sabato 5 marzo 2022

Come eravamo - Parte Terza







Le Comunicazioni

Diversamente dai tempi attuali, tutti i contatti col mondo circostante avvenivano di persona o al massimo attraverso una linea telefonica fissa che possedevano in pochi.
Il Centralino Comunale, il Medico condotto e qualche altro illuminato poteva dialogare con poche persone.
Se ricevevi una telefonata, da Cagliari per esempio, il messo del centralino veniva a chiamare il capofamiglia che si recava urgentemente, o ad orario concordato, per comunicare col mittente.
In genere erano notizie drammatiche e di conseguenza il messo era visto come portatore di disgrazie e affini.
L'unica possibilità concessa a noi ragazzini era il possesso della Manopola di una vecchia Radio a Onde medie e a Onde corte. Modulazione di Frequenza allora non esisteva ancora.
Ruotando quella manopola immaginavo che oltre al mio piccolo mondo esistesse un altro grande Universo, estremamente più complesso, che parlava un'altra lingua, prevalentemente Spagnolo, Francese o Arabo, la cui voce compariva e scompariva continuamente e che proveniva sicuramente da molto lontano.
Il più delle volte non capivo cosa dicessero, ma non aveva importanza, perché ciò che contava era poter sognare di conoscere e vivere in quel mondo.
Le notti estive del sessanta si presentavano con un cielo stellato dove ci veniva quasi spontaneo contare le stelle.
Se poi in quell'oscurità un puntino luminoso si muoveva in qualche direzione, il cuore mi batteva forte perché pensavo ad una Astronave Aliena e non certo ad un semplice aereo di linea.
La fantasia era alle stelle e la voglia di apprendere superava ogni barriera terrestre.
La Famiglia era comunque la cosa più importante, la più vicina a noi.
Genitori e Nonni, scampati da guerre e carestie, facevano di tutto affinché noi ragazzini non patissimo ciò che loro avevano vissuto.
Malgrado tutto, il secolo scorso, sin dal suo esordio, non fu un secolo tranquillo.
Ben due guerre mondiali si avvicendarono mettendo a dura prova gran parte della popolazione mondiale e imponendo a questa ogni tipo di privazione fisica e spesso affettiva.
Coloro che sopravvissero rimasero marchiati per sempre da questo dramma e dovettero modificare, loro malgrado, la loro stessa vita.
Nei ricordi della mia infanzia, più o meno a metà degli anni sessanta, era sempre presente una Tovaglia.
Già. Una bellissima tovaglia a quadri azzurri come il mare, ricamata e colorata, con un dritto e un rovescio.
Questa tovaglia veniva usata da mia nonna Antonietta nelle grandi festività dove, tra figli e nipoti, ci riunivano per pranzare o cenare insieme.
Solo in queste occasioni questa tovaglia veniva utilizzata in tutto il suo splendore.
Dalla parte buona e quindi al dritto.
In quell’immediato dopoguerra le risorse erano limitate e anche i più poveri osavano manifestare la loro rivalsa contro un periodo buio della loro vita.
Per questo anche una semplice Tavola Imbandita, e con una bella tovaglia colorata, poteva ridare fiducia verso un futuro incerto ma luminoso.
Come tutte le cose, nel tempo, questa tovaglia invecchiò e poteva succedere che nelle Festività successive comparisse sulla stessa prima un rammendo, poi una pezza, poi tanti frammenti della stessa adibiti a stracci da usare in diverse e meno dignitose occasioni.
Quella tovaglia, oggi più che mai, è diventata il filo conduttore della mia vita e mi ha insegnato tante cose.
Mi ha insegnato che la mia vita è come quella tovaglia.
Che non avendone altre a disposizione dobbiamo fare sempre conto sulla stessa.
Che non bisogna mai aspettare le grandi occasioni per viverla, ma che la quotidianità è il Vero Senso della Vita.
Che inesorabilmente, la si usi al dritto o al rovescio, invecchierà e comunque arriverà alla sua fine.
E se anche con rammendi o pezze, o semplicemente in piccoli frammenti, varrà la pena viverla sempre a testa alta e a schiena dritta, ma inesorabilmente con Orgoglio e Dignità.

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