giovedì 4 ottobre 2012

gli uomini sposati vivono più a lungo...o no!?

E' risaputo, ed  avvallato dalla statistica sanitaria, che le donne vivono più degli uomini. Questa longevità deriva prevalentemente da un fatto genetico e ormonale. Non solo, il gentil sesso non può certo considerarsi più "il sesso debole", come veniva definito fino a qualche decennio fà. Ben lungi da questo, le donne hanno assunto, in tutte le vicende umane, un ruolo determinante e di predominio. Alcune professioni, come la medicina, si avviano decisamente verso la femminilizzazione, con vantaggi indiscutibili, per la maggiore capacità relazionale, maggiori attitudini a lavorare in gruppo, maggiore pazienza nel rapporto con i pazienti. Questa maggiore sensibilità femminile si è trasmessa anche nel rapporto di coppia, elargendo al sesso forte un allungamento della vita. In poche parole, l'uomo sposato vive più a lungo di quello non sposato. Le conseguenze sembrerebbero, semplicisticamente, intuitive. Ma così non è.  In tanti anni di professione medica, a contatto con le famiglie, ho riscontrato che sono le mogli, a parte qualche malintezionata eccezzione,  ad occuparsi della salute dei loro congiunti. Si fanno interpreti e portavoce delle sofferenze dei loro mariti. Improvvisano diagnosi e conseguenti terapie, che in genere vengono a confrontare col medico. Raramente capita che il marito segua la moglie in queste scorribande sanitarie. Il marito è un impiccio alla esplicazione sanitaria di una moglie, convinta nel delirio sanitario. Il marito, accompagnato dalla moglie, nello studio del medico, perde ogni facoltà. Perde la parola. Accenna soltanto ad un eventuale sintomo, ma è la consorte che prosegue i contatti verbali col dottore, in termini adeguati e forbiti, spesso ricavati dal "mi hanno detto" oppure "ho sentito dire" . Se anche capita che il medico rivolga la parola al povero malcapitato, sarà comunque la moglie a dare la risposta. Esemplicativo il fatto che accadde nel mio studio diversi anni or sono. Moglie vigorosa, petto in fuori, polpacci da fare invidia ad un lottatore di sumo, voce ferma e squillante, spingeva avanti a se, il povero esile uomo, o ciò che ne rimaneva. "Buongiorno, Dottore!" apostrofò la donna, con voce determinata.
"Questo qui" -  alludendo con stizza alla vittima sacrificale - "sta male" .  "Diglielo tu, al dottore, che  cos'hai".   Il martire, con un filo di voce, cercando con lo sguardo il consenso della moglie, rispose " Dottore, ho un dolore, qui sul fianco".  Io non feci in tempo a replicare, perchè la signora, con un certo sadismo, si era, prepotentemente, impossessata del dialogo: "Nooo! - gridò con aria satanica - Non è un dolore! E' un fastidiore!" Guardai con tenerezza il povero derelitto, che, con uno sguardo rassegnato, accondiscese, forse per paura, forse per quieto vivere, a passare con la moglie quel tempo in più che l'ironia della sorte, e la malagurata salute, gli avrebbe concesso. Fu in quella occasione che maturò in me il concetto, certificato con atto notorio, che se fossi arrivato a quella condizione, avrei voluto, indiscutibilmente, l'abbattimento.

Fabio Barbarossa