venerdì 17 giugno 2016

Il ruggito dell'agnello

A proposito della disquisizione se sia meglio il latte sardo o il latte romeno, mi sono fatto l'idea, non nuova peraltro, che la Sardegna, e noi sardi, stiamo morendo di troppe parole. Troppe parole e pochi fatti. Ognuno di noi ha una responsabilità, diretta o indiretta, su ciò che ci sta succedendo. Lavoro come medico di famiglia da circa 30 anni nel Gerrei, una realtà agro pastorale della provincia di Cagliari. Ho assistito al declino e all'abbandono di quasi tutte le attività produttive. Dalla pastorizia, maggior fonte di reddito, all'agricoltura. La stessa industria, legata alla miniera di Silius, e' miseramente fallita lasciando un baratro occupazionale, dove solo coloro che avevano raggiunto l'età pensionabile riescono a malapena a sopravvivere. I vari comuni della zona sono subissati di richieste di contribuzione per il pagamento di bollette e di tutto ciò che serve per sopravvivere dignitosamente. Se poi parliamo di industria agro pastorale il danno avvenne alla fine degli anni novanta, quando, a San Nicolò Gerrei, un caseificio fiore all'occhiello della produzione sarda ed esportatore nazionale ed estero, che iniziava già da allora la produzione e vendita dei prodotti caprini sotto la supervisione dell'Università di Cagliari e della Clinica Pediatrica, fallì miseramente disperdendo un patrimonio commerciale e culturale che poi venne sviluppato, com'è facile vedere, dalla Francia con la distribuzione di propri prodotti nei suoi market presenti su tutto il territorio della nostra terra. L'industria più florida in questo territorio, e di gran parte della Sardegna, resta ormai solo l'assistenzialismo e, quando questo finirà, non resterà della nostra terra che un involucro vuoto in balia del primo investitore che sarà in grado, a basso costo, di acquisire tutto il patrimonio e le ricchezze della nostra amata Terra. Quando poi qualcuno dei signori governanti, regionali e nazionali, si lanciano in previsioni auspicabili di ripopolamento della Sardegna da parte di forze esterne, prevalentemente extracomunitarie, che oltre alla forza lavoro dovrebbero contribuire, dato l’alto indice di natalità, alla ripopolazione della nostra terra, lo sconforto mi pervade e nel contempo mi impone di gridare la mia rabbia. A tal proposito la cronaca di qualche giorno fa riporta una rivolta da parte di una comunità di nigeriani, ospiti a Sadali di un albergo in cui pochi sardi possono permettersi il lusso di soggiornare, per rivendicazioni che hanno del ridicolo e che offendono la famosa e proverbiale ospitalità dei sardi. Questa è la nostra situazione e questo è lo sfascio della nostra cultura dove in nome di un buonismo e altruismo sconsiderato si toglie la dignità a chi ogni giorno, a costi di grandi sacrifici e privazioni, tiene ancora alto l’orgoglio e l’onore di essere sardo

Fabio Barbarossa