domenica 8 giugno 2014

ritorno al passato



Sono nato nella seconda metà del secolo scorso, dove neanche la più avveneristica previsione avrebbe potuto immaginare lo stile di vita dei giorni nostri. Il semplice possesso della manopola di una vecchia radio, a onde lunghe e medie dei miei nonni di Buggerru, mi proiettava in un futuro che solo un bambino di sei anni poteva immaginare. Ruotando quella manopola immaginavo che, a parte il mio piccolo mondo, esisteva un altro universo, estremamente più complesso, che parlava un'altra lingua e la cui voce compariva e scompariva e che proveniva sicuramente da molto lontano. Il più delle volte non capivo cosa dicessero, ma non aveva importanza, perchè ciò che contava era poter sognare di conoscere e vivere in quel mondo. Probabilmente provavo lo stesso entusiasmo di Guglielmo Marconi quando riuscì per la prima volta a comunicare con un mondo lontano. Le notti estive del sessanta presentavano un cielo stellato dove veniva quasi spontaneo contare le stelle. Se poi, in quell'oscurità, un puntino luminoso si muoveva in qualche direzione, il cuore mi batteva forte perchè poteva essere un'astronave marziana e non un semplice aereo di linea. In questo senso sono cresciuto. Accettando per buono tutto ciò che il mio mondo mi metteva a disposizione. Cosa c'era di meglio che andare in bicicletta? E in Vespa con mio padre? E, dopo poco tempo, con la Fiat 500 giardinetta? E dopo ancora con la Fiat 1100 familiare? Accettavo per buono, senza protestare, tutto ciò che mi veniva concesso. I giocattoli? Solo a Natale e per il compleanno. Oppure inventati con fildiferro, canne, scatolette di sardine disponibili qui e la. La televisione solo nel bar dopolavoro dei minatori e, dopo qualche tempo, a casa mia, per la tv dei ragazzi, alle cinque della sera, con tanti amici, pane burro e marmellata. All'età di 10 anni l'arrivo a Cagliari. La grande città. Per andare a scuola facevo mezzo km a piedi e nel tragitto salutavo cortesemente chiunque incontrassi per strada. Non riuscivo a capire perchè nelle città non ci si salutava. Da quel momento la mia vita ha preso il volo. Un vortice di esperienze, di gioie, dolori, entusiasmo. La famiglia, la casa, gli amici, il lavoro, non ti davano tregua e annoiarmi era un lusso pressocchè impossibile. Nel frattempo, la tecnologia diventava il filo conduttore della mia vita. Il tramite con il quale, e per il quale, si potevano coltivare i rapporti col mondo esterno. Sono aumentate le possibilità di girovagare nell'universo, ma sono scomparsi, specialmente nelle nuove generazioni nate nell'era dell'informatica, quei macro rapporti fatti di parole, sorrisi, e tutto ciò che ci fa sentire esseri umani. Dopo tanta strada e tanta acqua sotto i ponti, dopo tanto futuro, il mio pensiero va a quella manopola di una radio che a modo suo  mi faceva sentire e sognare un mondo sconosciuto. Oggi il mio desiderio più grande è quello di tornare al passato, non per ringiovanire, ma perchè dopo aver vissuto intensamente questo mondo, vorrei tornare a sedere davanti ad un caminetto, dove con serenità e ingenuità,  aspettavo che mio padre portasse il pane abbrustolito e latte fresco per poter fare insieme alla mia famiglia una sana e meravigliosa colazione.
Fabio Barbarossa
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