELLA SCELTA La scelta di coinvolgere i medici di famiglia nella campagna da 660 mila vaccini (440 mila dosi tra novembre e dicembre e 220 a gennaio) è stata suggerita da una serie di ragioni: la prima è la capillarità garantita da circa mille ambulatori in tutta l'Isola (circa 450 nel territorio della Asl 8), la seconda è la conoscenza dei pazienti, che consente al “dottore” di casa di consigliare o meno la vaccinazione (non obbligatoria ma suggerita), la terza è quella che Barbarossa definisce «la gestione del panico, che si può manifestare nei centri di igiene pubblica».
«PANICO INGIUSTIFICATO» Panico che a giudizio dell'ex leader regionale dei medici di base, non è giustificato. «Al momento, gli effetti del virus sono sovrapponibili a quelli dell'influenza normale tanto che sino a qualche settimana fa si parlava di una vaccinazione di richiamo ed ora si ritiene che ne basterà una». Tanto sovrapponibile, dice Barbarossa, «che oggi quando ci troviamo davanti un paziente che ha una sintomatologia influenzale non siamo in grado di dirgli se è un virus stagionale o l'A/H1N1. L'unica possibilità è fare un esame del sangue che va effettuato in un laboratorio e il cui esito viene consegnato dopo tre giorni. Per questo in alcune circostanze, se la patologia è particolarmente aggressiva è obbligatoria l'ospedalizzazione. Ma solo in questi casi», sottolinea il rappresentante dei medici di famiglia, che raccomanda di non affollare i pronto soccorso ma di «telefonare sempre al proprio dottore che valuterà, sulla base delle indicazioni date dal paziente, se è il caso di fare una visita domiciliare o è consigliabile un ricovero».
ORARI EXTRA Certo è che la tensione nella popolazione è massima, «e l'allarmismo va gestito». Proprio per governare la prevedibile ressa negli ambulatori a partire dal 15 novembre (data prevista per l'inizio delle vaccinazioni per il virus A/H1N1, mentre per l'influenza stagionale la campagna è iniziata ieri), i medici hanno deciso di stabilire orari extra ambulatoriali che ognuno comunicherà ai propri assistiti. «Dedicheremo orari specifici della giornata alla vaccinazione e quando arriverà il momento comunicheremo orari e giorni», informa Barbarossa. Certo, non tutti sono impazienti di vaccinarsi: «Molti mi chiedono: dottore, lo devo fare per forza? Ecco, siamo noi a dover dare una risposta. E non è sempre facile visto che le controindicazioni, al momento, non sono chiare nemmeno per noi». (Fabio Manca)

I MEDICI DI FAMIGLIA

«Il guaio? Le troppe azioni legali»Mercoledì 30 settembre 2009 L'UNIONE SARDAL e priorità da indicare sulla ricetta? Per Fabio Barbarossa, segretario della Federazione medici di famiglia, a gonfiare le liste d'attesa è piuttosto, fra gli altri fattori, la «medicina difensiva». Cioè il rischio, per il medico, di incorrere, nel suo lavoro, in conseguenze legali. «Si sta manifestando in Italia la stessa tendenza che, negli Stati Uniti, ha distrutto il sistema sanitario nazionale. È facile, per un medico, incappare in un'azione legale da parte di un paziente che si senta, a torto o ragione, danneggiato dal suo operato. Per questo sempre più medici di famiglia scelgono di non correre rischi e rinviare a un secondo livello il paziente: se non sono più che sicuri di poter risolvere il problema, prescrivono esami, ecografie, radiografie. Intasando così le liste d'attesa».
Anche la paura, insomma, ha un suo ruolo: «Certo. Paura di azioni legali che, poi, nella stragrande maggioranza dei casi, finiscono con un'assoluzione. Ma nel frattempo c'è stato un processo, udienze, avvocati... Ora, con il patrocinio gratuito, sempre più pazienti fanno causa: se si vince, il legale viene pagato con una quota del risarcimento. Per questo diverse aziende sanitarie hanno difficoltà a trovare chirurghi e ginecologi: ruoli troppo rischiosi. E sempre più spesso si dotano di un centro per la valutazione del rischio clinico».
Ma le priorità degli esami prescritti, quelle da indicare nelle apposite caselle delle ricette? «Non mi risulta che ci sia ancora una norma, in merito: le ricette hanno tante funzioni, non tutte applicate. L'applicazione dipende da accordi di tipo sindacale. Per decongestionare le liste bisogna ripensare seriamente il funzionamento dei distretti». ( Marco Noce )