venerdì 8 novembre 2013

La mia vita con i Carabinieri



 Trent'anni fa, giovane medico, al principio della mia prima condotta sul territorio, trovai ad accogliermi e ad augurarmi un buon lavoro, un "vecchio" maresciallo dei Carabinieri. Il mitico maresciallo Romualdo Mulas, di Urzulei. Era ormai alla fine del suo mandato e si accingeva a passare il testimone ad un più giovane e volenteroso successore. Erano gli albori dell'informatizzazione e tutte le strutture pubbliche, Carabinieri e Medici di Famiglia compresi, se ne dovevano malauguratamente dotare. Ricordo di avergli chiesto: - Maresciallo, cosa ne pensa del computer?
Lui, che da tempo era diventato il "duedita" più veloce della zona, così rispose: - Caro dottore, per me è già troppo la macchina da scrivere!
Da allora, Vittorio, Enrico, Gian Luca, Matteo, Mimmo, Francesco, fu solo una parte della lista dei Carabinieri che si avvicendarono nella Stazione locale. Solo in apparenza nomi comuni. Ad ogni nome corrisponde una storia, una vita, una amicizia. Storie personali, ricche di gioie e dolori, di ansie, soddisfazioni, frustrazioni. Alcuni di loro accompagnati dalla famiglia, altri senza o con famiglie lontane. Negli anni il mio ambulatorio è diventata anche la loro casa, il rifugio dove trovare risposte ad un bisogno di salute, dove trovare un amico col quale confidarsi. Ogni qualvolta, a ritmi inesorabilmente cadenzati, uno di loro veniva indirizzato ad altra destinazione, per me era un momento di tristezza. Con un amico, andava via un pezzo della mia vita. Unica consolazione era che nelle consegne di chi arrivava, ero sempre definito un amico in dotazione alla stazione locale. Nell'Arma ho conosciuto grandi uomini. Alcuni giovanissimi al loro primo incarico, altre volte professionisti scafati con grandi esperienze pregresse. Spesso sradicati e trapiantati in ambienti inizialmente ostili, col tempo riuscivano con grande disponibiltà e umiltà, a raccogliere grandi stime e durature amicizie. Ognuno diverso, ma tutti dotati di grandi valori umani e professionalità, ma soprattutto portatori di quel dono che accomuna chiunque appartenga all'Arma dei Carabinieri: lo spirito di abnegazione. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, e oggi, anch'io come quel vecchio maresciallo Mulas, mi sento in attesa di dare spazio a chi ha più forza, lucidità e volontà di me. Ho solo un grande desiderio. Lasciare, quando giungerà il mio tempo, un messaggio di affetto e di amicizia associato al mio nome, semplicemente Fabio, a quella lista iniziale di nomi, fatta da tutti coloro che, nel bene e nel male, hanno calpestato, con onore e passione, il suolo della nostra terra. Fabio Barbarossa