mercoledì 20 luglio 2011

Libero arbitrio

Libero arbitrio


Sempre più spesso, solo con me stesso, ho voglia di scrivere le sensazioni che nascono nella mia mente. Non è per solitudine, neppure per protagonismo. E’ un bisogno impellente, che nasce dal mio intimo. Ho pensato potesse essere una sorta di “troppo pieno”, che tracima dalla mia movimentata esistenza. Oppure per lasciare ai posteri, cosa più probabile, le considerazioni su ciò che è stata la mia vita, direttamente, ed inesorabilmente, da parte dell’attore protagonista. Vorrei poter trovare, come è logico per lo svolgimento di un tema così ampio, un inizio, una continuazione, una fine. Ma non è semplice. La mia vita è fatta di tanti inizi, tante continuazioni, tante fini. Almeno per ora. Quella definitiva, probabilmente, non la scriverò io, almeno credo. Ho sempre avuto la convinzione di essere il vero artefice delle mie scelte, ma sino a pochi anni fa. Ero convinto che esistesse il libero arbitrio. Ognuno, in poche parole, era artefice della sua vita. Ho basato su questo concetto la maggior parte della mia esistenza, certe volte con scrupolo, sino all’ossessione, altre volte con un pizzico di fatalismo, quasi sempre rinnegato. Ho immaginato che tutta l’umanità rispondesse a questo principio, e per questo, sono stato critico, certe volte con cinismo, perché, in definitiva, ognuno aveva ciò che si meritava. Senza eccezioni. E così, attraverso considerazioni, molto spesso errate, rispondendo ad una logica sociale malata e di grande attualità, ho considerato bravo e meritevole chi ha, e incapace e indegno chi non ha. Sono caduto in questa trappola, aprioristicamente. L’ho capito solo quando la mia vita, malgrado avessi fatto tutte le mie scelte in modo ragionato, con scrupolo, è andata, in definitiva, come la sorte ha voluto. Certo, poteva andare peggio. Il fatto stesso che sia qui a scrivere testimonia che, tutto sommato, non è andata tanto male. Almeno per me. La mia esperienza, personale e professionale di medico, ha cambiato il mio modo di vedere il mondo circostante. E’ cambiato il mio metro di valutazione. Ci sono voluti 57 anni di esperienze, trent’anni di professione, per farmi capire che non sempre, anzi, quasi mai, siamo artefici del nostro destino. Il concetto della “tegola sulla testa”, è diventato più reale, crudelmente più reale.
Ad iniziare dal concepimento, siamo oggetto di scelte non nostre, le subiamo per tutta la prima infanzia e per gran parte dell’adolescenza. Raggiungiamo una fase intermedia, in cui proviamo a cimentarci, se ne abbiamo l’opportunità, con la nostra vita, sino alla maturità, e precipitiamo nella terza e quarta età, in cui, come nella prima infanzia, siamo in balia di fatti indipendenti dalla nostra volontà. Dall’attività lavorativa alla pensione. Anche la nostra morte, non è un problema che ci riguarda. Altri sceglieranno per noi. Anche quando ciò sarà in netto contrasto col nostro volere.

Fabio Barbarossa
Cagliari, 16 luglio 2011

pubblicato Unione Sarda

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