lunedì 6 novembre 2017

Il Destino

In definitiva: 
- Cosa siamo?
- Qual è il nostro ruolo?
- Qual è il nostro contributo alla società, alla famiglia, alla nostra stessa vita?
- Cosa rimarrà di noi? 
- Quali tracce lasceremo e soprattutto chi le seguirà?
Siamo stati buoni figli? Buoni genitori? Buoni cittadini?



A queste domande potrebbero esserci innumerevoli risposte e tutte quante legate alla nostra cultura, alla nostra esperienza, alla nostra vita.
Ma spesso la risposta e' solo una: la casualità.
La definizione di casualità e' tutto ciò che avviene non voluto o programmato e che non è controllabile dalla nostra volontà in quanto imprevedibile.
Si sono scritti fiumi d'inchiostro sul concetto di caso e i migliori filosofi, recenti e passati, si sono arenati nella sua stessa definizione.
Il caso e' un avvenimento che si verifica senza una causa definita o identificabile, oppure ad ogni accadimento corrisponde una precisa causa.
Per questo l'uomo moderno ha inventato una scienza, solo in apparenza esatta: La Statistica.
La definizione di statistica e' che questa sia una disciplina che ha come fine lo studio quantitativo e qualitativo di un fenomeno, in caso di non conoscenza di questo o di parte di esso.
Quindi tutto ciò che succede nella nostra vita, data la condizione in cui questa spesso avviene, si può riferire ad un fatto casuale? E che l'unico riferimento accettabile sia quello statistico?
Tante volte mi viene da pensare che sia proprio così. E non solo nella mia vita privata. 
Nella mia esperienza personale di medico il concetto di casualità e' insito nella stessa medicina e nella sua stessa definizione di scienza non esatta, dove la casualità viene sempre più spesso rappresentata dalla statistica sanitaria.
Se si chiama “arte medica” ci sarà pure un motivo. Il medico infatti e' un semplice artista con tutti i suoi limiti e difetti.
Che un infarto del miocardio od un ictus cerebrale si presentino con una percentuale ( x ) ci può anche andar bene su base statistica, altrettanto non ci va bene se la stessa si vede su base individuale dove spesso chi contrae la malattia aveva un regime ed uno stile di vita decisamente migliore di chi invece aveva tutti i fattori di rischio.
La stessa cosa vale per l'infortunistica stradale e per tantissimi altri fatti.
In definitiva, alle domande iniziali non c'è una risposta univoca, ma una serie di risposte che sono il risultato di fatti casuali più o meno fortuiti.
Ciò comunque non vuol dire che la nostra vita non debba avere un senso.
Al contrario, attaccarsi e partecipare alla propria vita e’ il miglior modo per combattere una sorte nemica e ancor più spesso maligna.

Fabio Barbarossa
22 ottobre 2017

Nessun commento:

Posta un commento